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Caro
segretario, questo contratto e questo sindacato non vanno...
La pericolosa flessibilità dei
giornalisti: lettera aperta al leader dellla Fnsi
Il
LETTERA APERTA AL SEGRETARIO NAZIONALE DELLA FNSI
Ho partecipato come membro
di un comitato di redazione alla conferenza nazionale dei Cdr, il 29 marzo
2001, a Roma, dove rappresentavo le posizioni sull'ipotesi di rinnovo contrattuale
espresse dai miei 44 colleghi del quotidiano di Trento l'Adige.
Il punto di non ritorno Il particolare, il punto "di non ritorno" da correggere assolutamente era indicato nella modifica dell'art. 4 che avrebbe regalato agli editori uno strumento di flessibilità pressoché selvaggia in virtù della parcellizzazione dell'orario di lavoro del giornalista nell'ambito di più testate di proprietà dell'editore o di società da questi controllate. Ciò significa, di là dai cavilli interpretativi, che in prospettiva l'editore potrà liberamente disporre della parte "non prevalente" del tempo del giornalista destinandolo al lavoro in redazioni diverse: si profila un futuro nel quale, per esempio, se sei un cronista e ti ha assunto un giornale, poi dovrai adattare il tuo bell'articolo alle esigenze del portale Web messo su da una società controllata dal tuo padrone e/o - se ti resta qualche ritaglio di tempo - per andare in diretta alla radio o alla tv. Se ti va male e sei un cuciniere dell'impaginazione, sarai semplicemente costretto a saltellare al tuo desk da un medium all'altro facendo di tutto e di più. Altro che spazi per l'indagine giornalistica, per l'approfondimento, la riflessione. Giù la testa! Passa la logica della massimizzazione
della produttività giornalistica. E per produttività s'intende
il numero di notizie assemblate alla catena di montaggio dell'informazione,
non i loro contenuti. Altro che l'informazione di qualità con il
bollino blu che si evocava con toni barricaderi all'inizio della trattativa
con la Fieg profilando scenari di lotta dura senza paura...
Dalla semplice lettura dei fatti emerge che fino al gennaio scorso il proposito di fermare la logica della "multitestata" era la linea del Piave: invalicabile. Non era un semplice paletto, era una distesa di filo spinato, nel nome del "bollino blu". Ricordo la conferenza dei Cdr del dicembre 1999 che ebbe come filo conduttore la difesa della libertà e della qualità dell'informazione in Italia, con la segreteria della Fnsi che ci chiamava tutti a raccolta e annunciava grandi manifestazioni e raccordi strategici con l'opinione pubblica cui andava spiegata la drammaticità del momento, il rischio grave per quel che rimaneva del ruolo civico della stampa. Qualcuno di noi all'epoca pensò: "Finalmente cerchiamo un rapporto forte con la popolazione, con i lettori, ci rendiamo conto che questa crescente distanza sociale è uno dei i nostri killer". Le grandi lotte di Natale... Per due volte, a Natale, nel 1999 e nel 2000, io e miei colleghi in redazione eravamo pronti a scattare per giornate di sciopero che potevano essere storiche: le promesse (e mai mantenute) "spallate" agli editori. Per due volte questi passaggi strategici forti saltarono, apparentemente perché gli editori all'ultimo momento avevano tirato fuori dal cassetto qualche buona intenzione (cioè alcune manifestazioni di buona volontà ritenute sufficienti per annullare le astensioni dal lavoro e restituire la lotta dei giornalisti ai caratteri di estemporaneità che l'avevano sin qui contraddistinta). Inoltre, c'era la preoccupazione dei vertici sindacali - e di parte dei rappresentanti di base -legata anche allo spettro dell'espansione dell'area dei "crumiri", già da tempo ampiamente rappresentata in alcuni giornali di chiara connotazione destrorsa. Eccoci, dunque, al 2001,
con alle spalle il secondo sciopero natalizio sfumato nelle promesse degli
editori rivelatesi poi marinaresche, tanto da indurre la segreteria Fnsi
a denunciare urbi et orbi l'inganno.
Noi colleghi ci si guardava
negli occhi ed erano sguardi preoccupati: si sentiva puzza di bruciato.
Com'è che dal ringhio reciproco si è passati sotto un chiaro
di luna ai sorrisi di circostanza e alle pacche sulle spalle?
La bozza e lo stupore Tra di noi, in quei giorni
traumatici, nessuno riusciva a spiegarsi le ragioni dell'improvvisa accelerazione
della trattativa con conseguente accoglienza di alcune richieste degli
editori ritenute, fino a poco prima, fuori discussione, a cominciare, appunto,
dalla multitestata.
Il 29 marzo, all'assemblea
dei Cdr, avrei voluto chiedere alla segreteria nazionale ragione di quella
impennata decisiva di febbraio. Avrei voluto chiedere anche come mai, subito
dopo la sigla si parlava di "contratto di svolta" e un po' più tardi,
vista la malaparata nelle redazioni, i vertici della Fnsi correggevano
il giudizio riducendolo, in sostanza, all'aver portato a casa ciò
che passa il convento: prendere o lasciare.
Il coraggio di dire di sì? Alla conferenza dei Cdr,
fra penose lezioni di democrazia date a chi osava mettere in discussione
il percorso che ci aveva portati nell'angolo, diversi oratori favorevoli
alla bozza contrattuale hanno apprezzato il "coraggio" delle segreteria
per aver saputo interpretare i tempi che cambiano; in altre parole, la
globalizzazione neoliberista dei giornalisti. La testata globale, mi verrebbe
da dire (a proposito: a quando le delocalizzazioni aziendali? Questione
di tempo e di high tecnology della traduzione in tempo reale?).
