copertina notizie percorsi interviste libri musica inchieste calendario novità scrivici
percorsi

A Nizza per una nuova Europa
Un articolo che spiega la mobilitazione contro l'eurofortezza e per la dignità di tutti i cittadini
 

di YA BASTA

    Dal 7 al 9 dicembre prossimi saremo a Nizza.
Saremo a Nizza NON CONTRO l’Europa, ma perché - con convinta determinazione e senza alcun margine di ambiguità - SIAMO PER l’Europa. 

Vassalli e funzionari imperiali

Non è facile e neppure scontato affermarlo, perché l’Europa che ci è stata imposta in questi anni - quella disegnata dai Trattati Intergovernativi e, pertanto, segnata ab initio da un forte deficit democratico - è il risultato di un processo di forzosa integrazione economica e monetaria, il cui simbolo è l’Euro, la deboluccia moneta unica, ma la cui forza propulsiva è rappresentata dalle gabbie dei tassi d’inflazione programmata, delle percentuali di contenimento dei deficit di bilancio e, quindi, dalla compressione delle politiche e delle misure di Welfare. Il volto, con cui  quest’Europa si mostra, è quello anonimo e impersonale delle burocrazie di Bruxelles, dei funzionari della Banca Centrale, di direttive più preoccupate di tutelare le lobbies industriali e commerciali, che le hanno promosse e pretese, che di difendere i cittadini consumatori. 
Non capita poi a caso che i Tre saggi, inviati dalla Commissione a giudicare il «tasso di democraticità» dell’Austria di Joerg Haider, abbiano assolto pochi mesi or sono il governo nero-blu di Vienna con la motivazione che le politiche dell’immigrazione dei nazional-liberali si inseriscono armoniosamente nella cornice definita dagli Accordi di Schengen: Europa-fortezza, che - illudendosi di poter erigere, a fronte della dimensione epocale degli esodi e delle migrazioni, nuovi muri ed invalicabili barriere di filo spinato ai suoi confini - organizza in realtà il suo mercato del lavoro per linee etniche, definendo gerarchie che corrispondono a statuti differenziati e differenziali di cittadinanza. E quello etnico è uno tra i molteplici segmenti di un  mercato del lavoro sempre più deregolato, dove le cifre impressionanti relative al numero di «disoccupati» rivelano gli effetti di una transizione che, nell’organizzazione sociale del lavoro europea, genera flessibilità «a senso unico», redditi bassi ed incerti: precarietà diffusa ed insicurezza sociale, in ultima istanza.

Ma i Signori del Consiglio europeo, riuniti a Nizza dal 7 al 9 dicembre, NON vogliono l’Europa proprio perché hanno costruito QUESTA Europa. I Signori del Consiglio europeo, in realtà, lavorano per l’Impero, sono gli agenti, i funzionari chiamati a gestire l’Europa come provincia imperiale. Basti pensare come hanno affrontato in questi anni la questione balcanica, come hanno rinunciato a svolgere qualsiasi ruolo politico nella crisi del Kossovo, limitandosi a fornire basi, aerei, truppe per una guerra, aperta, condotta e chiusa dai centri di comando a Washington. 
Non saranno certo i funzionari e i vassalli imperiali a realizzare l’Europa politica.

Noi, invece, cittadine e cittadini europei, di un’Europa sociale e politica abbiamo disperato bisogno: perché è oggi l’unica «apertura di possibilità» che riusciamo ad intravedere, l’unica dimensione che potrebbe consentire di affrontare, di aggredire criticamente e praticamente i processi della globalizzazione e non di subirli nella passività. E’ il problema della costruzione di uno spazio politico che possa essere attraversato dai conflitti e dai movimenti sociali, della definizione di una scala delle decisioni ove sia possibile pesare, nel momento in cui si tratta di mettere in gioco delle scelte, di contrastare e riequilibrare poteri, di ridistribuire ricchezze, di sancire nuovi diritti.

I Signori riuniti a Nizza hanno, tutt’al più, in testa il progetto di un’Europa come «macro-Stato», fotocopia ingigantita di tutti i vizi dello Stato territoriale moderno, della sua sovranità nazionale, Leviatano dai confini continentali, che alla sua moneta affianca la sua burocrazia, la sua polizia e il suo esercito. Ma il loro modellino, proprio perché collocato all’interno di un mondo globalizzato governato da sovrani invisibili, da poteri tanto forti quanto inafferrabili, non può che rivelarsi, nel concreto, come Provincia dell’Impero, forma di governo subordinata e compatibile di un territorio continentale, sub-mercato dentro il mercato globale.

