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Progetto Gap e diga di
Ilisu: la lettera della campagna di protesta
Alla c.a.: on. Giuliano Amato
On. Lamberto Dini
On. Willer Bordon
On. Enrico Letta
On. Vincenzo Visco
E p.c.:
Oggetto: Progetto GAP in Turchia Milano, 18 settembre 2000
Il GAP è un megaprogetto di sfruttamento delle acque del Tigri e dell'Eufrate che prevede la costruzione, nel Kurdistan turco, di 22 grandi dighe e 19 centrali idroelettriche. Questo progetto sta provocando conseguenze disastrose, tanto che persino la Banca Mondiale, inizialmente coinvolta, dall'84 ha sospeso i finanziamenti. - 200mila curdi sono stati costretti ad abbandonare le loro terre e sono finiti in gran parte a ingrossare le file dei disperati che vivono nelle bidonvilles delle grandi città turche. - Il progetto sta dando alla Turchia il controllo totale delle acque del Tigri e dell'Eufrate, provocando forti conflitti con Siria e Iraq, paesi già colpiti da gravi carenze idriche. - Il progetto sta determinando la perdita per sommersione di aree di grandissimo interesse storico-culturale, come la pianura di Harran, ai confini con la Siria, dove si trovava il leggendario Tempio del Peccato, e la città romana di Zeugma.. La costruzione della diga più grande del progetto Gap, la diga di Ilisu, dovrebbe partire entro il 2000. E' affidata a un consorzio guidato dalla svizzera Sulzer Hydro e composto dall'inglese Balfour Beatty, dall'italiana Impregilo, dalla svedese Shanska e dalle compagnie turche Nurol, Kiska e Tekfen. Abb Power Generation e la stessa Sulzer Hydro forniranno le attrezzature per la generazione di elettricità. La costruzione della diga di Ilisu - in un’area sotto controllo militare e sottoposta a leggi di emergenza fin dal 1985 - provocherebbe, secondo il recente rapporto dell’esperto della Banca Mondiale Ayse Kudat, l'espulsione forzata di un numero di curdi variabile tra i 19mila e i 34mila, per i quali non è prevista alcuna forma di compensazione né piano di reinsediamento, e danneggerebbe in vari modi circa 78mila persone. In totale 67 villaggi scomparirebbero sotto le acque e altri 58 sarebbero parzialmente coperti. La stessa Banca Mondiale ha identificato ben nove condizioni politiche ed economiche da soddisfare per portare a termine con successo il reinsediamento dei curdi. Nel frattempo gli abitanti di 19 villaggi sono già stati sfrattati con la minaccia delle armi. Non ultimo, la diga di Ilisu distruggerebbe l'antica città di Hasankeif, ricca di testimonianze storiche che risalgono all'epoca di sumeri e assiri. . Quanto all'impatto ambientale,
sia la Sulzer che il governo britannico si sono rifiutati di rendere pubblici
i risultati degli studi commissionati.
Non ultimo, la costruzione di questa diga acuirebbe il conflitto con Siria e Iraq, con concreti rischi di guerra. Ricordiamo tra l’altro che la Turchia non ha mai firmato la Convenzione ONU del 21/5/97 sugli usi diversi della navigazione dei corsi d’acqua, e non ha mai informato l’Iraq del progetto Ilisu, mentre il governo iracheno ha richiesto l’aprile scorso un nuovo negoziato con la Turchia sulla ripartizione delle acque del Tigri e dell’Eufrate, denunciando la pesante carenza d’acqua causata in Iraq nel ‘99 dalla gestione turca del corso del fiume Tigri. La richiesta è rimasta senza risposta. Le aziende coinvolte hanno chiesto alle rispettive Agenzie di Credito all'Esportazione una copertura finanziaria globale di 850 milioni di dollari. Fino a oggi tuttavia solo l’agenzia svizzera ERG ha già concesso ufficialmente una garanzia sugli investimenti per il progetto della Unione Banche Svizzere, per 470 milioni di franchi svizzeri. L'agenzia di credito all'esportazione italiana, la SACE, ha già accordato all'Impregilo una garanzia di 152 milioni di dollari e sta aspettando l'avvallo politico del Cipe. La Commissione sviluppo del Parlamento inglese ha chiesto al Governo di non concedere finanziamenti pubblici per la costruzione della diga (Blair si era pronunciato a favore del finanziamento alla Balfour Beatty di 200 milioni di sterline lo scorso dicembre), mentre fino a oggi il parlamento italiano non ha mai affrontato la questione. I SOTTOSCRITTI CHIEDONO AL GOVERNO ITALIANO: 1) che non autorizzi la SACE
a fornire la copertura richiesta all'Impregilo e faccia pressioni
2) la pubblicazione e la
discussione pubblica delle proposte elaborate nello studio di fattibilità
sulla valutazione di impatto ambientale per SACE e SIMEST commissionato
a suo tempo dal Ministro Fassino;
4) che si adoperi per l’adozione di linee guida comuni vincolanti, sociali e ambientali, sul modello di quelle adottate dalle banche multilaterali di sviluppo, per le ACE del G8 entro il vertice di Genova del luglio 2001, come affermato nel comunicato finale dei vertici del G8 di Colonia e di Okinawa; e che quindi sostenga, nell’ambito del negoziato OCSE per l’armonizzazione delle linee guida ambientali e sociali delle ACE di tutti i paesi OCSE, l’adozione degli stessi standard di alto livello entro la fine del 2001 5) che solleciti tramite i suoi rappresentanti all’OCSE una discussione sul progetto di Ilisu nel gruppo di lavoro sulle agenzie di credito all’esportazione dell’OCSE al prossimo incontro di novembre a Parigi; 6) che sostenga l'approvazione di una mozione su questo tema al Parlamento Europeo. In attesa di risposta e fiduciosi che le nostre richieste vengano esaudite, porgiamo Cordiali Saluti Acli – MI
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o | Per
informazioni:
Coordinamento lombardo Nord/Sud del mondo c/o ACLI settore pace, sviluppo, immigrazione Via della Signora, 3 - 20123 Milano tel.02/38002691- 02/26145820 -fax 02/ 38002691 e mail L'articolo
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