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"A Belgrado abbiamo ricominciato a ridere..."
I media jugoslavi dopo il crollo del regime: parla Marijana Stefanovic di Radio Politika
 

di LUKA ZANONI E IVANA TELEBAK

  E' una bella giornata di sole e un taxi ci porta nel centro di Belgrado, ai piedi di un alto grattacielo dove si trovano la redazione e lo studio di Radio Politika. Entriamo dalla porta a vetri e davanti all’ingresso un ingombrante metal detector, di quelli che si usano negli aeroporti, ci ostruisce il passaggio. Chiamiamo al telefono il nostro amico Svetozar (giornalista della radio) che immediatamente ci manda a prendere da una ragazza. Dopo le presentazioni, la giovane giornalista ci fa strada verso l’ascensore. Nell’ascesa fino al 17° piano guardiamo la terra allontanarsi, attraverso la vetrata dell’ascensore.  Arrivati nello studio veniamo accolti da un’atmosfera cordiale e simpatica. Senza troppa fatica ci mettiamo a chiacchierare con i giovani giornalisti e beviamo insieme un caffè. 

   Poco dopo entra in redazione Marijana, caporedattrice del Programma Informativo di Radio Politika, camicia a scacchi fuori dai pantaloni e un berretto in testa. Si siede alla scrivania e inizia a battere un articolo su una vecchia macchina da scrivere. Ci guardiamo attorno e non vediamo per niente tutte quelle cose che ci si aspetterebbe di vedere in uno studio o in una redazione di una radio importante (come l' ormai comune attrezzatura tecnologica che da tempo riteniamo indispensabile). Eppure incredibilmente a Radio Politika tutto questo manca e ciò nonostante si riesce a lavorare con  un grande spirito di collaborazione e con notevoli dosi di entusiasmo. (Come è noto anche Radio Politika fa parte del grande gruppo Politika, lo stesso cioè della rete televisiva e del quotidiano più vecchio dei Balcani fondato nel 1904). 
Abbiamo pensato così di chiedere a Marijana di raccontarci come è nata la radio e, in particolare, cosa è cambiato dopo la caduta di Milosevic e, infine, come mai lavorano in queste condizioni.

   Quella che segue è l’intervista che abbiamo realizzato a Belgrado il 18 gennaio scorso. Ringraziamo pertanto tutta quanta la redazione e in particolare Marijana Stefanovic e Svetozar Savic per aver reso possibile questa incontro.


La giovane redazione di Radio Politika  -  (foto Luka Zanoni, gennaio 2001)

- Quando Radio Politika ha iniziato a lavorare e come era all’inizio?

- Radio Politika ha iniziato il 29. Aprile 1991. C’erano molti giovani, un’équipe abbastanza giovane guidata da Milan Gojkov, ora defunto, che è stato il primo redattore capo di Radio Politika.  Ci siamo fatti sentire il 29. 4. 1991 alle 6 di mattina con: «Buon giorno. Qui Belgrado Radio Politika». E’ stato un programma informativo molto forte considerando che la casa Politika in quel periodo disponeva di circa 400 inviati sia nel mondo che nello stato, cioè nella SFRJ (ex Jugoslavia n.d.t.) di allora. Avevamo la possibilità di avere nel programma l’informazione sul luogo da qualsiasi parte del mondo, da Pechino, Londra, Washington, Parigi ecc. Adesso questa rete di corrispondenza è molto ristretta. Però possiamo ripristinare quei contatti di nuovo.

- Quanto era grande l’équipe?

- All’epoca alla radio c’erano se non sbaglio circa 80 persone, compresi tecnici, musicisti, organizzatori, redattori, giornalisti, corrieri ecc. All’incirca 80 persone. Adesso siamo più che dimezzati, in tutto siamo circa 20, 25 persone. Stiamo cercando di creare nel programma la stessa intensità che avevamo all’epoca. Allora eravamo molto ascoltati. Dal territorio della ex Jugoslavia siamo stati gli ultimi che nel programma, cioè nell’etere belgradese, hanno ospitato l’ex presidente della Presidenza della Jugoslavia Stjepan Mesic che è oggi il presidente della Croazia, dopodiché è arrivato il crollo e lui non ha più partecipato nel nostro programma, se non tramite agenzie.

