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Il megaprogetto idroelettrico
turco che devasta le comunità kurde
Mobilitazione contro il "Gap": 22 dighe
e 19 centrali idroelettriche sui fiumi Tigri ed Eufrate
I danni: esodo forzato dai villaggi verso
le bidonville, disastro ambientale, tensioni internazionali
di ROBERTO CUDA* A
circa
65 km dai confini con la Siria e l’Irak, sul famigerato fiume Tigri, in
pieno territorio kurdo, dovrebbe essere costruito il più grande
impianto idroelettrico mai realizzato in Turchia: la diga di Ilisu. Il
progetto fa parte di un programma più vasto, che va sotto il nome
di “GAP” (Guneydogu Anadolu Projesi), che prevede la costruzione di 22
dighe e 19 centrali idroelettriche sui fiumi Tigri ed Eufrate e loro affluenti,
che garantirebbe da solo la fornitura di circa un terzo dell’energia turca.
Le comunità kurde Sono già
19 i villaggi sfrattati nell’area, con la minaccia delle armi, ma si calcola
che le persone allontanate forzatamente dalle loro case saranno dalle 19.000
alle 36.000, su un totale di 78.000 abitanti kurdi danneggiati a vario
titolo dal progetto.
Impatto ambientale Peggioramento della qualità dell’acqua nella regione con relativi problemi igienici, inquinamento della acque del Tigri, cambiamenti climatici e comparsa di alcune malattie, come malaria e leishmaniosi, sono tra le più importanti conseguenze previste e causate dalla presenza della diga. Lo studio sull’impatto ambientale del progetto, peraltro, realizzato da un’azienda svizzera, non è tuttora accessibile al pubblico. Danneggiamento del patrimonio storico e culturale La diga di Ilisu inonderà completamente la città di Hasankeif, antico insediamento con più di 5000 anni di storia, in cui sono visibili monumenti romani, bizantini, abbasidi, merwanidi, sasanidi, selgiukidi ed eyuubidi, che potrebbero costituire un’importante risorsa turistica per il paese. L’inondazione di Hasankeif simboleggia il più vasto tentativo del governo turco di eliminare l’identità kurda, messa duramente alla prova da lunghi anni di repressione. Conflitti internazionali Il complesso di sbarramenti previsto dal progetto GAP ridurrebbe notevolmente l’afflusso dei fiumi Tigri ed Eufrate verso Siria ed Irak, in una regione dove l’acqua è un bene prezioso e rischia di scatenare conflitti dall’esito imprevedibile, la cui gravità verrebbe rafforzata dalla storica contrapposizione tra paesi Nato, dei quali fa parte la Turchia, e l’insieme del mondo arabo. Il progetto, inoltre, violerebbe accordi internazionali tuttora in vigore, numerosi standard riconosciuti a livello internazionale per tali progetti ed alcune linee guida OCSE, oltre alla stessa Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo. I protagonisti Il governo turco ha affidato la realizzazione del progetto ad un consorzio guidato dalla svizzera Sulzer Hydro, che a sua volta ha subappaltato ad un altro consorzio composto dall’inglese Balfour Beatty, dall’italiana Impregilo, dalla svedese Skanska, dalle svizzere ABB Power Generation e Sulzer Hydro e da tre compagnie turche. Prima di ottenere l’appalto e i finanziamenti delle banche, tuttavia, le imprese dovranno avere delle garanzie pubbliche nei rispettivi paesi, in modo tale che se l’affare dovesse fallire interverrebbero le istituzioni pubbliche indennizzando le imprese (con i soldi dei contribuenti). Tali istituzioni sono le Agenzie di Credito all’Esportazione e quella italiana è la Sace, che dipende in ultima analisi dal governo. La situazione attuale L’impresa
svedese Skanska, che deteneva il 24% del progetto, si è recentemente
ritirata proprio a causa delle conseguenze che questo avrebbe sul piano
sociale ed ambientale, mentre il governo inglese, inizialmente a favore,
soprattutto grazie al sostegno di Blair, sta ora manifestando diverse posizioni
contrarie al suo interno, anche in seguito alla pressione esercitata da
numerose organizzazioni della società civile.
La campagna Per impedire che il governo italiano accordi l’autorizzazione alla Sace nella concessione della garanzia ed accantoni definitivamente il progetto, la Campagna per la riforma delle Banca Mondiale, il Coordinamento Lombardo Nord Sud del mondo e le Acli-MI, hanno inviato una lettera ai ministri interessati (e per conoscenza all’Impregilo) alla quale hanno aderito più di settanta associazioni e gruppi di tutta Italia. La pressione congiunta della società civile inglese ed italiana potrebbe far desistere i rispettivi governi dall’appoggiare il progetto, costituendo un precedente importante nella lotta per i diritti civili. (* Membro del
Coordinamento lombardo Nord Sud del mondo)
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o | La
lettera
al governo italiano della campagna contro il progetto idroelettrico Altri articoli Cronaca
Il
massacro
L'appello
(14
novembre 2000)
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