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Belgrado,
vecchie ferite e nuove speranze
Diario di viaggio: la povertà,
i progetti e i rischi di crescenti diseguaglianze sociali
di LUKA ZANONI L’odore del carbone nell’aria appena varcata la frontiera tra l’Ungheria e la RFJ; le scritte OTPOR sui muri degli edifici urbani, quali segni della rivolta d’ottobre; le discussioni sull’autobus sino a tarda notte: chi è pro e chi è contro il vecchio regime, uno scontro generazionale e un rigurgito di nostalgica convinzione che l’ex presidente della Federazione non era poi così male. La discussione si accende, senza però cadere nell’insulto. La neve dell’Austria, i tetti ungheresi, e le soste interminabili alle frontiere fanno da sfondo.
Tutte queste immagini passano come passa il paesaggio sotto i nostri occhi.
Il lungo viaggio in autobus da Milano a Belgrado è stancante e spesso
scoraggia il viaggiatore. Tuttavia permette non solo di vedere il lento
tramutare del paesaggio, la metamorfosi dei colori e delle linee, ma consente
inoltre di scambiare conversazioni e racconti che nascono spontaneamente
all’interno della comunità viaggiante dei passeggeri. La maggior
parte sono serbi che vivono fuori paese e che ora tornano dalla famiglia
per le feste. Su circa quaranta persone solo io e un altro ragazzo abbiamo
il passaporto italiano. C’è chi possiede ancora il vecchio passaporto
rosso, quello della ex Jugoslavia, chi ha il passaporto bosniaco e paga
per ottenere il visto di ingresso nella RFJ. I doganieri chiedono un’offerta
che si conclude con la cifra di 250 marchi tedeschi. Una cifra considerevole
se teniamo presente che tale somma è superiore ad uno stipendio
medio mensile.
Crisi energetica e nuove speranze Sembra che la forte siccità di quest’anno abbia veramente messo a dura prova tutta quanta la regione. I bacini idrici sono scesi sotto il normale livello di riempimento provocando così forti restrizioni delle forniture elettriche. I quotidiani blackout durano anche più di otto ore e rendono veramente difficile la vita di tutti i giorni. Occorre infatti considerare che un ampio numero di famiglie dispone di riscaldamento elettrico e che la cucina spesso (se non sempre) è attrezzata con piastre elettriche. Il gas come si può dedurre non è così diffuso come per esempio in Italia. Purtroppo è doveroso aggiungere che a volte quando manca l’energia elettrica, viene a mancare anche l’acqua. Credo per un arresto della pompa elettrica che conduce l’acqua nelle tubature. Insomma la quotidianità è costantemente messa a dura prova da tutti questi inconvenienti e, spesso, non è che pura sopravvivenza. In più occorre tenere presente che dall’inizio dell’anno sono aumentate considerevolmente alcune spese (sino al 100%) come il telefono, i trasporti ecc., secondo il ministro dimissionario, Srboljub Antic, gli aumenti dovrebbero riguardare anche le forniture elettriche, al fine di portarle agli standard europei. Purtroppo è difficile credere ad uno standard europeo quando le paghe sono infinitamente al di sotto di qualsiasi standard. Lo stipendio medio mensile dovrebbe essere compreso tra i 150 e 200 marchi mensili, tuttavia esiste una larga fetta di popolazione, che si misura con una modestissima cifra che oscilla tra i 60 e i 100 marchi mensili. Questo non sarebbe un disastro se le spese fossero contenute e equiparate agli stipendi, ma basta pensare che un alloggio inferiore ai 50 mq. costa mediamente 150 DM al mese. La domanda più opportuna a questo punto è: come fanno? Eppure la gente vive e sopravvive con dignità, anche se spesso con note di malcontento. A volte stupisce la capacità di assorbimento di questo popolo: dieci anni di una catastrofica politica, intrisa di sangue e di guerra, l’isolamento internazionale, i bombardamenti umanitari, la deriva economica eppure, caduto l’ex regime, si ha una gran voglia di ricominciare. Ed è soprattutto tra i giovani che si avverte questa spinta e questa credenza di procedere verso il meglio. Questa atmosfera intrisa di speranza si respira nell’aria, nelle conversazioni tra gli amici, gli stessi che solo l’anno scorso mi salutarono con una lapidaria frase: «noi non abbiamo speranza!». Invece questa speranza, dopo la "rivoluzione d’ottobre", ha ricominciato a pulsare. Ciò nonostante sono in molti quelli che desiderano di poter uscire presto dal paese, di potere essere liberi di muoversi, sia come turisti, che come lavoratori, senza quindi quelle interminabili restrizioni legate a visti d’ingresso, documenti irrecuperabili, lettere di garanzia ecc. Ma il miraggio della grande Europa è ancora lontano. Feste natalizie
Ricordo che lo scorso anno, proprio in questo stesso periodo, la Città
Bianca (Beo Grad) era veramente bianca, la temperatura era scesa a meno
15 e le lastre di ghiaccio ricoprivano le piccole vie poco fuori dal centro.
