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E se Milosevic si suicidasse?
A molti (anche in Occidente) farebbe comodo
il silenzio della Sfinge dei Balcani
di LUKA ZANONI I media lo hanno riportato in prima pagina e nei notiziari, anche chi non segue le vicende balcaniche è stato informato della imminente consegna di Milosevic al Tribunale Internazionale dell'Aja. La cosiddetta comunità internazionale si ritiene soddisfatta dei progressi democratici della nuova Jugoslavia e il premier di governo Zoran Djindjc non vedeva l’ora di poter affermare la piena collaborazione col Tribunale Internazionale, per mettere mano ai 1,3 miliardi di dollari che una conferenza di donatori il prossimo 29 giugno dovrebbe elargire a quello che è uno dei paesi economicamente più in crisi di tutta l’area balcanica. Eppure se tutti ormai sono convinti che il vecchio Slobo vada dritto all’Aja a confessare gli innumerevoli crimini di guerra di quest’ultimo decennio, ci viene il sospetto che tutto ciò non accadrà così facilmente. Non tanto per la battaglia tra la corrente presidenzialista e quella legata invece al governo Djindjic, sfociata tra le altre cose in uno scontro verbale tra l’esercito e il MUP (Ministero dell’Interno, ossia la polizia) riguardo le responsabilità dei crimini commessi in Kosovo, i cadaveri rinvenuti di recente a Belgrado e i botta e risposta tra i generali Pavkovic e Krstic. Nemmeno per la forte pressione esercitata dall’SNP montenegrino, che si è tenacemente opposto fino all’ultimo alla approvazione del decreto che consente l’estradizione di Milosevic all’Aja. Non è per tutto questo dunque che avanziamo dei dubbi sulla consegna di Milosevic. Si tratta di ben altro e Milosevic stesso come tanti altri uomini importanti sanno. Si tratta delle relazioni che l’ex leader jugoslavo ha intrattenuto con alti esponenti internazionali per tutto il tempo in cui è stato in carica. Se non sbagliamo gli USA, per esempio, non hanno mai chiesto esplicitamente la consegna di Milosevic, bensì la disponibilità, da parte della Federazione jugoslava, a collaborare con il Tribunale Internazionale, ma ciò lo si può leggere anche nei vari comunicati delle agenzie. Che Milosevic sia poi visto come il sommo sacrificio che la coscienza morale serbo-montenegrina deve adempiere per redimersi, è tutto un altro discorso. Milosevic stesso e con lui il team dei suoi avvocati sanno di poter giocare la carta del ricatto, ovvero rivelare i retroscena degli ultimi dieci anni di vicende politiche nei Balcani. Non va dimenticato infatti che l’ex presidente è stato uno dei firmatari dell’accordo di Dayotn e fino alla scorsa guerra del Kosovo godeva di un certo riconoscimento internazionale, solo dal 27 maggio 1999 è stato incriminato per crimini di guerra contro l’umanità dal TPI. A dire il vero anche ora, dopo che tutti si sono buttati contro il “buon vecchio Slobo”, è stato costituito un comitato per la sua liberazione, con tanto di sito internet ben fatto, a cui partecipano Ramsey Clarck, ma anche alcuni rappresentanti italiani tra cui Fulvio Grimaldi. Ci chiediamo allora quale può essere l’interesse internazionale alla consegna di Milosevic preso il Tribunale Internazionale, dato che ciò potrebbe comportare la resa pubblica di affari internazionali che si sono succeduti negli ultimi anni? Non è tutto ciò piuttosto compromettente per i governi occidentali? È nostra opinione personale che Milosevic possa un giorno non lontano, diciamo, “suicidarsi”. E di fatti un articolo uscito oggi (26-6) sul quotidiano la Repubblica firmato Renato Caprile titola “Milosevic pensa al suicidio”. L’articolo racconta delle pessime condizioni psicofisiche di Milosevic e soprattutto, della sua richiesta, avanzata ad un’amica che è andata a trovarlo in carcere, di procurargli del veleno. Milosevic sarebbe così depresso e malridotto che chiede ad un’amica del veleno per suicidarsi. Beninteso, visti i trascorsi familiari di Milosevic non ci sarebbe di che stupirsi. Tuttavia vien fatto di pensare che piano piano e senza molto rumore qualcuno stia pensando a come far tacere la sfinge dei Balcani, attribuendogli un suicidio, magari con una tazzina del caffè, strumento di morte ampiamente usato nelle carceri, ricordiamoci Sindona. Che le cose stiano veramente
in questi termini è difficile dirlo, potremmo venir tacciati di
dietrologia e quant’altro. Eppure, se domani il vecchio Slobo decidesse
di farla finita, beh... noi un sospetto lo avremmo comunque e voi lettori
di ciò siete stati informati.
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o | (27
giugno 2001) Altri
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