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___________di
Luciano Locci_____________________________________
Potrebbe
essere fastidioso, ma oggi occorre ripartire a sinistra dall'analisi di
un dato di fatto indiscutibile: il popolo italiano ha progressivamente
sposato le posizioni e i principi delle destre, ed oggi è di destra,
ha un'anima di destra. Il centro sinistra l'aveva compreso, ed aveva (vergognosamente)
cercato di sedurla, di conquistarla, quest'anima. Forse (ma il dubbio,
scusate, resta) le intenzioni erano delle migliori: avvicinare un'Italia
culturalmente di destra con i temi della sicurezza, della lotta all'immigrazione
clandestina e alla criminalità, con il mito della new economy, ecc,
per poterla poi illuministicamente riformare, per poterle imprimere una
direzione civile e progressista. Così non è stato, e il "popolo
delle scimmie", direbbe Gramsci, ha vinto. I fatti dimostrano al centro
sinistra che questa strategia fondata sulla prostituzione ideologica non
paga.
Certo, il constatare che il paese, non solo Berlusconi, è di destra
fa male. In fondo, è meno doloroso pensare che il fenomeno sia dovuto
al potere economico di questo ricchissimo imprenditore, al suo immenso
dispendio di energie finanziarie, alla martellante pressione mediatica.
Tutto vero, ma non basta per capire ciò che accade nel Paese. Occorre
ritrovare il coraggio intellettuale e le parole per analizzare e definire
con chiarezza una mutazione antropologico - culturale ben più profonda.
Già...
le parole... Come definire, ad esempio, il recente attacco alla legge sull'aborto,
se non la prima offensiva, il primo attacco di un rinnovato "Potere clerico
-fascista"?
E qui alcuni - non pochi - uomini della sinistra moderata, quelli, per
intenderci, che con Veltroni si vergognano un po' d'aver indossato l'eskimo,
che si sono inginocchiati sui ceci dietro la lavagna della sezione del
partito più vicina per purificarsi dal passato da "comunisti", penserebbero,
con fastidio: "Ma che vecchiume, che linguaggio bisunto! Roba da anni '60
e '70!". E nell'inseguire l'innovazione, la modernità, il rinnovamento
a tutti i costi, si priverebbero della più schietta definizione
che si possa dare oggi a quanto già accade. Non è tanto la
sostanza dell'affermazione, ma la sua veste linguistica a sollevare delle
perplessità o ad allontanare il lettore moderato di sinistra, o
i giovani.
Ma
quali sono le ragioni del fastidio? Dà fastidio quel linguaggio
così radicale, perché ci siamo illusi, abbiamo voluto credere
- oppure abbiamo avuto bisogno di credere, forse per sopravvivere - che
qualcosa fosse successo; abbiamo voluto sperare che qualcosa di sostanziale
fosse cambiato negli italiani; abbiamo creduto, ad esempio, nella redenzione
di Fiuggi della destra post-fascista; ci siamo convinti che, in fondo,
si realizzasse anche in Italia la "civilissima" alternanza di un compiuto
sistema bipolare. La realtà è molto più amara e i
fatti quotidianamente lo dimostrano.
Trovare il linguaggio, individuare delle chiavi di lettura...
L'operazione
non è semplice, e forse ognuno di noi rovista, in questi frangenti,
nella propria valigia personale di ricordi, di suggestioni. Talvolta l'incontro
con una chiave di lettura è persino causuale, è un'occasione,
una rivelazione epifanica che ti induce a pensare, con dolore e malinconia,
che niente, davvero niente, in fondo, è cambiato, da un certo punto
di vista, nell'animo della società italiana. E' come se, nonostante
l'affermarsi di un profondo fenomeno di industrializzazione prima, di un
ulteriore processo di ristrutturazione produttiva poi, la mentalità
degli italiani sia segnata da atteggiamenti costanti.
