copertina notizie percorsi interviste libri musica inchieste calendario novità scrivici
notizie

Le bombe chimiche turche sui civili kurdi in Irak: appello per la verità
Le diplomazie e i mass media tacciono di fronte a un nuovo massacro di adulti e bambini
 

  Martedì 15 agosto alle 4 di pomeriggio due aerei turchi hanno  bombardato per 40 minuti due villaggi di pastori in territorio  kurdo iracheno, a nord-est del capoluogo  Arbil: Lolan e  Kendakor.
  42 civili sono rimasti uccisi dalle bombe al napalm dei Turchi.  Si trattava per lo più di adolescenti, ragazze e bambini. I nomi  delle vittime per cui è stato possibile il riconoscimento sono  stati diffusi dalla stampa kurdo-irachena, tra parentesi è riportatata l'età:
 Muhammed Ali Aziz Ibrahim (28), Fatma Nebi Kadir (25), Beritan  Muhammed Ali  (3), Bahar Esad Muzin (14), Gelo Smis Halid Hole (20), Gelo  Ferzende Sakir (3)  Xelat Kadir Muhammed (18), Beyaz Ibrahim Cadir (70), Bese  Ibrahim Cadir (70),  Fadime Zeydin Abdullah (22), Seyda Mihe Ilyas (35), Peyman Kadir  Sahin (18),  Rezan Kadir Sahin (15), Semir Mihe Sahin (35), Resul Kadir Sahin  (15), Fatma  Hesen Siyar (60), Hediye Mele Hesen (45), Necat Mey Ayder (15),  Hatice Mey  Ayder (14), Baxtiyar Hicaz Ayder (15), Faxri Baki Ali (15),  Sumer Emer Ali  (30), Sexmus Farqin Baki (15), Dilzad Farqin Baki (10), Kusret  Farqin (10),  Zumre Sabri Sexo (70), Feqi Bahri Ali (40), Hatice Mayin Evdel  (14), Sehran  Farqin Baki (15) ve Rezize Kadir Sahin (15).

    Per alcune vittime del massacro non è stato possibile il  riconoscimento: si trattava di bimbi molto piccoli o  neonati.  Sono rimaste vittime di quei bombardamenti anche decine di animali al pascolo, pecore  e capre.
  Questo  hanno denunciato i notiziari della TV  kurdo irachena e le altre fonti kurde a partire dal 15 agosto.

  E' stato l'ennesimo massacro di Kurdi che si è consumato tragicamente nel silenzio di stampa e televisioni. Credo che solo  un paio di quotidiani italiani  circa una settimana dopo ne abbiano dato  notizia, in poche righe.
  Eppure in quegli stessi giorni centinaia di profughi kurdi  sbarcavano sulle nostre coste.
  Continuano ancora a farlo,  tanto da cominciare a destare l'attenzione dei nostri politici, tanto da fare persino notizia, tanto che qualcuno propone di respingerli. Ne parlano i giornali, come fatto di ordine pubblico. Mai un acceno alla storia di dolore e persecuzioni che ogni famiglia kurda  porta con sè.

   La maggior parte dei profughi Kurdi che sbarca in questi giorni in Italia viene  proprio da lì, dalla regione  autonoma del Kurdistan iracheno, la 'no flying zone' dal 1991 sotto il controllo di  sicurezza dell'ONU. I contabbandieri turchi accettano le loro  case e la loro terra in cambio del  viaggio verso l'Europa, prima tappa Brindisi o litorale calabrese. La 'protezione' dell'ONU non ha mai fermato la diaspora dei Kurdi dall'Iraq.

   Fuggono dai bombardamenti al napalm dei Turchi, che dicono di aver scambiato pastorelli e greggi al pascolo  per sanguinari terroristi.

   Fuggono dalle deportazioni da Kirkuk e da Mossul: la politica di 'arabizzazione' di quelle due città da parte del governo iracheno con uccisioni e deportazioni dei Kurdi  non è  mai cessata, in nove anni di protezione dell'ONU.

  Fuggono da 20 milioni di mine antiuomo, per la maggior parte made in Italy (Valmara) che Saddam Hussein aveva collocato durante la campagna di sterminio dei Kurdi 'Anfal' negli anni 70-80. Sono rimaste tutte lì nelle province di Sulaymania, Arbil, Duhok, nella zona 'protetta' dall'ONU. Qui lo sminamento va avanti a ritmi pressocchè irrisori: meno di diecimila mine all'anno.  Tre organizzazioni  lavorano in Kurdistan per lo sminamento: una norvegese, una inglese ed una messa in piedi tre anni fa dai Kurdi stessi, esasperati nell'attesa di aiuti internazionali più efficaci. Poi c'è l'UNOPS, organismo delle nazioni unite. 