Si apprestano ora ad adottare la «Carta dei diritti fondamentali». I Signori di Nizza non hanno avuto neppure il coraggio di dare a questa Carta la dignità di quei Trattati intergovernativi (Roma, Maastricht, Amsterdam ...), attraverso i quali hanno costruito - fuori da ogni meccanismo democratico e partecipativo - l’attuale assetto delle istituzioni dell’Unione. Ciò significa che neppure i pochi impegni assunti con la Carta saranno vincolanti  per le legislazioni nazionali. 
Il suo testo ricorda la pallida, sbiadita immagine di una Carta costituzionale; ad averlo redatto è uno strano ibrido, composto di rappresentanti dotati di deleghe di terzo/quarto livello e definito “Convenzione”; e quel che ne risulta è una Carta octroyée, gentilmente concessa dal sovrano. 
Ma non sta forse nell’abc del diritto costituzionale, il fatto che non si dia processo costituente senza un potere costituente, che fonte normativa di una Costituzione è la sovranità popolare, ovvero il corpo dei cittadini sovrani o un assemblea di loro rappresentanti, eletta a suffragio universale diretto?

Noi, invece, vogliamo una COSTITUZIONE EUROPEA, che sia scritta dai cittadini europei. E sono cittadini d’Europa tutte le donne e tutti gli uomini che, indipendentemente dalla loro origine, dalla loro provenienza, hanno l’Europa come loro destino, come loro destinazione, tutti coloro che in questi territori vivono, risiedono. Ben oltre ogni facile e stucchevole universalismo, l’allargamento della sfera di riconoscimento dei diritti e delle libertà PER TUTTI deve essere il contenuto materiale e formale della Costituzione europea. 

Anche sotto questo profilo, quello dei contenuti, la Carta dei diritti fondamentali si rivela drammaticamente povera, insufficiente: il testo, frutto di una difficile mediazione al ribasso, appare in forte ritardo rispetto al riconoscimento dei cosiddetti  “diritti di terza e quarta generazione”. Parliamo di quei temi che sono oggi il pane quotidiano dei movimenti europei: diritti sociali di cittadinanza adeguati alla profondità e alle dimensioni delle trasformazioni degli ultimi vent’anni e che abbiano come riferimento l’emergenza di figure produttive e soggetti sociali nuovi; ma anche, e al tempo stesso, la sfera dei diritti ecologici e biopolitici, quella che concerne la tutela degli esseri umani e degli altri viventi all’interno dell’ecosistema, la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo produttivo, le condizioni stesse della riproduzione della vita umana. 

Lanzichenecchi

A Nizza, si dice, manifesteranno anche altri. Sono i fascisti e i nazisti che si dicono «contro la mondializzazione», le destre che propongono l’Europa delle Nazioni-Regioni, come insieme di territori «etnicamente purificati», di comunità organiche, chiuse, rese violentemente omogenee. Il loro immaginario è mostruoso, le loro pratiche criminali: dal Vlaam Blok fiammingo agli isolazionisti elvetici di Blocher, dall’NPD tedesco ad Haider, da Le Pen a Bossi, giù giù fino ai nazistelli di Forza Nuova, un composito mondo di destre razziste sta crescendo, rivelando più affinità che differenze. Questi sono i nostri nemici, perché - alimentando odio e intolleranza - rappresentano solo l’altra faccia, il volto più oscuro, dei processi di globalizzazione; ricoprono il ruolo dei peggiori servi dei meccanismi di esclusione e gerarchizzazione, che questi processi mettono in atto. L’humus di cui questi parassiti si nutrono è quello del fallimento della costruzione europea di Bruxelles e dell’Euro, ma lo sporco lavoro che essi svolgono è piuttosto quello dei Lanzichenecchi imperiali. Ecco perché, qui come altrove, la vecchia logica terzinternazionalista del «nemico del mio nemico, che è per forza mio amico», oltre a risultare eticamente repellente, non funziona proprio più: neppure per un momento debbono sussistere dubbi e confusioni su questo. Va fatta emergere con grande chiarezza e forza un’altra idea di Europa, altra dalle due ipotesi, simmetriche e speculari, che oggi con tanta pesantezza occupano il terreno e ammorbano l’aria: terza rispetto all’Europa dell’Euro, delle burocrazie, di Schengen e del macro-Stato provincia imperiale, così come terza rispetto all’Europa delle piccole patrie, delle derive etniciste, della chiusura identitaria e del razzismo differenzialista.

