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Botta e risposta sulle mistificazioni da elettrosmog
Dopo l'invito di Iole Pinto a usare più energie sulle contaminazioni mortali che ignoriamo
 


 

Gentilissima dott. Iole Pinto,

Ho letto con attenzione il suo contributo sull’elettrosmog pubblicato in Nonluoghi.
Premetto che non ho una conoscenza scientifica della materia ma, in quanto giornalista, nell’ultimo anno mi sono occupata più volte di mobilitazioni di comitati spontanei di cittadini per scongiurare l’installazione di antenne ovvero chiederne lo smantellamento.
Ho cercato di documentarmi sull’argomento, ma non sono riuscita a trovare un parere definitivo sulla pericolosità delle onde: ho raccolto opinioni decisamente negative, altre, come la sua, che ridimensionano l’allarme. Nessuno però in grado di dimostrare scientificamente ed in modo incontestabile che sono o non sono nocive.
In quanto giornalista non è certo mio compito esprimere giudizi, ma piuttosto registrare ciò che succede: e succede che la gente quando vede piazzare un'antenna di 26 metri davanti al suo balcone sia prima infastidita (per il paesaggio) e poi preoccupata (visto che nessuno è in grado di rassicurarla) per le onde. E pensa: perché proprio a me?
Anch’io, come cittadino, lo direi; così come non vorrei che mi costruissero un’autostrada davanti alla porta di casa e ci penserei su due volte prima di trasferirmi in un palazzo in città, magari al primo piano, magari su un incrocio trafficato con semafori.
La gente è forse ingenua, fa ragionamenti semplici, è concreta. Non dico che abbia ragione, ma cerco di capire il perché dei suoi comportamenti.
Si spaventa di più delle onde elettromagnetiche che degli idrocarburi. Qual è la differenza tra i due? Entrambi non si vedono (anzi si vede di più il fumo prodotto da automobili e fabbriche), ma mentre le automobili passano, l’antenna sta lì ed è sempre in funzione.
Con gli idrocarburi conviviamo ormai da anni; si può scegliere di andare ad abitare vicino ad una fabbrica o ad un incrocio oppure no, ma non si può proibire la circolazione delle auto, l’emissione di fumi: è un tributo pagato al progresso (o alle fabbriche produttrici di auto, non si sa), l’abbiamo ormai “digerito”.
Le antenne per la telefonia mobile sono un frutto recente del progresso; sono un frutto “superfluo”, se vogliamo (serve di più l’auto o il lavoro in fabbrica del telefonino); la loro presenza è regolamentata dalla legge ed il cittadino comune si sente meno impotente che con gli idrocarburi. Ha la sensazione di poter fare qualcosa per scongiurare a se’ e alla sua famiglia un pericolo (sia pure ipotetico).
Non mi sembra scandaloso, né vergognoso, ma umano che cerchi di fare il possibile per allontanare le antenne dai luoghi in cui vive, in attesa che qualcuno dica, se possibile, una parola definitiva sull’argomento. Non è mai morto nessuno di eccesso di prudenza, non crede?
Per quanto mi riguarda, non accetto di essere considerata (in quanto giornalista e perché ho fatto il mio lavoro che consiste nel raccontare ciò che succede) colpevole di creare allarmismi ingiustificati o complice (sia pure involontaria) di una “strategia manipolatoria”.
Anch’io vorrei, come tutti credo, mangiare cibi sani, muovermi in un ambiente pulito, avere un ritmo di vita umano e non stressante. 
Grazie.

