di
FRANCESCO MERZ
E’
facile tollerare chi è uguale a noi, chi ha
lo stesso modo di vivere, lo stesso tenore di vita, chi è nato nello
stesso luogo. Ma la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che
appartiene alla terra.
Il difficile è comprendere
gli “altri”.
Il problema è che
noi non abbiamo paura degli altri ma di noi stessi.
La cultura è contagiosa
perché non ha confini.
Mediamente la gente non
è malvagia, è stupida. Ma la stupidità è servile
e funzionale al sistema, produce di per sé diseguaglianza.
L’uomo postmoderno sigilla
il cuore.
La ricerca della semplicità,
della sobrietà, della dolce fatica fisica per avvicinarci ad un
rapporto con la vita reale.
Le risorse a disposizione
non ci appartengono in modo esclusivo e non sono illimitate.
Usare la risorse
con estrema parsimonia e attenzione: l’acqua, la luce, la macchina, il
telefono, il riscaldamento.
Navighiamo in internet perché
non navighiamo più con il nostro cervello.
Nei piccoli paesini non
si raccoglie la frutta, si coltiva meno l’orto, non si allevano animali:
ci si allontana sempre più dal legame con la terra e, conseguentemente
dagli uomini.
Negli ultimi dieci anni
la percentuale di terra coltivata in Italia è diminuita del 15%.
La sfida con noi stessi
è continuamente rimandata per mancanza di avversari.
La percentuale degli indecisi
è sempre più alta: è una mancanza pressoché
totale del coraggio delle proprie opinioni.
Il turismo è onnivoro:
depreda e distrugge tutto ciò che incontra, anche le persone. Il
turismo decide anche quali paesi sopravviveranno.
Si viaggia sempre di più,
si conosce sempre meno. Si viaggia poco nella propria vita.
Il fattore umano
è l’insidia più temuta dai mercati.
Il benessere è l’idealizzazione
dell’egoismo.
Il benessere scioglie le
tensioni più di qualsiasi intesa politica.
La televisione è
lo specchio della nostra società: molta zavorra e poca qualità.
La vita rappresentata in
TV è la vita negata.
Gli italiani non sono stati
fatti dai governi, ma dalla televisione.
Non lavoriamo più,
ci intratteniamo con il dovere a cui siamo condannati.
La monotonia è la
massima aspirazione per molti, una forma di sicurezza.
Più sicurezza significa
meno libertà.
Libertà è
bellezza.
Il fascino della precarietà
esistenziale.
Una sola cosa mi meraviglia
più dell’imbecillità con la quale la maggior parte degli
uomini vive la sua vita: l’intelligenza che c’è in questa imbecillità.
Guarda il cielo, quando
è stellato sembra così prezioso.
|
o |
Il
dossier
immigrazione
di
Nonluoghi
Globalizzazione
e
impotenza
dell'alternativa
di
Vittorio
Giacopini
La
fine del
desiderio.
Di
Fabio
Ciaramelli
Carceri
e
business
del
controllo
del
crimine
L'altra
flessibilità
E
se il sindacato si occupasse anche del desiderio
di
libertà delle persone?
Manifesto
per
un mondo senza lavoro
di
Ermanno Bencivenga
Il
leone e
la
gazzella
Diego
De Masi:
per
un nuovo
concetto
di
lavoro
Il
cammino negato nella società del lavoro
(9
gennaio 2001)
|