Quest’anno la temperatura si è mantenuta tra i cinque e i dieci
gradi fino alla metà di gennaio, con una punta anomala di 17 gradi
il giorno del Natale ortodosso (7 gennaio). Una splendente giornata primaverile
ci ha, infatti, svegliato nella camera dell’appartamento di Nataša al diciassettesimo
piano, mettendoci subito di buon umore.
Il giorno dopo il Natale molte famiglie hanno affollato il parco di Kalemegdan, nel cuore del centro storico e al termine della sempre frequentata, via Kneza Mihaila. Da lì inizia il parco di Kalemegdan che prosegue fin dentro l’antica fortezza, risalente ai tempi delle grandi battaglie e all’impero ottomano. Dall’alto di Kalemegdan si può ammirare il rosso del sole al tramonto che si nasconde dietro i grattacieli di Novi Beograd, dall’altra parte dei fiumi e alla sinistra del grande isolotto che nasce dall’abbraccio dei due potenti corsi d’acqua: Sava e Danubio. Nello spiazzo che offre il punto di vista panoramico svetta alto il Pobednik, un’alta statua con in cima un eroe vittorioso, simbolo della città. Tensioni nella Federazione Passeggiamo spensierati, eppure nell’aria e nelle conversazioni della gente si sente la crisi che si imbatte tra le due repubbliche che compongono la Federazione, la Serbia e il Montenegro. Quest’ultima repubblica preme, infatti, per l’autonomia e il riconoscimento internazionale ed ha proposto, poco prima della fine dell’anno, la propria piattaforma per ridefinire i rapporti tra le due repubbliche. La proposta di ridefinizione viene dalla coalizione «da zivimo bolje» (viviamo meglio) capeggiata dal presidente Djukanovic, dal suo partito (DPS) e dal SDP (Socialdemokratska Partija). Ma anche i Liberali hanno sempre spinto per un’uscita della piccola repubblica dalla Federazione. I contrasti tra le due repubbliche si misurano da tutta una serie di piccole ma significative cose. Eppure più che di un vero sentimento popolare, credo che si tratti di una volontà politica tesa ad alimentare le naturali differenze tra serbi e montenegrini.
Ad ogni modo nel Montenegro, abitato da circa 600.000 abitanti, e interamente
montuoso eccetto la costa (proseguimento della costa dalmata che si estende
poi fino all’Albania), l’omogeneità non è così scontata.
Sono in molti quelli che nutrono dei dubbi sulla secessione. Soprattutto
gli abitanti della costa, che spesso non si riconoscono in un’identità
montenegrina, ma piuttosto locale, legata alla propria città, come
è il caso di Herceg Novi, o ad un luogo come invece è
il caso degli abitanti del fiordo naturale delle Bocche di Cattaro. Le
differenze anche qui esistono e non potrebbe che essere così. Tuttavia
queste differenze spesso vengono esasperate, con l’intento di alimentare
contrasti tra la gente.
Alla fine del mese di aprile dovrebbero tenersi le elezioni politiche in
Montenegro, alle quali seguirà il referendum sull’indipendenza.
Amici mi segnalano la bizzarra idea che è venuta al partito Liberale
montenegrino, cioè assegnare mezzo voto a tutti i pensionati. Gli
stessi pensionati che a metà gennaio hanno ricevuto la prima tranche
(pari al 60%) della pensione di novembre. Non ho indagato su questo, ma
credo di poter dire che buona parte dei pensionati è contraria all’indipendenza
del Montenegro. Molti, infatti, hanno ancora in mente la vecchia Jugoslavia
di Tito ed alcuni non di rado accennano addirittura alla prima Jugoslavia.
Ma aldilà dei risvolti nostalgici e monarchici la crisi tra
Serbia e Montenegro non è di facile soluzione, la gente continuamente
ne parla e la battaglia tra i media sembra già iniziata.
