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I
fatti e le idee nella rete globale
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L'intellettuale americano esamina i rischi dell'attacco all'Afghanistan |
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Dal
primo giorno dopo l'attacco, l'amministrazione Bush è stata messa
in guardia dai leaders della NATO, da esperti di quella regione e presumibilmente
dai suoi stessi servizi segreti (per non parlare di tanti come te e me)
che se reagisse attaccando massicciamente e uccidendo molti innocenti,
esaudirebbe le preghiere più fervide di bin Laden.
Z-NET pubblica anche un altro articolo di Chomsky sulla situazione internazionale dopo gli attentati anti-Usa. -------
Le
radici dell'odio
(Tratto
da Umanità
Nova n.34 del 7 ottobre 2001)
D:
Cosa pensa a proposito di questi attacchi? Perché pensa siano avvenuti?
R:
Per rispondere alla domanda, dobbiamo prima identificare chi ha perpetrato
tali crimini. È generalmente assodato che, plausibilmente, essi
trovano origine nella regione mediorientale, e che questi attacchi devono
probabilmente esser fatti risalire alla rete di Osama Bin Laden, una complessa
ed estesa organizzazione, indubbiamente inspirata dallo stesso Bin Laden
ma che non necessariamente agisce sotto il suo diretto controllo. Prendiamo
per buono che sia vero. Quindi, per rispondere alla sua domanda, una persona
di buon senso proverebbe a indagare il pensiero di Bin Laden e i sentimenti
di tutto quel vasto serbatoio di consenso su cui egli può contare
in tutta la regione. Riguardo a tutto ciò, abbiamo una gran quantità
di informazioni.
Bin
Laden è stato esaurientemente intervistato in tutti questi anni
da rilevantissimi esperti di questioni mediorientali, in particolare il
più importante corrispondente nella regione, Robert Fisk (London
Independent), che negli ultimi decenni ha accumulato una profonda conoscenza
dell'intera area tramite un'esperienza diretta. Un miliardario Saudita,
Bin Laden, è diventato un leader militante islamico durante la guerra
condotta contro i Russi per mandarli via dall'Afganistan. Egli era uno
dei tanti fondamentalisti religiosi reclutati, armati, e finanziati dalla
CIA e dai loro alleati nei servizi segreti pakistani per recare i maggiori
danni possibili all'URSS - molto probabilmente ritardando la loro ritirata,
secondo molti analisti - anche se non è molto chiaro se effettivamente
abbia mai avuto diretti contatti con la CIA, e questo non è comunque
particolarmente importante.
Non
sorprende che la CIA abbia scelto i più fanatici e crudeli combattenti
che potesse mobilitare. Il risultato finale sarebbe stata "la distruzione
di un regime moderato e la creazione di uno integralista, retto da gruppi
incautamente finanziati dagli americani" (London Times, dal corrispondente
Simon Jenkins, altro esperto di questioni della regione). Questi "Afgani",
come sono chiamati (molti, come Bin Laden, non sono cittadini afgani) condussero
operazioni terroristiche lungo il confine con la Russia, fino al suo ritiro.
La loro guerra non era contro la Russia, che peraltro essi disprezzano,
ma contro l'occupazione russa e i crimini commessi contro i Mussulmani.
Gli
"Afgani", ad ogni modo, non esaurirono le loro attività. Si unirono
alle forze mussulmane bosniache durante il conflitto nei Balcani; gli Stati
Uniti non ebbero nulla da obiettare, così come tollerarono il supporto
dell'Iran nei loro confronti, per varie e complesse ragioni che non possiamo
scandagliare ora, se non per rilevare che il triste destino dei Bosniaci
non era per loro importante. Gli "Afgani" inoltre combattono i russi in
Cecenia e, molto probabilmente, sono coinvolti nella campagna terroristica
messa in atto a Mosca e un po' in tutto il paese. Bin Laden e i suoi "Afgani"
si sono poi rivoltati contro gli Stati Uniti nel 1990 dopo l'insediamento
di basi permanenti USA in Arabia Saudita - dal loro punto di vista, un'integrazione
all'occupazione russa dell'Afganistan, ma molto più significativa
per via dello speciale status che ha l'Arabia Saudita come guardiana dei
luoghi più sacri.