- Quindi voi siete sempre stati un programma informativo?

- No. Si è iniziato con il programma informativo dopodiché in questo paese è accaduto un crollo dei media, se si può dire così, quando le stazioni che avevano la possibilità di dire qualcosa sono state semplicemente tolte cioè gli è stato impedito di farlo.  A noi nell’autunno, credo nel mese di settembre, del 1991 è stato tolto il programma informativo, hanno licenziato tutti i giornalisti e hanno lasciato il programma musicale perché c’erano le elezioni, così noi non parlavamo di ciò. Quindi quello che non è andato nell’etere non è successo, quello che non è stato scritto non è mai accaduto. Poi nel mese di maggio dopo le elezioni hanno pensato far tornare il programma informativo, hanno fatto tornare alcuni di noi e abbiamo ricominciato di nuovo con il programma. Praticamente in questi ultimi dieci anni il programma informativo è stato tolto e ripristinato più volte. Il periodo peggiore è stato nel 1995-1996 quando ogni informazione veniva dettata. Così per non spendere tutta quella tecnologia, alle persone è venuta l’idea di diventare un programma musicale con qualche notiziario qua e là, due o tre notizie brevi che dovevano andare in onda, tanto per mantenere le frequenze. Ecco, ora è passato e spero che non ci ritroveremo nelle stesse condizioni. 

- Riguardo il programma informativo, quali fasi ha attraversato la radio nel periodo passato?

- Siamo passati dalle forti trasmissioni informative come per esempio Radio Politika sul luogo (Radio Politika na licu mesta). Era la nostra trasmissione più ascoltata e adesso cerchiamo di ripristinarla. Era praticamente il timbro di Radio Politika. Poi c’era Il Parlamento della Politika (Politikin parlament), Retrovizor, revisione della settimana passata, che fra l’altro è la trasmissione che stiamo ripristinando e che  un tempo era piuttosto seguita. C’erano tante trasmissioni informative, adesso è difficile ricordarle tutte. Quindi si trattava di un completo programma informativo. Per esempio nel 1991 a Mosca  ci fu il colpo di stato. Noi lavoravamo 10-12 ore al giorno, siamo andati tutti a casa e verso la 1,30 della mattina  ci chiama il nostro redattore, allora era Zoran Stajner, e dice: «Sta arrivando la macchina a prendervi, tornate indietro è successo il colpo di stato a Mosca». Il corrispondente di Politika, Mihajlo Saranovic, era a Mosca. Una mia  collega entra in studio per la prima volta, io per la prima volta traduco simultaneamente la CNN e la BBC. Ero una giornalista giovane, anche se era difficile in quel momento chiamarsi giornalista perché lavoravo solo da qualche mese. Cercavamo semplicemente di essere sul luogo in ogni secondo. Ecco questo è il mio scopo: iniziare di nuovo tutto ciò. 
Sono arrivate persone giovani, che hanno voglia, desiderio ed entusiasmo. 

- Se non sbaglio l’orientamento di Politika era il sostegno al regime passato; cos’è cambiato dopo il 5. ottobre 2000 quando Politika è stata proclamata "liberata" e cosa si intende con questo termine "liberata"?

- A dire il vero, nemmeno a me è completamente chiaro cosa significa il termine liberata. Politika come tale è una signora vecchia 97 anni; si sa che in qualche modo è sempre stata non orientata verso il regime, ma seguiva il regime, quindi chi è al potere. Naturalmente nel periodo felice di Politika il regime non era una  priorità come è stato invece negli ultimi dieci anni; allora, Politika sì era del governo ma permetteva ai suoi giornalisti, commentatori, analisti di dire: "Signori questo non va bene, voi avete sbagliato, guardate se si può correggere o no". 

- Quindi sia alla radio che alla televisione?

- Ovunque.

- C’è una relazione  quindi fra radio, televisione e giornale?

- Sì, noi siamo la stessa casa. Io in ogni caso mi regolerò secondo ciò,  poiché Politika come giornale dura quanto dura, noi siamo i più giovani nella casa Politika, la televisione ha iniziato un anno prima di noi. Siamo più giovani ed è logico che noi, che esistiamo da 10 anni, ci regoleremo secondo i colleghi che sono nel giornale da più tempo; ci aiuteranno con consigli oppure ci daranno informazioni. È semplicemente un modulo se possiamo chiamarlo così.

