|
percorsi
|
A Nizza per una nuova
Europa
Un articolo che spiega la mobilitazione
contro l'eurofortezza e per la dignità di tutti i cittadini
di YA BASTA Dal
7 al 9 dicembre prossimi saremo a Nizza.
Vassalli e funzionari imperiali Non è facile e neppure
scontato affermarlo, perché l’Europa che ci è stata imposta
in questi anni - quella disegnata dai Trattati Intergovernativi e, pertanto,
segnata ab initio da un forte deficit democratico - è il risultato
di un processo di forzosa integrazione economica e monetaria, il cui simbolo
è l’Euro, la deboluccia moneta unica, ma la cui forza propulsiva
è rappresentata dalle gabbie dei tassi d’inflazione programmata,
delle percentuali di contenimento dei deficit di bilancio e, quindi, dalla
compressione delle politiche e delle misure di Welfare. Il volto, con cui
quest’Europa si mostra, è quello anonimo e impersonale delle burocrazie
di Bruxelles, dei funzionari della Banca Centrale, di direttive più
preoccupate di tutelare le lobbies industriali e commerciali, che le hanno
promosse e pretese, che di difendere i cittadini consumatori.
Ma i Signori del Consiglio
europeo, riuniti a Nizza dal 7 al 9 dicembre, NON vogliono l’Europa proprio
perché hanno costruito QUESTA Europa. I Signori del Consiglio europeo,
in realtà, lavorano per l’Impero, sono gli agenti, i funzionari
chiamati a gestire l’Europa come provincia imperiale. Basti pensare come
hanno affrontato in questi anni la questione balcanica, come hanno rinunciato
a svolgere qualsiasi ruolo politico nella crisi del Kossovo, limitandosi
a fornire basi, aerei, truppe per una guerra, aperta, condotta e chiusa
dai centri di comando a Washington.
Noi, invece, cittadine e cittadini europei, di un’Europa sociale e politica abbiamo disperato bisogno: perché è oggi l’unica «apertura di possibilità» che riusciamo ad intravedere, l’unica dimensione che potrebbe consentire di affrontare, di aggredire criticamente e praticamente i processi della globalizzazione e non di subirli nella passività. E’ il problema della costruzione di uno spazio politico che possa essere attraversato dai conflitti e dai movimenti sociali, della definizione di una scala delle decisioni ove sia possibile pesare, nel momento in cui si tratta di mettere in gioco delle scelte, di contrastare e riequilibrare poteri, di ridistribuire ricchezze, di sancire nuovi diritti. I Signori riuniti a Nizza hanno, tutt’al più, in testa il progetto di un’Europa come «macro-Stato», fotocopia ingigantita di tutti i vizi dello Stato territoriale moderno, della sua sovranità nazionale, Leviatano dai confini continentali, che alla sua moneta affianca la sua burocrazia, la sua polizia e il suo esercito. Ma il loro modellino, proprio perché collocato all’interno di un mondo globalizzato governato da sovrani invisibili, da poteri tanto forti quanto inafferrabili, non può che rivelarsi, nel concreto, come Provincia dell’Impero, forma di governo subordinata e compatibile di un territorio continentale, sub-mercato dentro il mercato globale. Si apprestano ora ad adottare
la «Carta dei diritti fondamentali». I Signori di Nizza non
hanno avuto neppure il coraggio di dare a questa Carta la dignità
di quei Trattati intergovernativi (Roma, Maastricht, Amsterdam ...), attraverso
i quali hanno costruito - fuori da ogni meccanismo democratico e partecipativo
- l’attuale assetto delle istituzioni dell’Unione. Ciò significa
che neppure i pochi impegni assunti con la Carta saranno vincolanti
per le legislazioni nazionali.