Bin Laden è inoltre agguerrito oppositore dei regimi corrotti e repressivi di quella regione, che egli considera "non Islamici", compreso il regime Saudita, il più fondamentalista del mondo, a parte quello dei talebani, e grande alleato degli USA sin dalle sue origini. Bin
Laden disprezza gli USA per il loro sostegno a questi regimi. Come altri
nella regione, egli si sente insultato dal tradizionale sostegno degli
USA alla brutale occupazione militare israeliana nei territori, giunta
ora al trentacinquesimo anno: Bin Laden condanna il decisivo intervento
diplomatico, militare ed economico di Washington in sostegno di questo
assedio criminale in tutti questi anni, la quotidiana umiliazione alla
quale i palestinesi sono costretti, la continua espansione degli insediamenti
dei coloni mirati alla frammentazione dei territori occupati a mò
di cantoni Bantù e al controllo delle risorse, la continua violazione
della Convenzione di Ginevra e tutti gli altri atti che sono riconosciuti
come dei crimini in quasi tutto il mondo, tranne che negli USA, i quali
hanno molte responsabilità.
E come
altri, Bin Laden si oppone al sostegno di Washington a questi crimini unitamente
al prolungato e decennale assalto anglo-statunitense contro la popolazione
civile dell'Iraq, assalto che ha devastato quella società e causato
centinaia di migliaia di morti consolidando nel frattempo il potere di
Saddam Hussein - che era un alleato privilegiato di USA e Gran Bretagna
nel corso delle sue peggiori atrocità, come lo sterminio dei Curdi,
come certamente ricordano bene i popoli di quella regione, anche se gli
occidentali preferiscono dimenticarlo.
Questi
sentimenti sono diffusamente condivisi. Il Wall Street Journal (14 Settembre)
ha pubblicato un sondaggio d'opinione somministrato a ricchi e benestanti
mussulmani della regione del Golfo Persico (banchieri, liberi professionisti,
uomini d'affari fortemente legati agli USA). Tutti hanno più o meno
espresso lo stesso punto di vista: risentimento nei confronti delle politiche
USA in sostegno dei crimini di Israele, delle politiche di ostacolo a un
consenso internazionale su una risoluzione diplomatica in luogo della devastazione
della società civile irachena; delle politiche di sostegno ai regimi
repressivi in tutta la regione, e l'imposizione di barriere allo sviluppo
economico tramite "il supporto alla nascita di regimi repressivi". Tra
la grande maggioranza delle persone che soffrono la fame e l'oppressione,
sentimenti del genere sono ancor più forti, e costituiscono la fonte
della furia e della disperazione che porta agli attentati-suicidi, così
come comunemente compreso da coloro che sono coinvolti in questi fatti.
Gli USA, e la maggior parte dell'Occidente, preferiscono una versione più comoda. Tanto per citare l'editoriale del N.Y. Times del 16 Settembre, gli attentatori hanno agito nel "disprezzo dei valori cari all'Occidente come la libertà, la tolleranza, la prosperità, il pluralismo religioso e il suffragio universale". Le azioni degli USA sono irrilevanti, e non c'è neanche bisogno di menzionarle (Serge Schmemann). Questo
è un conveniente quadro della situazione e questa presa di posizione
è abbastanza usuale nella tradizione intellettuale; infatti è
molto vicina alla norma. Succede che sia completamente difforme da quello
che sappiamo, ma ha il "merito" di rispondere ad esigenze di autocompiacimento
e di supporto acritico al potere costituito.