- Quindi lo scopo della radio è di seguire in qualche modo questo suo nome: Politika?

- Proprio questo. Per questo ci chiamiamo radio Politika. La casa ci ha fondata non per divulgare i giornali via radio, ma poiché la radio è il medium più veloce, non c’è media più veloce al mondo. Abbiamo la possibilità di collocare l’informazione molto velocemente. 

- Dal momento che le notizie  in quel periodo venivano dettate, come tu hai detto, e voi avete deciso di cambiare la vostra programmazione, orientandovi di più sui programmi musicali, è giusto dire che Radio Politika seguiva il regime? Per questo ti ho chiesto cosa significa "liberata".

- Nonostante si trasmettesse solo musica le notizie che venivano mandate in onda ogni ora, erano quelle che dettava il regime…

- Però erano ridotte al minimo…

- Un minimo assoluto! Si trattava di due o tre notizie per mostrare che c’erano notizie, mentre la maggior parte delle volte venivano trasmesse in modo sbrigativo, tanto per farle passare. Ora è tutta un’altra storia, si presta più attenzione… 

- Dopo il 5 ottobre?

- Sì dopo il 5 ottobre. Abbiamo avuto questa libertà nel senso che io non devo più pensare se il presidente Kostunica si arrabbierà se la penso diversamente, ovvero se non sono  d’accordo con lui; o meglio non io ma la gente, dal momento che noi siamo qui non tanto per commentare, quanto per essere al servizio della gente, cioè degli ascoltatori. E se il sondaggio popolare dimostra che la gente non è d’accordo con quello che ha deciso il presidente Kostunica, io ora lo posso dire. Mentre prima non potevo farlo. Quindi in questo consiste la differenza maggiore. Tuttavia si è visto che, anche dopo il 5 ottobre, molti media non riescono a liberarsi da questa vecchia malattia. Faccio un  esempio: invece di dire che l’intera Serbia è al buio, loro daranno come prima notizia che il presidente Kostunica ha ricevuto l’ambasciatore dello Zimbawe. Alcuni media non riescono ancora a liberarsi. Cari miei, è difficile! Per dieci anni siamo stati, come si dice,  sotto una certa bandiera, dove semplicemente non era possibile… Faccio un altro esempio: se c’era Milosevic da qualche parte, lui doveva essere il primo anche se aveva ricevuto solamente un libro da alcuni bambini della Romania  da una  biblioteca che porta il nome di Vuk Karadjic, oppure che ne so, qualcosa d’altro. Ora è diverso. Perché  se secondo la priorità della notizia il presidente Kostunica merita il quarto posto nel notiziario, lui sarà al quarto posto e non dovrà per forza essere al primo. Se vuoi, questo lo puoi chiamare liberazione, con quello che ha portato.

- Ho notato sia in studio che in redazione, che adoperate una tecnologia obsoleta e mi interessa sapere come riuscite a lavorare in tali condizioni. Eppure nonostante ciò ho notato anche un grande spirito di collaborazione tra i colleghi e questo mi ha fatto piacere.