Anche per questo motivo, oggi, l’idea che lo Stato-nazione, che la sovranità nazionale possa rappresentare l’ultima trincea su cui attestarsi, l’unica superstite forma di protezione di fronte alla violenza sradicante dell’avvento di un unico mercato globale, è un’idea letteralmente “reazionaria”. Ovvero semplicemente reattiva, difensiva di fronte a processi che sfuggono alla nostra portata, al nostro controllo, alla nostra capacità di intervento, e quindi essa stessa colpevole ammissione d’impotenza. Ma, possiamo solo sostituire alle antiche identità nazionali (e alla loro coniugazione in termini comunque nazionalistici) o alla proposta aberrante delle identità etniche chiuse, una nuova “Identità Europea”, come rinvio ad un’unica civiltà, ad una dimensione in fondo anch’essa omologante e, a suo modo, razzista nel rinvio ad un euro/etno-centrismo ? 
No, se di Europa si può oggi ancora parlare, ciò è possibile solo nei termini di una ricchezza plurale, di molteplicità di lingue, storie, culture, in grado di comunicare tra loro; del confronto aperto e del meticciaggio (metissage) attivo tra di esse; del farsi, infine, comunità di destino e di decisione, luoghi aperti di un riconoscimento e di una scelta fra differenti ed eguali, capacità di autodeterminazione e di autogoverno di esse, in comunicazione aperta e bidirezionale con l’altro da sé. Questo può essere l’orizzonte, la possibile utopia positiva che anche Nizza consegna ai conflitti passati, presenti e futuri.

Pars destruens  Pars costruens

Seattle, Davos, Genova, Bologna e Praga, questi eventi  la pratica della disobbedienza civile che li ha attraversati - hanno scandito l’apertura della nostra pars destruens, ovvero i luoghi in cui abbiamo iniziato l’operazione di disvelamento e di decostruzione: demistificando le forme del nuovo dominio globale, denunciandone gli effetti, mostrando il vero volto del nuovo sovrano e mettendone a nudo i peggiori vizi, prima critica della “new global political economy” e delle forme di comando politico sovranazionale che la accompagnano, per abbozzare i primi tentativi di sabotaggio pratico del suo dispiegarsi. Ma se la pratica della disobbedienza civile suppone che la rottura della legalità data, della legalità dei “pochi con” contro “i molti senza”, apra verso la materiale conquista dal basso di una “nuova legalità”,  Nizza potrebbe costituire l’occasione in cui cominciare a sillabare la nostra pars costruens: la rivendicazione della Costituzione delle cittadine e dei cittadini europei, come primo passo nella costruzione di un contenuto positivo, affermativo con cui contribuiamo da “disobbedienti europei” alla rivolta dei “cittadini globali”. Anche nel percorso: pretendendo, preso atto della crisi profonda e irreversibile della rappresentanza politica, un meccanismo costituente ad alto tasso partecipativo, qualificato dal protagonismo della società civile organizzata europea e dalla valorizzazione delle dimensioni locali dell’autogoverno.
Non c’è altra strada, si tratta di provarci… consapevoli che le nuove Costituzioni si scrivono prima nelle piazze, nel vicolo dei conflitti, poi nelle sale delle assemblee rappresentative:

Art. 1 Sono cittadini europei tutti coloro che, indipendentemente dalla loro origine, vivono e risiedono nei territori d’Europa…
Art. 2 Europa è una federazione di libere comunità che si autogovernano, fondata sulla garanzia di un’esistenza dignitosa per tutti i cittadini ….
 
 


o Per dare un'idea della critica costruttiva che si va elaborando anche Italia nel mondo del movimentismo politico e dell'associazionismo di base, contro il progetto di un'Unione europea burocratica
e piramidale, pubblichiamo 
un documento pervenutoci dall'associazione 
"Ya Basta per la dignità dei popoli contro il neoliberismo",
in occasione del vertice europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000
che si occuperà della riforma
dei meccanismi decisionali e delle istituzioni Ue.

- Altri articoli

Il municipalismo
libertario:
un intevento di Murray Bookchin
(in inglese)

"Contro l'Europa dei mercati".
Articolo dell'economista
Takis Fotopoulos
(in inglese)

Takis Fotopoulos
e la teoria 
della democrazia globale
(in inglese)
 

Globalizzazione, fine dell'incontro
e necessità 
di ricostruire 
la comunicazione
di Pietro
Barcellona

I costi sociali
prodotti
dalle imprese
di Pietro Frigato
 

Globalizzazione
e impotenza
dell'alternativa
di Vittorio
Giacopini

La fine del
desiderio
e il ritorno
alle origini
in cerca d'identità
di Fabio
Ciaramelli

Prove tecniche
di urbanistica
partecipata
di Raymond
Lorenzo

Un'alternativa
nelle reti
ricostruite
dal basso
di Alberto
Magnaghi

Mercato
e sviluppo
sostenibile

Ida Magli
e Seattle

Un articolo
di Roberto Meregalli
da Peacelink 
 
 

Articolo del
Collettivo
Il Mondo Capovolto

Intervento di
Francesco Martone

Un articolo
dell'associazione
Jambo!

L'Istituto di ecologia sociale del Vermont

Riflessioni 
su municipalismo,
democrazia
e natura
(in inglese)
 
 
 
 

(5 dicembre 2000)

Le news
e i commenti
nel notiziario
di Nonluoghi
 
 

 

copertina
notizie
 percorsi
interviste
i libri
musica
inchieste