È inoltre ampiamente riconosciuto che Bin Laden e altri come lui stanno pregando per "un grande attacco agli stati mussulmani", che potrà provocare "una larga adesione di fanatici alla sua causa". E questo
non stupisce. L'innalzamento della tensione e della violenza è sempre
molto apprezzato dagli elementi più duri e intransigenti di entrambe
le parti in causa, cosa che si verificò evidentemente nella recente
storia dei Balcani, tanto per fare uno dei tanti esempi possibili.
D:
Che conseguenze ci saranno nella politica interna degli USA e nella percezione
che l'America ha di sé?
R:
La politica USA è stata già resa nota. Al mondo viene chiesta
una "scelta di campo": unitevi a noi, o preparatevi "ad affrontare sicuri
scenari di morte e distruzione". Il Congresso ha autorizzato l'uso della
forza contro ogni individuo o paese che il Presidente avrà ritenuto
coinvolti negli attacchi, un pensiero che ogni sostenitore considera ultra-criminale.
Ed è facilmente dimostrato. Chiediamoci semplicemente come le stesse
persone avrebbero reagito se il Nicaragua avesse adottato questa posizione
dopo che gli USA avevano respinto gli ordini della Corte Internazionale
per far cessare il suo "uso illegale della forza" contro il Nicaragua e
avevano posto il veto a un risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU
che richiamava tutti gli stati al rispetto della legge internazionale.
E quell'attacco terroristico fu anche molto più duro e distruttivo.
Per
come tali questioni sono percepite qui, è tutto molto più
complesso. Bisogna tener ben presente che i mezzi di comunicazione e le
élite intellettuali hanno solitamente le loro particolari agende.
Inoltre, la risposta a questa domanda è, significativamente, una
questione di decisioni: come in molti altri casi, con sufficiente dedizione
ed energia, saranno molti gli sforzi per stimolare il fanatismo, la furia
cieca e la sottomissione all'autorità.
D:
Si aspetta che gli USA cambino radicalmente la loro politica estera?
R:
La risposta iniziale è stata il richiamo all'intensificazione delle
politiche che stimolano la furia e il risentimento utile al rafforzamento
del sostegno all'attacco terroristico, e alla ricerca della definizione
del programma degli elementi più duri della leadership: militarizzazione,
irregimentazione interna, attacco alle politiche sociali. Ci si deve aspettare
tutto questo. Ancora, gli attentati e l'escalation della violenza che essi
generano, tendono a rinforzare l'autorità e il prestigio degli elementi
più brutali e repressivi di una società. Ma non c'è
niente di inevitabile nella sottomissione a questo stato di cose.
D:
Dopo questo primo shock, si è creata molta paura riguardo a quella
che potrà essere la risposta degli USA. Ha paura anche lei?
R:
Qualsiasi persona di buon senso avrebbe paura della possibile reazione
- quella che è stata peraltro annunciata, e che risponde alle preghiere
di Bin Laden. È molto probabile che ci sarà un innalzamento
del livello della violenza come al solito, ma questa volta su scala ancora
maggiore.
Gli USA hanno già chiesto al Pakistan di tagliare gli aiuti alimentari e non solo che ancora tengono in vita la popolazione afgana. Se tale richiesta verrà accolta, un numero imprecisato di persone che non hanno il più remoto coinvolgimento con il terrorismo morirà, milioni possibilmente. Lasci che glielo ripeta: gli USA hanno chiesto al Pakistan di uccidere milioni di persone che sono esse stesse vittime dei Talebani. Questo non ha niente a che fare col concetto di vendetta. È a un livello etico ancora inferiore. Il significato della cosa è amplificato dal fatto che se ne parla nel corso degli eventi, senza commenti, e presto ce ne renderemo conto a caro prezzo. Possiamo apprendere molto del livello etico della cultura intellettuale occidentale osservando le reazioni a questa richiesta. Penso che possiamo ragionevolmente confidare sul fatto che se la popolazione americana avesse la minima idea di quello che si sta per fare in suo nome, resterebbe certamente inorridita. Sarebbe a tal proposito istruttivo andare a ricercare i precedenti storici. Se
il Pakistan si rifiuta di soddisfare le richieste USA, potrebbe subire
un attacco, con conseguenze imprevedibili. Se il Pakistan si sottomette
alla volontà degli USA, non è impossibile che il governo
venga rovesciato da forze politiche come i Talebani, che in questo caso
potrebbero contare su armi nucleari. Tutto questo avrebbe ripercussioni
su tutta la regione, compresi i paesi produttori di petrolio. A questo
punto stiamo parlando di una guerra che avrebbe conseguenze devastanti
per tutta l'umanità.
