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Contro Islam e immigrati, un brutto articolo di cui non si sentiva il bisogno... |
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Zenone Sovilla ____________________________
Oriana Fallaci ha usato quattro pagine fitte fitte del Corriere della Sera (sabato 29 settembre) per raccontarci, con stile noioso e ridondante intriso di un etnocentrismo culturale inferiore solo al suo egocentrismo narrativo, all'incirca le stesse cose che si possono facilmente sentire nei bar o ai gazebo della Lega Nord. All'incirca, perché la signora Fallaci, con la sua sicumera, fa impallidere gran parte dei meno raccomandabili predicatori dell'Italia che s'è desta contro lo straniero. In
un articolo inutilmente prolisso, perché traboccante di irrilevanti
riferimenti alla storia personale dell'autrice, la signora Fallaci - partendo
dai tragicii attentati dell'11 settembre - ci sbatte in faccia la sua "verità"
sul mondo islamico tutto.
Scrive
ancora la signora Fallaci: "Ma in Italia dove le moschee di Milano e di
Torino e di Roma traboccano di mascalzoni che inneggiano a Usama Bin Laden,
di terroristi in attesa di far saltare in aria la Cupola di San Pietro,
nessuno (...)". Dove quel "nessuno" sta per i complici di Bin Laden che
l'Italia non avrebbe ancora arrestato (in realtà cittadini nordafricani
e asiatici sono stati fermati o arrestati anche in Italia, perché
ritenuti sospetti). E dove sarebbero le folle inneggianti al terrorista
arabo? Chi le ha viste? La signora Fallaci, forse?
Nella
raggelante lettera di Oriana Fallaci c'è odio viscerale, c'è
mania di persecuzione, violenza, paranoia intellettuale, intolleranza cieca;
manca un sia pur minimo sforzo di relativismo, cosicché il muezzin
in preghiera è una "vociaccia sguaiata" che soffoca il suono delle
campane; non si chiede, la scrittrice, se la percezione non possa essere
capovolta alle orecchie di un musulmano accecato quanto lei dall'interiorizzazione
dei valori culturali autoctoni?
Sono
inoltre parecchie le dimenticanze e le distorsioni gravi nell'interpretazione
"comparativa" della storia e dell'attualità che percorrono l'articolo
della signora Fallaci. Omissioni su colonialismo, schiavismo, nazismo,
fascismo, pena di morte, orrori bellici recenti in Jugoslavia di cui sono
state vittime i musulmani, secolarizzazione di società islamiche,
squilibrio Nord-Sud del mondo, sfruttamento brutale di miliardi di persone,
imperialismo occidentale che eccita i fanatismi eccetera. Lacune gravi
per chi ha la pretesa di svolgere un ruolo "intellettuale" nella società
in cui vive (quale, signora Fallaci, quella planetaria o quella italo-americana?).
Questo, naturalmente, non significa che la nostra non sia un'epoca difficile, nella quale dobbiamo sforzarci di trovare le strade migliori per un incontro delle diversità che è ineluttabile e che ci obbliga a questo sforzo della ragione e a controllare le reazioni emotive e i riflessi condizionati della paura atavica che ci farebbe ripiombare ai secoli bui delle crociate. Siamo chiamati tutti - scrittori compresi... - a sforzarci per individuare un percorso, giorno dopo giorno, nel groviglio delle dinamiche storiche dei nostri tempi. Per questo è tristemente superfluo (oltreché brutto) lo scritto della Fallaci: di simili parole "venute dal cuore" siamo circondati tutti i giorni a ogni angolo di strada, i discorsi "viscerali" ormai si rincorrono. Una grande firma dovrebbe aiutarci ad analizzarli in profondità, è inutile che semplicemente se ne renda l'enfatico portavoce: purtroppo li conosciamo già. C'è
solo da augurarsi che l'integralismo provocatorio di cui è intriso
l'articolo uscito sul Corriere con immeritata evidenza non prenda troppo
piede nelle società occidentali (cosa che temo invece stia accadendo);
così come c'è da augurarsi che il fondamentalismo non diventi
il volto principale dell'intero mondo islamico (cosa che oggi, per fortuna
non è, checché ne scriva Oriana Fallaci).
Alla signora Fallaci non mi resta che consigliare qualche buona lettura sul mondo islamico, sul dialogo nonviolento e sul pensiero relativista. E un suggerimento rilassante contro la paranoia xenofoba: fischiettare una vecchia canzone anarchica e pacifista di Pietro Gori sull'aria di uno stornello romano: "Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà". (Zenone
Sovilla)
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30-9-2001 | ||||
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