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Le bombe chimiche turche
sui civili kurdi in Irak: appello per la verità
Le diplomazie e i mass media tacciono
di fronte a un nuovo massacro di adulti e bambini
Martedì
15 agosto alle 4 di pomeriggio due aerei turchi hanno bombardato
per 40 minuti due villaggi di pastori in territorio kurdo iracheno,
a nord-est del capoluogo Arbil: Lolan e Kendakor.
Per alcune
vittime del massacro non è stato possibile il riconoscimento:
si trattava di bimbi molto piccoli o neonati. Sono rimaste
vittime di quei bombardamenti anche decine di animali al pascolo, pecore
e capre.
E' stato l'ennesimo
massacro di Kurdi che si è consumato tragicamente nel silenzio di
stampa e televisioni. Credo che solo un paio di quotidiani italiani
circa una settimana dopo ne abbiano dato notizia, in poche righe.
La maggior parte dei profughi Kurdi che sbarca in questi giorni in Italia viene proprio da lì, dalla regione autonoma del Kurdistan iracheno, la 'no flying zone' dal 1991 sotto il controllo di sicurezza dell'ONU. I contabbandieri turchi accettano le loro case e la loro terra in cambio del viaggio verso l'Europa, prima tappa Brindisi o litorale calabrese. La 'protezione' dell'ONU non ha mai fermato la diaspora dei Kurdi dall'Iraq. Fuggono dai bombardamenti al napalm dei Turchi, che dicono di aver scambiato pastorelli e greggi al pascolo per sanguinari terroristi. Fuggono dalle deportazioni da Kirkuk e da Mossul: la politica di 'arabizzazione' di quelle due città da parte del governo iracheno con uccisioni e deportazioni dei Kurdi non è mai cessata, in nove anni di protezione dell'ONU. Fuggono da 20 milioni di mine antiuomo, per la maggior parte made in Italy (Valmara) che Saddam Hussein aveva collocato durante la campagna di sterminio dei Kurdi 'Anfal' negli anni 70-80. Sono rimaste tutte lì nelle province di Sulaymania, Arbil, Duhok, nella zona 'protetta' dall'ONU. Qui lo sminamento va avanti a ritmi pressocchè irrisori: meno di diecimila mine all'anno. Tre organizzazioni lavorano in Kurdistan per lo sminamento: una norvegese, una inglese ed una messa in piedi tre anni fa dai Kurdi stessi, esasperati nell'attesa di aiuti internazionali più efficaci. Poi c'è l'UNOPS, organismo delle nazioni unite. L'Italia non partecipa
ad alcuna azione umanitaria per lo sminamento del Kurdistan. Nei due
ospedali di Emergency di Arbil e Sulaymania si curano le vittime: in media
duecento ogni mese, per la maggior parte bambini.
E' bene che queste cose le ricordino quei politici e quelle istituzioni che oggi propongono il rimpatrio dei Kurdi nel loro paese che non c'è, nella 'zona protetta' dall'ONU, dove l'attività più rischiosa non è più la guerra, ma coltivare i campi e portare al pascolo il bestiame. Iole
Pinto
(Comitato Kurdistan di Siena/Nonluoghi)
L'APPELLO All'Ambasciata della Repubblica turca - Roma, fax 06.4941526
e, per conoscenza, all'associazione Azad - Roma, 06.44701017 Signori, i sottoscritti, firmatari del presente documento, in qualità di cittadini italiani rispettosi del diritto internazionale e dei diritti umani in particolare, riportano alla Vostra attenzione la notizia diffusa dall'organo d'informazione "Ozgur Politika" riguardante il bombardamento eseguito da caccia bombardieri turchi nel territorio del Kurdistan irakeno, che ha colpito e ucciso 45 civili; notano inoltre che i portavoce dello Stato
maggiore turco hanno dovuto ammettere la veridicità della notizia,
affermando che i civili erano stati "erroneamente scambiati per una carovana
di terroristi": osservano che la zona in cui è avvenuto il fatto
è zona protetta dall'Onu, in cui i soli voli militari autorizzati
dovrebbero essere quelli di pattuglia e intercettazione delle forze aeree
inglesi e statunitensi: le parole dell'ambasciatore Usa ad Ankara, riguardanti
un presunto "diritto della Turchia di combattere attività terroristiche"
in quella zona, non paiono avere senso alla luce dei trattati in materia;
ritengono che il deplorevole tentativo in atto di occultare al più presto la realtà di questo massacro, dia ulteriori conferme a quanti sostengono che lo Stato turco non intende intraprendere quei passi verso la democratizzazione e la convivenza civile interculturale, che dovrebbero essere requisiti fondamentali per il suo ingresso nell'Unione europea; esprimono la loro preoccupazione nel vedere che un tale comportamento è implicitamente avallato dal silenzio delle istituzioni e degli organi d'informazione europei e italiani in particolare. I sottoscritti tuttavia vogliono sperare che una presa di posizione delle parti interpellate, tesa all'accertamento delle responsabilità e all'apertura di un processo di distensione, smentisca le loro preoccupazioni. Documento inviato in data 3 settembre da Luca Cerutti,
per "Mani Tese" di Torino, con venti firmatari.
NICOLETTA DENTICO,
PRESIDENTE DI "MEDICI SENZA FRONTIERE"
Roma, 6 settembre 2000
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o | Pubblichiamo
un intervento di Iole Pinto che illustra il sostegno personale e
di Nonluoghi all'appello che
una serie di organizzazioni ha inviato al governo italiano, all'Onu e alle autorità turche per denunciare un nuovo massacro di civili kurdi in seguito a un bombardamento chimico turco in territorio irakeno. Una denuncia ma una richiesta di verità e di provvedimenti nei riguardi di Ankara. (11
settembre 2000)
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