- Anche a me, sinceramente. Loro sono pieni di entusiasmo e in loro rivedo me stessa, com’ero dieci anni fa. All'epoca lavorai dieci mesi senza stipendio, come volontaria,  e altri dieci mesi con uno stipendio minimo, ma non mi importava. Passavo anche 24 ore qua. Naturalmente non mi aspetto ciò da loro e non lo vorrei neanche come capo redattore del Programma informativo. Darò tutta me stessa per far sì che ciò non  accada, perché loro hanno risvegliato in me il desiderio e la voglia di lavorare. Un tempo ero in competizione con me stessa, ora sono in competizione con loro. Mi hanno spinto a lavorare di nuovo, ad amare ciò che faccio e perciò siamo in grado di battere su vecchie macchine da scrivere, su vecchi computer, portare da casa le cassette e il materiale che ci serve. È importante questo entusiasmo e la voglia di fare qualcosa e quando si finisce una bella trasmissione e tutti insieme esultiamo «è andata benissimo!», beh… per quell’ora, che è solo un’ora nella vita di un uomo, si prova un entusiasmo può durare anche qualche ora o un giorno intero per quelli che hanno appena iniziato. Ma domani è un altro giorno e tutti noi che abbiamo iniziato a fare giornalismo, lo facciamo proprio per questo. Io oggi ho fatto una bella trasmissione e adesso sono ancora soddisfatta per il modo in cui l’ho fatta, ma sto già pensando a cosa farò domani e quella trasmissione rimane dietro di me. Questo è quello che vedo nei loro occhi, le scintille, il desiderio di lavorare, l’entusiasmo e questo è ciò che mi spinge, come collega più vecchia, a continuare a lavorare dando sempre più me stessa. Molte persone sono demotivate, specialmente i colleghi più anziani. Io forse ho avuto la fortuna di entrare in questa combinazione, cioè di lavorare con colleghi più giovani, che sono stati assunti dopo la scorsa audizione. Loro hanno risvegliato in me il desiderio di lavorare. Con i colleghi anziani ne abbiamo passate di ogni e non mi stupisce per niente né il disfattismo né la svogliatezza, come il frequentare il lavoro così tanto per farlo, perché qui la gente ha sofferto molto. Molti di loro sono stati stroncati dagli avvenimenti in Jugoslavia, proprio nel momento in cui la loro carriera era in crescita. Deve ancora mostrarsi questa miccia iniziale, qualcosa che accenderà questa brace per far sì che essi ricomincino a lavorare. Personalmente mi ritengo fortunata e grazie ai ragazzi. Non sono molto più vecchia di loro, Svetozar ha solo un anno in meno di me, ma loro, sul lavoro, sono come i miei figli.

- È stata cambiata l’intera redazione dopo il 5 ottobre?

- Sì. Io ero alla televisione, mi ci hanno mandato un anno fa in base a un decreto. Poi con mia grande soddisfazione sono stata rimandata alla radio. Io sono figlia della radio, ho imparato a lavorare alla radio e la amo molto. Mi sembra che sia la cosa migliore che mi è successa nella vita, dopo mio marito. 
Riguardo la tecnologia: continuamente ci promettono che ci procureranno dei computer e dei cellulari. Per esempio, vi racconto un aneddoto. Per Natale mio marito mi ha comprato un cellulare. Natale è stato domenica e io il lunedì sono venuta al lavoro. Avevo un bell’argomento per il programma del mattino, però non sapevo come mandare il reporter sul luogo, quindi gli ho dato il mio cellulare. Il reporter è andato sul luogo e si è  collegato in diretta grazie al mio cellulare. Così è andato tutto bene. Quando poi l’ho raccontato a mio marito, tutta contenta perché siamo riusciti a fare la trasmissione, lui mi ha detto: «Secondo te, perché ti ho regalato il cellulare?».  Fin qui arriva il nostro desiderio e la nostra voglia. Qualcun altro avrebbe detto: perché devo dare il mio cellulare per  il programma, non sono mica scemo. A me ciò non è pesato per niente. Spero che questa tecnologia arrivi e che succeda qualcosa. A noi non serve molto, visto l’entusiasmo della gente. Ci servono un paio di computer e un paio di cellulari, in modo che i reporter possano uscire. Non cerchiamo molto, perché le persone sono pronte anche ad investire del loro, visto che comprano da soli le cassette. Abbiamo a disposizione due registratori tascabili. Uno di questi l’ho conservato io, era quello che mi diedero sei o sette anni fa, l’ho tenuto a casa e quando abbiamo ricominciato con il programma l’ho riportato alla radio. 

- Non è un tutto ciò un  po’ strano, viste le dimensioni della società Politika?

