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Taranto,
industria e salute: una strage annunciata
I fumi cancerogeni
dell'Ilva: sei anni fa un rapporto inquietante che fu insabbiato
di FRANCESCA CIARALLO E CARLO GUBITOSA
"Trasmissione relazione di indagine ambientale
- Cokeria" e' il titolo del documento realizzato nell'aprile 1995 dall'Unita'
Sanitaria Locale Taranto-4, ricevuto dalla Cgil di Taranto e protocollato
con il numero 0651 il 14 aprile dello stesso anno. 15 pagine di denuncia,
con una tabella sulle "morti attese", in cui sono elencati i valori degli
agenti inquinanti rilevati su 50 postazioni di lavoro dell'ILVA.
Tra questi dati spiccano i valori altissimi di benzo-a-pirene rilevati in uno dei reparti per la mansione "addetto coperchi", valori 137.000 volte superiori rispetto alla soglia massima consentita per l'aria respirata dagli altri cittadini di Taranto. Il documento rimane lettera morta fino al 2001, quando riappare misteriosamente nella cassetta delle lettere dell'Associazione Peacelink, che nei giorni precedenti aveva diffuso sul suo sito internet i dati relativi alle 25 "morti bianche" che negli anni dal '90 al '98 hanno fatto una vera e propria strage tra gli operai dell'Ilva, colpiti da malattie collegate con gli agenti inquinanti. Questi dati erano accompagnati da foto agghiaccianti "rubate" nei gironi danteschi dell'Ilva, dove gli operai respirano fumi cancerogeni mentre spazzano con la scopa il piano dei forni che andrebbero invece puliti con macchine aspiratrici, foto che spiegano eloquentemente come mai la magistratura locale ha deciso di sottoporre a perizia l'intera area industriale, 11mila ettari che circondano e inglobano la citta' di Taranto, grande meno della meta'. Da questa perizia potrebbe scaturire un procedimento penale a carico di numerosi imputati, tra cui lo stesso Emilio Riva, il padrone dell'Ilva. L'obiettivo e' verificare se, all'interno dell'area industriale e nelle sue vicinanze sia avvenuta una diffusione di fumi, gas, vapori, polveri e sostanze nocive oltre i limiti di soglia previsti dalla legge o in violazione delle norme sull'igiene del lavoro. In un articolo di Carlo Vulpio, apparso sul Corriere della Sera il 26 febbraio 2001, sono riportati alcuni passaggi significativi della perizia sull'Ilva consegnata ai magistrati, in cui si legge testualmente che "il massimo contributo all'inquinamento proviene dalle emissioni industriali: traffico e riscaldamento civile inquinano 100 volte meno, quanto ad anidride solforosa e 10 volte meno quanto a ossido di azoto". Tra le informazioni citate spicca un dato pesantissimo: i morti per neoplasie polmonari sono piu' che raddoppiati nel periodo che va dal '71 al '98. Nello stesso articolo si apprende che il procuratore aggiunto Franco Sebastio avrebbe deciso di aggiungere alle ipotesi di reato anche la strage colposa, oltre ai reati di imbrattamento, danneggiamento di bene pubblico e violazione delle norme sulla prevenzione delle malattie professionali. Il 27 febbraio, in seguito alla forte mobilitazione contro le politiche aziendali dell'Ilva, il Consiglio Comunale di Taranto, durante una seduta monotematica, ha approvato all'unanimita' un documento in cui si afferma senza mezzi termini che "l'esistenza di una grave situazione di inquinamento che riguarda, anche se con diverse accentuazioni, l'area delle grandi imprese e complessivamente tutto il territorio comunale è ormai un dato incontrovertibile". Nel documento si cita anche la deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990, con la quale il territorio della provincia di Taranto veniva dichiarato gia' nello scorso millennio "area ad elevato rischio di crisi ambientale". Un altro dei misteri che circondano la vicenda Ilva e' legato alla figura di Nicola Virtu', il responsabile del Presidio multizonale di prevenzione attualmente in carica, che nel '95, mentre il rapporto della Usl cadeva nel dimenticatoio in un cassetto della Cgil, rassicurava i membri della commissione comunale sull'ambiente in visita allo stabilimento Ilva affermando testualmente che «La situazione analitica ambientale della città è soddisfacente, come i risultati analitici relativi ai reflui dello stabilimento». All'epoca di questa dichiarazione Virtu', oltre ad essere il responsabile del Presidio multizonale di prevenzione, era anche presidente della Imcor, una societa' fornitrice della stessa Ilva. In parole povere, il referente della struttura pubblica che avrebbe dovuto vigliare sui comportamenti delle aziende in materia di prevenzione ambientale e tutela della salute dei cittadini era contemporaneamente un ottimo partner d'affari dell'azienda con il piu' alto impatto ambientale della zona. Da qui la decisione dell'allora dirigente della Usl, Nunzio Leone, di assegnare ad un altro incarico il dottor Virtu'. Virtu' finisce sotto processo "per il forte conflitto di interessi tra i suoi compiti istituzionali e l' attività privata", scrivono i carabinieri. Le indagini pero' vengono archiviate, e attualmente Nicola Virtu' e' di nuovo a capo del presidio multizonale di prevenzione di Taranto, nonostante Nunzio Leone, in quel lontano 1995, abbia denunciato all'autorita' giudiziaria il sabotaggio delle apparecchiature di laboratorio del Presidio, la cancellazione totale della memoria dei computer di gestione dei dati inquinanti e la distruzione di materiali di archivio consistenti in migliaia di referti di analisi effettuate, denunce finite nel dimenticatoio assieme alle varie interrogazioni parlamentari presentate sulla vicenda Ilva e al rappporto della Usl consegnato ai sindacati. Di fronte a questa vicenda, dobbiamo interrogarci ancora una volta sulle conseguenze del modello di sviluppo industriale. Taranto e' una bella citta', con un mare stupendo e un grandissimo patrimonio culturale da valorizzare. Pitagora insegnava in Magna Grecia quando in Padania regnava ancora la barbarie, ma sembra che la civilta' e la cultura ricevute in eredita' dalla Grecia siano destinate a fermarsi davanti alle porte dell'Ilva. Questo "sviluppo sostenibile" tanto discusso a livello teorico, e' solo una utopia oppure e' una proposta concreta di futuro per citta' come Taranto e per tutte quelle citta' del sud che potrebbero produrre ricchezza attraverso la nascita di strutture universitarie, il turismo, l'artigianato locale e la produzione di servizi sociali e culturali?
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lapubblicazione di questo articolo
si ringrazia la redazione del mensile Altreconomia che lo ospita nel suo ultimo numero - Altri articoli Umanizzare
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