  L'Italia non partecipa ad alcuna azione umanitaria per lo sminamento del Kurdistan. Nei due ospedali di Emergency di Arbil e Sulaymania si curano le vittime: in media duecento ogni mese, per la maggior parte bambini.
   Italia per i Kurdi iracheni è sinonimo di 'Valmara'.

   E' bene che queste cose le ricordino  quei politici e quelle istituzioni che oggi propongono il rimpatrio dei Kurdi nel loro paese che non c'è, nella 'zona protetta' dall'ONU, dove l'attività più rischiosa non è più la guerra, ma coltivare i campi e portare al pascolo il bestiame.

Iole Pinto
(Comitato Kurdistan di Siena/Nonluoghi)




L'APPELLO

All'Ambasciata della Repubblica turca - Roma, fax 06.4941526
Al Ministro degli Esteri Lamberto Dini - Roma, fax 06.3236210
Al Sottosegretario agli Esteri Umberto Ranieri - Roma, fax 06.3235828
Al Delegato Onu per l'Italia, Steffan De Mistura - Roma, fax 06.6793337

e, per conoscenza, all'associazione Azad - Roma, 06.44701017

Signori,

   i sottoscritti, firmatari del presente documento, in qualità di cittadini italiani rispettosi del diritto internazionale e dei diritti umani in particolare, riportano alla Vostra attenzione la notizia diffusa dall'organo d'informazione "Ozgur Politika" riguardante il bombardamento eseguito da caccia bombardieri turchi nel territorio del Kurdistan irakeno, che ha colpito e ucciso 45 civili;

   notano inoltre che i portavoce dello Stato maggiore turco hanno dovuto ammettere la veridicità della notizia, affermando che i civili erano stati "erroneamente scambiati per una carovana di terroristi": osservano che la zona in cui è avvenuto il fatto è zona protetta dall'Onu, in cui i soli voli militari autorizzati dovrebbero essere quelli di pattuglia e intercettazione delle forze aeree inglesi e statunitensi: le parole dell'ambasciatore Usa ad Ankara, riguardanti un presunto "diritto della Turchia di combattere attività terroristiche" in quella zona, non paiono avere senso alla luce dei trattati in materia;
esprimono la loro indignazione per il sostanziale rigetto di ogni responsabilità da parte delle parti coinvolte, che lascia la morte di 45 esseri umani senza un colpevole;

   ritengono che il deplorevole tentativo in atto di occultare al più presto la realtà di questo massacro, dia ulteriori conferme a quanti sostengono che lo Stato turco non intende intraprendere quei passi verso la democratizzazione e la convivenza civile interculturale, che dovrebbero essere requisiti fondamentali per il suo ingresso nell'Unione europea;

   esprimono la loro preoccupazione nel vedere che un tale comportamento è implicitamente avallato dal silenzio delle istituzioni e degli organi d'informazione europei e italiani in particolare.

  I sottoscritti tuttavia vogliono sperare che una presa di posizione delle parti interpellate, tesa all'accertamento delle responsabilità e all'apertura di un processo di distensione, smentisca le loro preoccupazioni.

  Documento inviato in data 3 settembre da Luca Cerutti, per "Mani Tese" di Torino, con venti firmatari.
  Si associano, e trasmettono il presente documento anche al delegato Onu
in Italia, Steffan De Mistura:

NICOLETTA DENTICO, PRESIDENTE DI "MEDICI SENZA FRONTIERE"
DON TONIO DELL'OLIO, PRESIDENTE DI DI "PAX CHRISTI - ITALIA"
NINO SERGIO, PRESIDENTE DELL'O.N.G. "INTERSOS"
BARBARA LAVEGGIO, ISTITUTO COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO DI ALESSANDRIA
ELISA LION E GIUSEPPE SCHIAVELLO, PER "MANI TESE"
GIANCARLO TENAGLIA, GIACOMO VIOLA (CAMPAGNA MINE, NOBEL PACE '97)
DAVIDE CERRUTI E GIANNINA DAL BOSCO, PER L'"ASSOCIAZIONE PER LA PACE"
LUCIANO ARDESI, SEGRETARIO "LEGA PER I DIRITTI E LA LIBERAZIONE DEI POPOLI"

Roma, 6 settembre 2000


o Pubblichiamo un intervento di Iole Pinto che illustra il sostegno personale e di Nonluoghi all'appello che
una serie di organizzazioni ha inviato al governo italiano, all'Onu e alle autorità turche per denunciare un nuovo massacro di civili kurdi in seguito a un bombardamento chimico turco in territorio irakeno. 
Una denuncia ma una richiesta di verità e
di provvedimenti nei riguardi di Ankara. 

La cronaca
del massacro

Il testo
dell'appello

Viaggio
in Kurdistan

(11 settembre 2000)
 
 
 
 

 

copertina
notizie
 percorsi
interviste
i libri
musica
inchieste
calendario
novità
scrivici