- La gente ovviamente non capisce l’importanza della radio. Specialmente in un periodo di restrizione della energia elettrica, tutti ritorniamo alla radio. È l’unica fonte di informazione, compri le pile e ascolti la radio, perché non puoi guardare la televisione e nient’altro. Nessun media è raggiungibile per dirti quando arriverà la luce. Credo che si siano comportati con noi come se fossimo un figliastro. Invece avrebbero dovuto sfruttare tutta questa tecnologia e investire un po’ anche in noi. Avremmo potuto sfruttare questo periodo molto bene, soprattutto grazie all’ascolto che abbiamo. Le stazioni locali di Belgrado, che sono anche le più ascoltate, coprono solo Belgrado e i dintorni. Noi invece trasmettiamo fino a Skoplje.  Bisogna sfruttare proprio questa copertura e rivolgersi alla gente. Ti dico quindi che riguardo alla tecnologia a noi serve veramente poco, tutti abbiamo voglia di lavorare… ma questo riguarda la società Politika in quanto tale. Io non perdo mai l’occasione per chiedere al direttore riguardo ai nostri computer e ai nostri cellulari.

- Se te lo posso chiedere, mi interesserebbe sapere a quanto ammonta il vostro stipendio mensile e quante ore lavorate.

- Gli onorari sono di circa 100 marchi tedeschi, alcuni anche meno, anzi non alcuni, direi molti. Quindi diciamo tra i 50 e i 100 marchi. Mentre gli stipendi di chi è concretamente occupato alla radio, come me, sono di circa 150 marchi, comprese le spese di viaggio e i buoni pasto. 
Quanto lavoriamo? Lavoriamo quanto lavoriamo, cioè quanto è necessario. Non c’è un orario di lavoro. Per esempio ieri la collega Milica è arrivata alle 6.30 per fare il programma del mattino, poi ha continuato la giornata ed  è andata, alle 18.00, alla tribuna per registrare il materiale che mi serviva per la trasmissione di questa mattina, Radio Politika sul luogo. Dunque lei, che abita molto distante dal centro, è uscita di casa alle 5.30 per ritornarvi alle 19.30 e poi ritornare in studio stamattina alle 8.00 per montare questo materiale, dato che non abbiamo il personale tecnico dopo le 16.00, altrimenti l’avremmo finito ieri. Lavoriamo quanto è necessario. Ieri per esempio, io avevo il giorno libero, ma sono venuta ugualmente in radio per ascoltare  Svetozar mentre faceva la sua prima trasmissione. Mi sarei dovuta fermare solo un po’ per parlare della trasmissione e invece sono rimasta al lavoro fin dopo le 15

-  Tutto questo significa che avete ricominciato a sperare?

- Riguardo a delle paghe più alte?

- No. Pensavo alla speranza di ricominciare con un nuovo corso. Ricordo che l’anno scorso di speranza non ce n’era poi molta.

- Naturalmente. Si vede già dal programma che abbiamo appena iniziato e dal modo in cui lo stiamo facendo che è solamente questione di voglia e di speranza che qualcosa migliorerà. Abbiamo ricominciato a ridere. Prima attraversavi la città e vedevi solo facce scure e nient’altro. Ora abbiamo ricominciato a ridere. Nella nostra redazione si sente ridere tutto il giorno, anche se ci sono una decina di persone che non hanno ancora ricevuto il loro primo stipendio e non si sa nemmeno quando lo prenderanno. Scherziamo, portiamo dolci in redazione, si sa chi deve portare il caffè, abbiamo portato le tazze e il bollitore elettrico. Come vedi c’è questa atmosfera che diminuisce la differenza tra il lavoro e la casa. Ci divertiamo nonostante i pochi guadagni. Non è difficile essere accigliato, nervoso e arrabbiato.  Ma noi siamo giovani. Pensa che gli anni più belli della mia vita, dai venti ai trenta, invece di passarli uscendo alla sera e viaggiando per il mondo o fare qualsiasi altra cosa, li ho trascorsi vivendo alla giornata. Ricordo il 1993: a dicembre prendo il mio ultimo onorario, di un intero mese, 12 ore di lavoro giornaliero, vado al supermercato e compro una bustina di pepe, tanto potevo comprare a quel tempo. Quindi lungi dall’essere i nostri stipendi abbastanza buoni, sono ancora miseri, ma alcune cose si sono mosse.  Ora possiamo almeno essere soddisfatti del nostro prodotto. Prima si arrivava al lavoro, sapevi di avere un incontro programmato con un ospite con cui non avevi nessuna voglia di parlare, ma dovevi farlo. No! Adesso io scelgo l’ospite, io scelgo il tema della trasmissione e infine posso accusare me stessa della buona o cattiva riuscita della trasmissione. 

