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fatti e le idee nella rete globale
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Una serie di buone ragioni dopo le violenze poliziesche a Genova |
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by FreeFind | |||
___________di
Buenaventura_______________________
Non
c'è una buona ragione per mandare a casa i dirigenti delle forze
dell'ordine italiane e alcuni ministri o tutto il governo.
1)
Migliaia di persone possono testimoniare che le forze dell'ordine hanno
usato per le vie di Genova violenza gratuita e provocatoria nei riguardi
per lo più di manifestanti del tutto pacifici.
2) Molte persone e ora anche un agente di polizia, intervistato oggi da Repubblica.it cui rivela i retroscena delle violenze"</a>, hanno ricostruito i maltrattamenti subiti dopo l'arresto, durante il trasporto e poi nelle stazioni di polizia e carabinieri. Il poliziotto intervistato da Repubblica.it racconta del clima che c'era fra i suoi colleghi, tutti carichi per colpire e sicuri dell'impunità, della copertura che poi, infatti, è puntualmente arrivata dal governo di centrodestra nel quale, tra l'altro, un ministro nostalgico, Mirko Tremaglia (An), di fronte al sangue di centinaia di persone e a un morto si è permesso di proporre un encomio solenne per le forze dell'ordine. Il tono degli altri ministri, del resto, è più o meno lo stesso. Chissà che fine ha fatto il "garantismo liberal"... 3) Per fare una perquisizione si sono usati metodi da Cile di Pinochet - adducendo poi la risibile giustificazione che l'intervento si sarebbe trasformato in un'azione per mantenere l'ordine pubblico - e per dimostrarne la fondatezza si sono esibiti "trofei" come temperini "svizzeri" tipici della vita da campeggio che si faceva in quella scuola-dormitorio e picconi e mazze che si trovavano originariamente in un cantiere interno alla scuola medesima. 4) Si è andati a colpo sicuro - dopo aver malmenato chiunque si incontrasse strada facendo - verso la stanza del servizio legale del Genoa Social Forum e per "sequestrare" i computer si è proceduto alla loro devastazione con successiva asportazione dei supporti di memoria contenenti i dati di tutte le denunce di maltrattamenti raccolte dagli avvocati (compresi i dati delle persone che avevano fatto le segnalazioni...). 5)
E' ormai evidente che i raid teppistici del Black Block sono stati favoriti
da un atteggiamento passivo che ha preceduto i giorni del G8 a Genova:
il lavoro di intelligence (come emerge da una informativa della Questura
di Genova precedente al vertice diffusa oggi dai Ds in Parlamento) aveva
chiaramente individuato i gruppi di "neri" che si preparavano ad andare
a Genova per colpire le vetrine dei "simboli del potere".
6)
C'è qualcuno ai vertici di varie istituzioni (governo, polizia,
carabinieri) che fa un bilancio di questo tipo: il G8 è andato liscio,
i Grandi hanno potuto lavorare indisturbati. Infatti, aggiungiamo noi,
probabilmente non si sono nemmeno accorti di quel che stava accadendo attorno
alla loro fortezza e neanche dopo la morte di una persona hanno ritenuto
di fermarsi o sospendersi.
7) A Genova è morto un ragazzo. Lo ha ucciso un altro ragazzo preso dal panico. Legittima difesa, è la sua tesi. C'è chi ha definito "legittima difesa" dopo i pestaggi subiti per mano poliziotta anche gli attacchi alle forze dell'ordine in quei momenti concitati, anche quell'estintore che Carlo Giuliani sembrava stesse per scagliare contro la jeep dei carabinieri (nella quale la pistola pare fosse puntata verso l'esterno già da prima). Non ci addentriamo in questo terreno viscido, ci pare evidente che si era entrati in una spirale di violenza che andava evitata prima e chi l'ha resa possibile o addirittura cercata dovrebbe renderne conto. La
magistratura, speriamo, ricostruirà come sono andate le cose e cercherà
di dare un significato a quei gesti.
Per finire, dilà dalle giuste critiche alla scelta del Genoa Social Forum di andare comunque nella "trappola" di Genova, ci sembra urgente una mobilitazione generale nel nome della democrazia, anche per tentare di mandare a casa questo governo liberticida. Una mobilitazione che investa anche il movimento e che catalizzi la riflessione critica sulla teoria e sulla prassi di un arcipelago che, se davvero pensa che cambiare il mondo sia possibile, dovrebbe cominciare a interrogarsi sul come e su quale sia l'orizzonte alternativo, politico e economico. Meglio piccole cose e piccole conquiste democratiche "in cammino" che grandi proclami sul mondo giusto. Urge anche una riflessione sulla prassi nonviolenta, l'unica a nostro avviso in grado di costruire piano piano solide reti reali in grado di dar corpo a un'idea alternativa contrapposta al sistema di dominio neoliberista locale e globale. Il sistema ha una cinta protettiva vastissima e potente, i governi e i loro strumenti, i centri del potere economico, le manipolazioni sociali e la creazione del consenso, le interiorizzazioni individuali dei valori dominanti. La nonviolenza è rottura e disubbidienza. Ma disubbidere non è concordare con un governo l'abolizione di una zona gialla o marciare "per finta" tutti bardati contro le reti metalliche di una zona rossa. La disubbidienza dell'azione nonviolenta è di tutti i giorni, nelle piccole cose e in iniziative collettive mirate e più grandi. A monte, dunque, c'è un vasto lavoro di formazione delle persone alla nonviolenza (non alle semplici marce pacifiche) e alle conseguenze di scelte radicali di disubbidienza civile. A monte dovrebbe esserci la condivisione di un progetto - tutto da elaborare... - e di alcuni obiettivi nonviolenti da perseguire tutti insieme, naturalmente con la disubbidienza. Ma non quella che marcia ai controvertici avvolta nelle camere d'aria. Tutte cose di cui nei prossimi mesi dovremmo parlare molto di più.
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27-7-2001 | ||||
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