Susanna Agnese


Cara Susanna,

La ringrazio della bella lettera e delle interessanti riflessioni che mi ha
inviato. Credo che esistano tante persone come lei sinceramente convinte
della nocività delle antenne e di far cosa giusta nel combatterle. Ne
conosco molte anch'io. Probabilmente farei lo stesso anche io se non mi
fosse capitato di fare di mestiere il fisico ambientale.
L'intento dell'articolo che ho scritto non è quello di mettere in
discussione  il principio cautelativo:nel dubbio sulla nocività di un agente
qualsiasi esposizione dovrebbe essere evitata. Questo dovrebbe essere il
principio cardine della prevenzione. Il problema che ho cercato di
evidenziare è che questo principio è sistematicamente disatteso per la quasi
totalità degli agenti nocivi a cui siamo quotidianamente esposti. Ci sono
migliaia di sostanze ed agenti  di comprovata (e non solo sospetta) nocività
che sono ammessi in dosi massiccie in cicli produttivi, negli ambienti di
vita, nei cibi e nell'acqua,  nelle scuole e negli asili,   e che per giunta
sono spesso figli dell'industria bellica internazionale. Questi andrebbero a
maggior ragione denunciati e combattuti,ma questo non viene fatto da
nessuno. Al Tg non dicono mai  ad esempio dei recenti studi pubblicati sul
Lancet su  quanto fanno male i pesticidi anche se si rispettano le dosi
ammesse in cibi e bevande.
Oppure di quanti contadini si ammalano ogni anno di cancro per il sano
lavoro dei campi che svolgono. O dei recenti studi sui materiali sostitutivi
dell'amianto che sono cancerogeni (è ormai un dato accertato) del pari
dell'amianto stesso. O ancora di quanti tumori ogni anno sono provocati in
Italia dall'abuso di radiografie. E credo non sia difficile intuire il
perchè.
E' questa disparità, chiamamola così, di trattatemento che mi lascia
francamente perplessa. E' questa sorta di assuefazione anche da parte di chi
dovrebbe 'lottare' a tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori  che
mi lascia sconcertata. Per fare un esempio:  se in  Toscana  sono sorti  50
comitati contro l'elettrosmog ( li ho contati), ce ne dovrebbero essere
almeno 5 milioni contro i pesticidi o l'abuso di radiografie, se il numero
di comitati fosse proporzionale alla gravità del rischio! (l'esempio è
stupido, lo so , ma lo faccio per dare una dimensione in scala  del
problema) .
Lei sostiene che è compito del giornalista "registrare ciò che succede". Il
fatto è che succedono molte cose, e cio' che succede non è quasi mai
casuale. l'impegno di selezionare cosa registrare,
a cosa dare maggiore o minor peso, o cosa passare del tutto  sotto silenzio
credo sia l'elemento qualificante e difficile della vostra professione. Le
cose non dette, si sa, non esistono.
Il sentire collettivo, indignazione, solidarietà, paura  mi sembrano  sempre
più   pilotati dai media: si sceglie per quali guerre indignarsi e su quali
massacri tacere. Sono scelte ben precise, di campo. E così anche per gli
inquinanti.
C'è  poi chi su queste cose ci guadagna, o che semplicemente ne trae qualche
sorta di vantaggio o privilegio. Ci sono talvolta sinergismi tra differenti
gruppi o persone che per differenti motivi ne ricavano vantaggio o
tornaconto. si ottengono allora effetti di risonanza (come si direbbe in
fisica) , e il fenomeno è amplificato a dismisura. E allora  c'è anche tanta
gente che in buonissima fede ci crede davvero, si indigna o si preoccupa.
A chi  'sta al pezzo'  (come me) l' impotenza di Sisifo, costretto a
spingere fin sulla cima il masso che poi rotolerà fino a valle,  per poi
ricominciare di nuovo, consapevole dell'assoluta inutilità del suo  lavoro,
o, peggio ancora,  dello spreco enorme che questo comporta.

cordialmente

Iole Pinto


  Gentilissima dott. Iole Pinto,
condivido praticamente tutto ciò che scrive (ma se ho dato l’impressione di essere “assolutamente convinta della nocività delle onde” evidentemente mi sono espressa male).
Torno sull’obiettività dell’informazione che è il problema che mi riguarda più da vicino: devo premettere innanzitutto che lavoro per un settimanale locale e generalmente non mi occupo di “massimi sistemi” bensì di cronaca spicciola e semmai degli effetti diretti e non che i “massimi sistemi” hanno su una comunità di provincia.
Ebbene, non penso di barare quando ascolto, registro e do spazio ad un comitato di persone che si mobilitano contro le antenne. Le garantisco in tutta sincerità che se si costituisse un comitato di cittadini contro i pesticidi, da noi (siamo in provincia di Cuneo, zona agricola) farebbe molto più notizia. Ma non c’è ombra di comitati, non c’è sensibilità al problema. Anzi, generalmente il problema da noi lo si vede capovolto e cioè: “che seccatura rispettare questi limiti di sostanze nocive”.
Non c’è dubbio, è più facile e comodo mobilitarsi per le antenne: una presenza visibile, ingombrante, ben identificabile, su cui si può intervenire in modo abbastanza diretto, che non informarsi sui limiti nell’uso delle sostanze nocive ed cercare di avere un controllo diretto sull’operato degli agricoltori. Tutto questo costringerebbe ognuno di noi a rivedere i suoi comportamenti alimentari, andando faticosamente controcorrente rispetto al modello consumistico dominante. 
L’uomo è pigro e la consapevolezza costa fatica.

Susanna Agnese

 


o L'intervento di Iole Pinto sulle mistificazioni riguardo 
al rischio elettrosmog
ha registrato una serie di reazioni fra loro diverse: chi contesta l'invito a non sprecare troppo energie contro un pericolo presunto mentre non si fa nulla o quasi contro devastazioni evidenti (i pesticidi e altri inquinanti mortali); chi condivide la denuncia di Iole Pinto e di Nonluoghi, mette a disposizione la propria competenza scientifica 
per eventuali approfondimenti e si rallegra che in questo modo si rompa un comodo velo di silenzio sulle vere minacce alla vita dei consumatori 
e dei lavoratori.

Per dare l'idea del dibattito che si sta sviluppando, pubblichiamo la reazione di una lettrice e collega giornalista, Susanna Agnese, che esprime le sue perplessità sulla posizione 
di Iole Pinto.
Ringraziamo le due autrici delle lettere per aver consentito la pubblicazione di questo loro dialogo. 
Ospiteremo volentieri nuovi contributi al dibattito sul tema sollevato 
da Iole Pinto.

(9 ottobre 2000)

Una replica
critica di Costantino Daga
(23 ottobre 2000)

Enzo Ferrara:
"Il livello di tossicità delle onde è coperto da quello delle altre forme di inquinamento"
(27 ottobre 2000)

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