Ma
se la sostanza culturale su cui le destre hanno vinto è la medesima,
è la stessa di sempre, se gli ingredienti sono gli stessi, allora
anche il linguaggio non può non essere lo stesso. Trovare
il coraggio di essere "conservatori", "passatisti" -anche da un punto di
vista linguistico, lessicale - è un bene per il popolo della sinistra,
perché oggi "innovazione", "progresso" sono maschere ben calzate
dalla destra aziendalistica. Lasciamogliele portare, queste ridicole bandiere,
e preoccupiamoci di smascherare invece l'involuzione sul piano dei valori
della socialità, della civiltà che si è verificata.
E'
da un po' di giorni che ronzo attorno a tre libri: sono Le belle
bandiere e Le lettere luterane di Pasolini ed Eros e Priapo di C.
E. Gadda. Leggo e rileggo a "macchia di leopardo", e mi tuffo a testa bassa
quando trovo qualcosa che m'illumina e mi fa comprendere. Al caustico testo
di C. E. Gadda mi sono avvicinato proprio nel periodo della focosa campagna
elettorale, e ho ritrovato l'ennesima conferma di una sensazione,
spero, condivisa: l'Italia non ha mai del tutto fatto i conti con quella
miscela di
sottocultura,
di pulsioni, di meschinità, di atteggiamenti e di valori fasulli
che ha alimentato l'affermarsi del fascismo. Certo, noi forse non esitiamo
a dire che il fascismo fu un momento di barbarie, d'involuzione, ma questo
pensiero non è affatto condiviso in modo deciso e chiaro dall'intera
società italiana. Possiamo gridare allo scandalo o far finta di
nulla, ma resta uno spiacevole dato di fatto che è la rimozione
della barbarie fascista.
In
Eros e Priapo, straordinaria rappresentazione delle più meschine
pulsioni della retorica fascista, è possibile scorgere nella gaddiana
descrizione delle pulsioni sottoculturali fasciste, preoccupanti elementi
di consonanza con aspetti costitutivi dell'attuale destra. I fatti più
recenti, gli atteggiamenti quotidiani di irriverenza istituzionale, di
arroganza, di amancanza di trasparenza, ci dicono che credere nella civiltà
e nella cultura democratica della destra italiana è errato.
Gadda
ha esplorato nel suo testo con grande spregiudicatezza la profonda barbarie
culturale in cui era sprofondata l'Italia fascista. Occorrerebbe leggere
attentamente
quel testo per comprendere l'attuale Italia di destra: vi troviamo
conferma della temuta, profonda continuità, in primo luogo culturale,
tra il fascismo e la destra italiana contemporanea, che continua
ad essere nell'intimo fascista.
Il
Fascismo fu per Gadda il prevalere di un cupo e scempio Eros sui motivi
del Logosf.(C. E. Gadda, Eros e Priapo, 1967, 46); alla base del fascismo
vi fu una criminalità puerilef, una mancanza di senso e di
cultura storica, oltre che di "senso etico e religiosof. Il fascismo costituisce
pertanto un momento di regresso, una drammatica fase involutivaf e di barbarie
rispetto a quel notevole punto di sviluppo a cui l'umanità era giuntaf.
Gadda sottolinea e riesce a ricostruire con il suo straordinario linguaggio
il vuoto culturale ed etico del fascismo, ne coglie la sostanza più
profonda, composta da frasi fatte, dall'abitudine di passioni sceniche,
da un ateismo sostanziale che vuole inorpellarsi di una "spiritualità"
e religiosità" meramente verbalif.
Un
ateismo sostanziale che vuole inorpellarsi di una "spiritualità"
e "religiosità" meramente verbalif... ovvero un'immoralità,
un cinismo, una distanza abissale dalla "religiosità" in senso lato
e dall'idea dell'uomo che essa comporterebbe, un immorale pragmatismo mascherato
dal demagogismo clericale. E' un' affermazione di straordinaria attualità:
si pensi ai "Cattolici padani", all'alleanza della Lega con le forze reazionarie
del cattolicesimo, allo stesso attacco alla legge sull'aborto. Gadda ci
ricorda uno dei meccanismi profondi su cui la destra ancora oggi tende
a strutturarsi da un punto di vista ideologico e culturale: il sodalizio
tra le forze reazionarie clericali e il potere, reazionario, economico
e politico.