- Quali sono i tuoi piani futuri come caporedattore del Programma informativo e quali sono in generale quelli della radio?

- I piani del Programma informativo sono di svilupparsi sempre di più. Adesso abbiamo concretamente suggellato, se così posso dire, alcune trasmissioni. Abbiamo il programma della mattina, lo fanno persone che lo sanno fare e funziona da solo; poi c’è la trasmissione Radio Politika sul luogo, questa è la seconda settimana che la mandiamo in onda, il suo orario è ormai definito, abbiamo anche avuto un paio di esclusive. I piani sono quindi di aprirsi sempre di più verso gli ascoltatori, in modo che possano loro stessi esprimere la loro opinione. Per es. non dovrò più uscire in strada per fare un sondaggio con il registratore, ma l’ascoltatore potrà esprimersi liberamente durante il programma.  E per questo abbiamo in programma due trasmissioni settimanali. Il programma musicale si sviluppa abbastanza bene, ci sarà dalla musica etno all’hard rock. Riguardo il programma informativo abbiamo i tre servizi della BBC che mandiamo in onda tre volte al giorno e penso che siamo gli unici su questo territorio a farlo. Radio B92 credo che trasmetta questo servizio una sola volta al giorno, il mattino alle 6.45, mentre noi lo facciamo tre volte al giorno: alle 6.45, alle 12.30 e alle 18.00. Abbiamo pensato di ottenere eventualmente una collaborazione con altri media stranieri, per poter mandare in onda i loro servizi in serbo e fare sapere alla gente come loro commentano quello che succede. In ogni caso, quando sarà definita la rete di corrispondenza e quando si vedrà dove saranno i nostri corrispondenti sia nel mondo che nel paese, pensiamo di sfruttare questa corrispondenza per avere più informazioni sul luogo. Questa è quello che vogliamo fare: Radio Politika sul luogo. Così non dovrò più leggere che a Zrenjanin il fiume Tisa è inquinato, ma avrò il corrispondente da Zrenjanin che vedrà con i propri occhi quello che succede e che me lo comunicherà da là. Quindi non dovrò leggerlo dall'agenzia.

-  Ho notato, infatti, che anche  molti giornali lavorano quasi esclusivamente con le agenzie Tanjug e Beta.

- Anche noi come radio abbiamo questa possibilità da sfruttare. Per es. questa mattina ho fatto una trasmissione sul Montenegro, riguardante l’incontro di ieri sera tra Djindjic, Djukanovic e Kostunica, ho usato i soldi di tasca mia, perché noi non abbiamo ricevuto i giornali e ho mandato un giornalista a comprare Pobjeda e Vijesti per vedere cosa scrivono in Montenegro e poterlo poi presentare nel programma. Anche queste sono tutte fonti di informazione. Se naturalmente l’informazione è tua dici come l’hai avuta e… noi dobbiamo collaborare e questa è la soluzione migliore perché non possiamo essere tutti allo stesso tempo nello stesso luogo. Non è possibile.

- Questo perché mancano i giornalisti o per cosa?

- Mancano i giornalisti. Vedi, io sono contraria a quei giornalisti che sono dei sapientoni universali, che fanno tutto: cultura, sport, governo federale, governo della repubblica e della città, ecc. Sono piuttosto per dare ad ogni giornalista il proprio settore. Ma i ragazzi qui sono solo all’inizio e finché non si farà una selezione tra di loro si  dovranno occupare di tutto. 
   Preferirei che ogni giornalista avesse il proprio settore, ma per avere una redazione in questo modo dovremmo disporre di molte persone. Pertanto, per ora, ognuna di queste persone dovrà seguire almeno due settori. Per avere una redazione come la BBC ci servirebbero moltissime persone e, per esprimermi brutalmente, noi siamo troppo poveri per poterlo avere e sta alla famosa astuzia serba arrangiarsi, in qualche modo lo dobbiamo fare, il tempo detta il suo.
 


o
Pubblichiamo un'intervista realizzata a Belgrado
con Marijana Stefanovic, capo redattrice di
Radio Politika.
(nella foto, sullo sfondo, 
il palazzo 
che ospita gli studi).

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