Noi, invece, vogliamo una COSTITUZIONE EUROPEA, che sia scritta dai cittadini europei. E sono cittadini d’Europa tutte le donne e tutti gli uomini che, indipendentemente dalla loro origine, dalla loro provenienza, hanno l’Europa come loro destino, come loro destinazione, tutti coloro che in questi territori vivono, risiedono. Ben oltre ogni facile e stucchevole universalismo, l’allargamento della sfera di riconoscimento dei diritti e delle libertà PER TUTTI deve essere il contenuto materiale e formale della Costituzione europea. Anche sotto questo profilo, quello dei contenuti, la Carta dei diritti fondamentali si rivela drammaticamente povera, insufficiente: il testo, frutto di una difficile mediazione al ribasso, appare in forte ritardo rispetto al riconoscimento dei cosiddetti “diritti di terza e quarta generazione”. Parliamo di quei temi che sono oggi il pane quotidiano dei movimenti europei: diritti sociali di cittadinanza adeguati alla profondità e alle dimensioni delle trasformazioni degli ultimi vent’anni e che abbiano come riferimento l’emergenza di figure produttive e soggetti sociali nuovi; ma anche, e al tempo stesso, la sfera dei diritti ecologici e biopolitici, quella che concerne la tutela degli esseri umani e degli altri viventi all’interno dell’ecosistema, la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo produttivo, le condizioni stesse della riproduzione della vita umana. Lanzichenecchi A Nizza, si dice, manifesteranno anche altri. Sono i fascisti e i nazisti che si dicono «contro la mondializzazione», le destre che propongono l’Europa delle Nazioni-Regioni, come insieme di territori «etnicamente purificati», di comunità organiche, chiuse, rese violentemente omogenee. Il loro immaginario è mostruoso, le loro pratiche criminali: dal Vlaam Blok fiammingo agli isolazionisti elvetici di Blocher, dall’NPD tedesco ad Haider, da Le Pen a Bossi, giù giù fino ai nazistelli di Forza Nuova, un composito mondo di destre razziste sta crescendo, rivelando più affinità che differenze. Questi sono i nostri nemici, perché - alimentando odio e intolleranza - rappresentano solo l’altra faccia, il volto più oscuro, dei processi di globalizzazione; ricoprono il ruolo dei peggiori servi dei meccanismi di esclusione e gerarchizzazione, che questi processi mettono in atto. L’humus di cui questi parassiti si nutrono è quello del fallimento della costruzione europea di Bruxelles e dell’Euro, ma lo sporco lavoro che essi svolgono è piuttosto quello dei Lanzichenecchi imperiali. Ecco perché, qui come altrove, la vecchia logica terzinternazionalista del «nemico del mio nemico, che è per forza mio amico», oltre a risultare eticamente repellente, non funziona proprio più: neppure per un momento debbono sussistere dubbi e confusioni su questo. Va fatta emergere con grande chiarezza e forza un’altra idea di Europa, altra dalle due ipotesi, simmetriche e speculari, che oggi con tanta pesantezza occupano il terreno e ammorbano l’aria: terza rispetto all’Europa dell’Euro, delle burocrazie, di Schengen e del macro-Stato provincia imperiale, così come terza rispetto all’Europa delle piccole patrie, delle derive etniciste, della chiusura identitaria e del razzismo differenzialista. Anche per questo motivo,
oggi, l’idea che lo Stato-nazione, che la sovranità nazionale possa
rappresentare l’ultima trincea su cui attestarsi, l’unica superstite forma
di protezione di fronte alla violenza sradicante dell’avvento di un unico
mercato globale, è un’idea letteralmente “reazionaria”. Ovvero semplicemente
reattiva, difensiva di fronte a processi che sfuggono alla nostra portata,
al nostro controllo, alla nostra capacità di intervento, e quindi
essa stessa colpevole ammissione d’impotenza. Ma, possiamo solo sostituire
alle antiche identità nazionali (e alla loro coniugazione in termini
comunque nazionalistici) o alla proposta aberrante delle identità
etniche chiuse, una nuova “Identità Europea”, come rinvio ad un’unica
civiltà, ad una dimensione in fondo anch’essa omologante e, a suo
modo, razzista nel rinvio ad un euro/etno-centrismo ?
Pars destruens Pars costruens Seattle, Davos, Genova, Bologna
e Praga, questi eventi la pratica della disobbedienza civile che
li ha attraversati - hanno scandito l’apertura della nostra pars destruens,
ovvero i luoghi in cui abbiamo iniziato l’operazione di disvelamento e
di decostruzione: demistificando le forme del nuovo dominio globale, denunciandone
gli effetti, mostrando il vero volto del nuovo sovrano e mettendone a nudo
i peggiori vizi, prima critica della “new global political economy” e delle
forme di comando politico sovranazionale che la accompagnano, per abbozzare
i primi tentativi di sabotaggio pratico del suo dispiegarsi. Ma se la pratica
della disobbedienza civile suppone che la rottura della legalità
data, della legalità dei “pochi con” contro “i molti senza”, apra
verso la materiale conquista dal basso di una “nuova legalità”,
Nizza potrebbe costituire l’occasione in cui cominciare a sillabare la
nostra pars costruens: la rivendicazione della Costituzione delle cittadine
e dei cittadini europei, come primo passo nella costruzione di un contenuto
positivo, affermativo con cui contribuiamo da “disobbedienti europei” alla
rivolta dei “cittadini globali”. Anche nel percorso: pretendendo, preso
atto della crisi profonda e irreversibile della rappresentanza politica,
un meccanismo costituente ad alto tasso partecipativo, qualificato dal
protagonismo della società civile organizzata europea e dalla valorizzazione
delle dimensioni locali dell’autogoverno.
Art. 1 Sono cittadini europei
tutti coloro che, indipendentemente dalla loro origine, vivono e risiedono
nei territori d’Europa…
|
o | Per
dare un'idea della critica costruttiva che si va elaborando anche Italia
nel mondo del movimentismo politico e dell'associazionismo di base, contro
il progetto di un'Unione europea burocratica
e piramidale, pubblichiamo un documento pervenutoci dall'associazione "Ya Basta per la dignità dei popoli contro il neoliberismo", in occasione del vertice europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000 che si occuperà della riforma dei meccanismi decisionali e delle istituzioni Ue. - Altri articoli Il
municipalismo
"Contro
l'Europa dei mercati".
Takis
Fotopoulos
Globalizzazione,
fine dell'incontro
I
costi sociali
Globalizzazione
La
fine del
Prove
tecniche
Un'alternativa
Mercato
Un
articolo
Articolo
del
Intervento
di
Un
articolo
L'Istituto di ecologia sociale del Vermont Riflessioni
(5 dicembre 2000) Le
news
|
|
|
percorsi |
|
|
|
|
|