Le
straordinarie e pregnanti espressioni con cui Gadda definisce la natura
del fascismo potrebbero essere utilizzate, oggi, per cercare di chiarire
la sensazione sgradevole che si prova dinanzi alla mediocrità e
alla volgarità delle destre.
Pasolini
riscopre, invece, quella medesima sottocultura fascistoide nell'Italia
degli anni '60 e '70, l'Italia dell'omologazione consumistica. Il "penitenziario
del consumismo" erige la sua muraglia e riesce a compiere, afferma Pasolini,
quello che neppure il fascismo era riuscito a fare: una completa omologazione
delle coscienze grazie al falso ideale, al mito della libertà consumistica.
E'
raro trovare un sentimento così alto di religiosità, di moralità
e di sacralità in un autore laico, ateo e comunista come Pasolini.
Eppure nessuno meglio di lui ha sottolineato quello che ancora oggi è
il male, il degrado morale su cui la destra può vincere e da sempre
vince: l'appiattimento ai valori pragmatici, all'egoismo utilitaristico
della rozza imprenditoria italiana, con la sua grezza e rude venerazione
del lavoro, al di là di ogni legge ambientale, di ogni norma...la
stessa idea di libertà e di espressione dell'individuo è
stata rozzamente appiattita dal profitto e dal lavoro come unica dimensione
di costruzione dell'identità. Quella venerazione del profitto, quel
sistema di valori ha fagocitato oggi in Italia anche l'operaio, anche il
giovane. Quella povertà umana che sentiamo, ad esempio, quando
parliamo con un ragazzo di sedici anni del Nord che abbandona la scuola
per lavorare e pensa ad acquistare la casa e il mercedes, quella incapacità
di pensare l'esistenza, la Vita, di scoprirla come materia pulsante e viva,
al di là degli schemi omologanti; o quella mortificazione della
gratuità e del gesto disinteressato, del puro donare (- oggi tutto
si paga: osservo con orrore gli studenti universitari che vendono, non
regalano gli appunti e i riassunti...-): questa miseria umana è
la vera base della vittoria di un potere clerico -reazionario quale
quello insediatosi in Italia oggi.
Fa
male, certo, vedere che da questo punto di vista poco, davvero poco è
cambiato tra gli italiani. E nel linguaggio delle destre noi abbiamo ritrovato
quello che Pasolini osservava dolorosamente nella destra fascistoide del
suo tempo: la spavalderia, il virilismo idiota, l'odio, la mancanza di
problematicità, i bersagli diretti, l'apriorismo che nasconde il
suo conformismo sotto una maschera di giovanile violenza: la volgarità,
insommaf.( P. Pasolini, Le belle bandiere, 1977, 172)
E
le tristi corrispondenze tra lo scenario analizzato da Pasolini e l'attuale
situazione si potrebbero moltiplicare. Oggi le destre e il nazionalismo
xenofobo trionfano nel Nord Italia; ma ecco cosa scriveva Pasolini nel
novembre del lontano 1960, sul suo Friuli:
Sono vissuto a lungo in Friuli, mia mamma è friulana, mi sono interessato
di storia e diletteratura friulana per tutta la mia giovinezza(...) Il
nazionalismo, lassù -con il potenziale fascismo -nasce purtroppo,
oltre che dal solito qualunquismo, dalla solita sotto -esistenza culturale,
anche da una forma di moralismo, tipico del Nord: tipico di quel cattolicesimo
già venato di protestantesimo. Insomma, mentre quasi con assoluta
certezza che un fascista centro meridionale è un disonesto, un profittatore,
o, nel migliore dei casi, uno che si arrangia servendo, questo giudizio
non vale sempre per un fascista settentrionale, e, nella specie friulano.
