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"Professore,
lasci stare la morte"
La nostra grande
rimozione: se in classe leggendo Tolstoj o Camus si finisce sotto accusa...
di LUCIANO LOCCI
Nell'editoriale
apparso su "Nonluoghi" il 13 maggio,
Zenone Sovilla, in un denso intervento, ricco di preziose occasioni di
riflessione, ha denunciato la significativa tentata rimozione del pensiero
della morte nella moderna società globale e tecnologica.
Nel promuovere l'esaltazione del processo di avanzamento tecnologico e produttivistico senza alcun limite, nell'autocelebrazione della propria forza della sua capacità di palingenesi rivoluzionaria, il capitalismo moderno ha bisogno di esorcizzare ogni dubbio, ogni cedimento, ogni esitazione. Di qui la morte dimenticata, quasi non esistesse. "Un esercizio di rimozione utile a togliere di mezzo il dubbio/angoscia esistenziale e soprattutto l'idea del limite: la vita non ha limiti, l'uomo non ha limiti, il profitto non ha limiti ed è lo strumento per conquistare la felicità terrena" (Zenone Sovilla, editoriale del 13 maggio). Per la moderna società capitalistica, protesa verso un vitalismo produttivistico e consumistico, la morte - forma estrema e simbolo supremo dei limiti all'agire umano - quasi non esiste, è rimossa. La problematicità che il pensiero della morte comporta è lontana dalle nuove generazioni, cresciute, direbbe Pasolini, "nel penitenziario del consumismo". Qualche giorno fa ho discusso con i miei allievi di una recente lettura, La morte di Ivan Il'ic di Tolstoj. E' un racconto dell'ultimo Tolstoj, straordinario, perfetto, cupo, fatto di drammatici contrasti, spietato. La letteratura ha spesso trattato il tema della morte, ma è raro imbattersi in una più sconvolgente e compiuta rappresentazione di quell'esperienza. Ivan Il'ic, un uomo qualunque, non malvagio, non crudele, che ha condotto la sua vita all'insegna del conformismo, della ricerca di una vita piacevolmente fastosa e lieta, poco riflessivo, pacatamente edonista, s'imbatte nella morte quasi per caso; la morte si insinua in lui come un tarlo segreto, ma nell'erodere la sua vita, le sue gioie, essa distrugge anche le sue certezze, e lo costringe a pensare se davvero la sua esistenza sia stata spesa nel migliore dei modi. Così Ivan Il'ic comprende la vanità e la fugacità dei suoi pur modesti interessi edonistici e mondani; egli morirà sereno, nell'accettazione, tutta terrena, della morte e del dolore. Ovviamente, non intendo discutere di questo straordinario testo letterario, ma vorrei raccontare la reazione di un allievo che con risentimento, quasi con indignazione, con rabbia, mi ha accusato di aver proposto una lettura "diseducativa". Egli non aveva mai pensato alla morte, ma quella magistrale rappresentazione dell'uomo, solo dinanzi a quell'estrema ineluttabile esperienza, lo aveva turbato profondamente. Secondo questo giovane allievo, di questo suo turbamento io, il docente, ero il responsabile: rivendicava con foga il suo diritto alla spensieratezza, alla leggerezza che io avevo compromesso con il veleno della problematicità che speso si accompagna alla grande letteratura. Questa
rimozione dell'angoscia esistenziale, di ogni riflessione sul senso dell'esistenza,
questo confronto sul limite e sulla vanità dell'edonismo consumistico
dinanzi all'esperienza della morte, non appartiene solo ai giovani allievi.
E' lo spirito produttivistico, la vuota ricerca di beni sempre più
grandi, diversi, in una parola il pensiero dominante della società
contemporanea, che nega la morte, la fine, il limite; è la sciocca
esaltazione dell'iperattivismo edonistico, il taylorismo del consumo, a
non concedere tempi di meditazionee di riflessione imposti invece da quell'esperienza
radicale che è la morte.
Ho
la sensazione che dal racconto di queste esperienze scolastiche si rafforzi
e si completi il quadro della società contemporanea italiana. Sarebbe
scorretto pensare che sia Storace o Bossi a voler cancellare il passato,
deturpare la verità storica. Si trattasse di figure isolate noi
potremmo dormire sonni tranquilli. E' la società italiana che rivendica
il principio unico dell'edonismo consumistico, del pragmatismo produttivistico.
Luciano
Locci
Insegnante di lettere presso il liceo scientifico di Garbagnate Milanese (MI) |
o | (15
maggio 20001)
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