Anche
se non si dovessero verificare tutte le possibilità ipotizzate,
è verosimile che un attacco contro l'Afganistan avrebbe effetti
che la maggior parte degli analisti si aspettano: si ingrosserebbero le
file dei sostenitori di Bin Laden, così come lui spera. Anche se
venisse ucciso, farebbe poca differenza. La sua voce verrebbe ascoltata
in cassette che sono già in circolazione nel mondo islamico, ed
è probabile che verrebbe venerato come un martire fonte di ispirazione
per tutti gli altri. È importante tenere a mente che, vent'anni
fa, un attentato-suicida - un camion lanciato a tutta velocità contro
una base militare USA - fece sì che la più potente potenza
militare del mondo lasciasse il Libano. Le possibilità che si verifichino
tali attentati sono infinite. Ed è molto difficile ostacolarli.
D:
"Il mondo non sarà mai più lo stesso dopo l'11 settembre
del 2001". Lo pensa anche lei?
R:
Gli orrendi attacchi terroristici di Martedì 11 settembre sono qualcosa
di realmente nuovo nello scenario internazionale, non tanto per entità
o caratteristiche, ma per l'obiettivo. Per gli Stati Uniti, questa è
la prima volta dalla guerra del 1812 che il territorio nazionale subisce
un attacco, per giunta intimidatorio. Le sue colonie sono state attaccate,
ma non il territorio nazionale in sé e per sé. In questi
anni gli USA hanno praticamente sterminato le popolazioni indigene, conquistato
metà del Messico, sono intervenuti violentemente nelle aree circostanti,
hanno conquistato le Hawaii e le Filippine (ammazzando centinaia di migliaia
di filippini), e per metà del secolo scorso in particolare, hanno
aumentato i loro sforzi per dominare gran parte del mondo. Il numero delle
vittime è colossale.
Per
la prima volta, le armi si sono rivolte nella direzione opposta. Lo stesso
si può dire, anche più drammaticamente, dell'Europa. L'Europa
ha sofferto distruzioni immani, ma a causa di guerre interne, conquistando
il mondo nel frattempo con estrema brutalità. Non è stata
attaccata da vittime esterne ad essa, con rare eccezioni (l'IRA in Inghilterra
per esempio). È dunque naturale che la NATO chiami tutti a raccolta
per sostenere gli USA; centinaia di anni fatti di violenza imperialista
hanno un enorme impatto sulla cultura intellettuale ed etica.
È corretto dire che questo è un evento nuovo nella storia del mondo, non per l'entità dell'orrore -deplorevole - ma per l'obiettivo. Come l'Occidente deciderà di reagire, è una questione di vitale importanza. Se i ricchi e i potenti scelgono di tener fede alle proprie tradizioni secolari fatte di estrema violenza, contribuiranno all'innalzamento della violenza, in una dinamica ormai famigliare, con conseguenze a lungo termine che potrebbero essere terribili. Certo, ma ciò non vuol dire che sia inevitabile. Una fetta di persone in seno alle società più libere e democratiche possono indirizzare le politiche verso una dimensione più umana e onorevole. (Traduzione
di Skeggia)
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