Spesso nella condotta, nel lavoro, nella vita privata i nazionalisti o
i fascisti di lassù sono persone oneste e inappuntabilif (Ibidem,
83).
La
miscela di qualunquismo, la solida etica pragmatico -lavoristica, le condizioni
di deprivazione culturale e quindi l' esistenza di una sottocultura
imbarbarita e diffusa, sono ancora oggi gli ingredienti della società
del Nord Italia.
Pasolini
era durissimo con la cultura "clerico - fascista" del Potere e pochi intellettuali
hanno opposto una resistenza pari alla sua. Il potere clericale ha tormentato,
censurato, demonizzato Pasolini, con atti persecutori e controriformistici;
pochi altri sono stati perseguitati come lo è stato lui. Ma la censura
èstata inutile dinanzi alla sua travolgente capacità di analisi
e di contestazione: Bisogna avere la forza della critica totale,
del rifiuto, della denuncia disperata e inutile f (P. P. Pasolini, Lettere
luterane, 1976,28).
Le
fitte corrispondenze tra l'Italia fascista descritta da Gadda, quella laica
e consumistica degli anni '60 e '70 e l'Italia attuale che ci spingono
con dolore a constatare la presenza di precise costanti di barbarie culturale.
Come
negli anni pasoliniani, ancora oggi noi assistiamo ad una "trasformazione
che è regresso e degradazione"; e di quel progresso che è
sato solo sviluppo "cioè meccanica ed irreversibile distruzione
di valori" di cui parlava dolorosamente Pasolini noi oggi vediamo gli estremi
risultati. Ancora oggi il Potere si esprime con un linguaggio "mostruosamente
mescolato con la cultura tecnologica", ed è come allora una lingua
che "non si può ascolare. Bisogna tapparsi le orecchie" (Ibidem,
34).
Un tempo la società clerico - fascista predicava "false sacralità
e falsi sentimenti"; poi l'omologazione consumistica ha indotto lo stesso
Potere a liberarsi di quei falsi sentimenti e di quella falsa sacralità,
sacralità e sentimenti di cui il laicismo consumistico ha privato
gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticcif.
(P. Pasolini, 1976, 22).
Oggi si ripropone il connubio tra forze cattoliche e il potere economico
e politico: Chiesa, destre e Confinustria stringono un patto d'alleanza
che non può non impensierirci. E' una Chiesa priva di religiosità
- perché l'ideologia edonistica necessaria per assicurare il funzionamento
della macchina consumistica del nuovo del superfluo è l'opposto
della religione - quella che oggi si sta affermando.
Oggi
noi viviamo un momento di reazione controriformistica da parte del Potere.
In un primo momento il potere capitalistico ha sentito la necessità
di spazzare via un moralismo e una morigeratezza legati forse all'Italia
agraria e provinciale che poteva frenare l'orgia dei consumi. Di qui la
falsa democrazia e la distruzione di valori. Sempre Pasolini ci insegna,
infatti, che la caratteristica della rivoluzione di destra prodotta
dal consumismo consiste nella distruttività: la sua esigenza è
quella di far piazza pulita di un universo "morale" che le impedisce di
espandersi (P.P. Pasolini, 1976, 80).
Eppure quello che stiamo osservando da un po' di tempo è un ulteriore
regresso, un'ulteriore involuzione: è come se quel pensare controriformistico,
quel clericalismo, quel moralismo borghese, quei falsi ideali di patria
e di famiglia, prima vissuti con fastidio dal Potere, venissero riscoperti
quasi per colmare un vuoto d'identità e di spiritualismo.
Sarà importante allora concentrare la nostra attenzione su questa
una miscela vergognosa di reazione e di conservatorismo e denuciare
la schizofrenia di un sistema produttivo che compensa i disastri provocati
da un'orgia consumistica ed edonistica con forme di perbenismo borghese
e di spiritualismo rozze e volgari. |
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