La difficoltà nell’uscire dalle ubriacature del nazionalismo e dei falsi miti che hanno soffocato tutta quanta la regione è notevole. Molti hanno ancora la tendenza a ricercare un leader, qualcuno che guidi il popolo e lo riporti al passato splendore. Ricordo, a proposito, una scena del film Rane (Le ferite) dove il popolare attore Miki Manoijlovic sostituisce il quadro di Tito con quello di Miloševic. Speriamo ciò non accada con Koštunica! Sperequazioni interne Purtroppo occorre constatare che i cambiamenti non avverranno in un tempo breve. L’intera federazione versa in condizioni economiche disastrose e gli aiuti esterni sembrano proprio una necessità. Tutto sta a vedere di che natura saranno questi aiuti. Sappiamo bene che spesso gli interessi occidentali nei Balcani si trasformano nella stretta morsa dell’indebitamento economico e nel controllo delle risorse del paese. Se le cose stanno in questi termini è probabile che anziché promuovere un miglioramento generale dello status sociale delle persone, si riuscirà ad ottenere solamente uno squilibrio maggiore tra le classi sociali. Quello squilibrio che si nota così bene passeggiando per il quartiere di Dedinje, una sorta di Beverly Hills belgradese. In cima ad una collina che sovrasta la città e attraversata da due famose vie la Uzicka e la Tolstojeva, si trovano le ville dei più famosi personaggi della Federazione, compresi i fratelli Karic e l’ex presidente Miloševic, per non dimenticare l’ex residenza di Tito.
Attraversiamo a piedi la via Uzicka e siamo gli unici a farlo. Ogni villa
è dotata di un sistema di telecamere a circuito chiuso che controlla
la strada e non di rado incrociamo lo sguardo con qualche guardia privata
di stanza davanti all’ingresso. Una cammionetta piena di militari sosta
nel parco che circonda una sontuosa abitazione: è la villa
dove è domiciliato Miloševic. Non oso scattare nemmeno una foto,
l’atmosfera è a dir poco raggelante e non a causa del freddo.
In gita sul fiume
Belgrado è una grande città che presenta varie sfaccettature,
con nette differenze tra un quartiere e l’altro. Mi viene in mente quella
domenica che con Nataša e Brzi siamo andati sul fiume. Ci sediamo sulla
cinquecento sgangherata di Nataša e usciamo dal centro, in direzione Novi
Beograd. Subito dopo il Brankov Most (il ponte di Branko) appare Novi Beograd,
con i suoi palazzi di vetro a specchio. In questa zona si trovano l’ambasciata
cinese, ancora semidistrutta dagli "errori" della NATO e il grattacielo
che un tempo era la sede del Comitato centrale della Lega dei comunisti
della Jugoslavia (CK KPJ), poi trasformato negli uffici dello YU biznis
centar, anch’esso sventrato dalla guerra umanitaria. Quest’alto edificio,
annerito e senza vetri, si erge come uno spettro sopra il parco di Ušce.
Kultura a Belgrado Già, Belgrado… una città che un tempo godeva di un respiro internazionale, era una sorta di crocevia di sperimentazioni e di cultura. Ora, dopo questi ultimi anni infelici, si è provincializzata ed anche lei è diventata palanka. Eppure sotto sotto ribolle il suo potenziale, la sua forza culturale e artistica. Quell’energia che si può vedere bei centri culturali giovanili o a teatro la sera. Al Bitef Teatar, per esempio, dove una compagnia mette in scena uno spettacolo ispirato a Oscar Wilde, ma nella rappresentazione riesce ad inserire un’intelligente parodia della Jugoslavia degli ultimi anni. Una sorta di bilancio di chiusura millennio, entro il quale gli attori divengono di volta in volta le caricature del nazionalista guerrafondaio, del comunista nostalgico oppure dell’idealista senza speranze, il tutto in un intreccio ben articolato. Con calore e spontaneità il giovane pubblico gratifica gli attori al termine della rappresentazione. Mi chiedo quanto possano guadagnare questi artisti, ma non oso cercare la risposta. Belgrado sa ancora offrire molte delle sue caleidoscopiche variazioni artistiche, così come le tante iniziative culturali, le mostre, gli incontri, ecc. Basta sfogliare Beorama, un’utile guida culturale della città, per scoprire appuntamenti e informazioni di vario genere, che vanno dalle recensioni dei film in uscita alle interviste con artisti.
Speriamo allora che col nuovo millennio questa pazza capitale balcanica
riesca finalmente a godere di quel respiro internazionale che le manca
e ci auguriamo che riesca a chiudere definitivamente i conti con
le degenerazioni culturali di questi ultimi dieci anni.
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o | Nei
giorni in cui nella Serbia meridionale al confine con il Kosovo si inasprisce
il clima e si intensificano le azioni dei secessionisti albanesi, pubblichiamo
un diario di viaggio in Serbia e in Montenegro dei primi giorni
del 2001. Altri articoli E quattro anni dopo la stampa scopre l'affare Telekom Serbia Le
voci di
"Ci
siamo liberati da un potere mafioso"
Quel
5 ottobre
Belgrado,
dietro la rivoluzione
La
voce degli anarchici: "Ora
Intervista
con
Il
dossier Kosovo
Retaggi
occidentali
Primavera serba? Milosevic
e una certa sinistra amica in Italia...
(9 marzo 2001) Le
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