Coraggio era continuare a
dire di no su queste cose fondamentali. E no hanno detto e dicono ancora
migliaia di colleghi che sono stati rappresentati in maniera riduttiva
alla conferenza nazionale dei Cdr, caratterizzata da modalità di
voto che ritengo non corrette (lo saranno "statutariamente" ma non certo
civilmente e politicamente).
La dialettica blindata La sensazione è che
l'assemblea fosse in qualche modo "blindata", che a contrappuntare icontinui
richiami alla democrazia interna e le uscite di stampo "terroristico" sull'eventualità
di un no all'intesa fossero, invece, decisioni formali che hanno contribuito
a minare la rappresentatività della conferenza rispetto alla mobilitazione
della base della categoria.
Ho percepito come ignorata
la radicalità di molti colleghi preoccupati per la deriva di questo
contratto. Ho avuto un senso di claustrofobia da eterodirezione pseudoriformista
e ho immaginato scenari poco edificanti nei retrobottega delle politiche
sindacali con l'orizzonte congressuale ormai ben in vista.
Oltretutto, all'indomani del voto, il consiglio nazionale della Fnsi ha accolto l'invito del segretario e ha bocciato a maggioranza la mozione che chiedeva un referendum nella categoria. Tu, caro segretario, hai dichiarato all'Ansa (29 marzo, ore 21.45) che la consultazione non serve visto il risultato "netto" del voto qui descritto. Ti chiedo scusa, ma se il risultato per te è così netto e se dunque non temi una controprova, perché non chiudere il percorso contrattuale con un referendum che garantisca davvero la democrazia in questo momento delicato per noi tutti? L'alibi morale L'alibi morale di questo
Ko spacciato per un pareggio ai punti è l'estensione del contratto
ai giornalisti dell'online e ai free-lance, dipinta da diversi oratori
a Roma come un intervento livellatore. Al punto che qualcuno si è
infervorato gettando fango sui colleghi contrari all'approvazione tout-court
della bozza, rei di voler bloccare il rinnovo contrattuale per difendere
i loro privilegi a scapito della grande massa dei non garantiti. Voglio
ricordare che, semmai, per quanto riguarda me e i colleghi che rappresentavo
a Roma, esiste il problema inverso: che le garanzie conquistate sono deboli
e in qualche caso non ci sono proprio.
Se tiro le somme, mi rendo
conto che questa conferenza delle rappresentanze sindacali di base, che
qualcuno ha definito "storica", è stata invece un'esperienza triste
che nel nome dell'unità del sindacato (o eventualmente della tutela
dei suoi vertici, fenomeno diffuso nelle istituzioni umane ma non per questo
giustificabile) ha spaccato davvero la categoria accentuando la distanza
fra rappresentati e rappresentati.
Distanze sociali dentro e fuori il giornalismo Se l'impegno che i vertici
del sindacato hanno messo per attivare il confronto democratico all'Hotel
Ergife è proporzionale a quello profuso nello sbandierato incontro
con la società civile, si capisce perché i giornalisti erano
e restano soli.
La mobilitazione ignorata Avrei voluto dire alla conferenza dei Cdr alcune delle cose che ho scritto qui; ma non mi è stato possibile. Il dibattito è cominciato in tarda mattinata e gli interventi si sono susseguiti sostanzialmente senza limiti di tempo per persona, poi lunga pausa per il pranzo (quasi un'ora e mezza), ripresa e chiusura del dibattito alle 17 spaccate, l'ora prestabilità dalla presidenza dell'assemblea. Che mancassero ancora almeno 7-8 interventi (ma non 7-800...) tra i quali il mio (mi ero iscritto quattro ore prima) è parsa evidentemente cosa di poco conto, così come poco più tardi si liquidavano alcune richieste sulle procedure di voto ricordando che già molti dei presenti scalpitavano per andare a prendere l'aereo. Chiedo scusa, ma dopo 19 mesi di trattativa e mobilitazione e dopo un mese di confronti, assemblee, prese di posizioni, dipende tutto dagli aerei in decollo alle 6 del pomeriggio? Il bello è che alla fine ci sono stati appelli accorati a tenere alta la mobilitazione, a vigilare nelle redazioni. Ma come? Se ci avete appena smobilitati! E avete perseverato infischiandovene
della mobilitazione successiva al 29 marzo, delle migliaia di firme per
il referendum e degli appelli di Cdr e assemblee di redazione.
Il tutto è molto coerente con una gestione del confronto con gli editori che è stata, di là dai paroloni, poco aggregante e sostanzialmente legata a un'idea di delega forte che ha penalizzato la partecipazione e, alla fine, indebolito il risultato. Adesso comincia la danza
dei percorsi formativi per "gestire al meglio" il nuovo contratto.
Zenone Sovilla
(componente del Cdr dell'Adige)
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o | Pubblichiamo,
ritenendo che sia cosa utile per far conoscere la situazione in cui si
trova chi lavora nei mass media italiani, una lettera aperta inviata al
segretario nazionale della Fnsi (Federazione nazionale della stampa,
il sindacato dei giornalisti), Paolo Serventi Longhi, da Zenone Sovilla, web editor di Nonluoghi, che lavora al quotidiano l'Adige di Trento dove è anche componente del comitato di redazione (la rappresentanza sindacale di base). La giornata della libertà di stampa Flessibilità
selvaggia:
Italia,
nei brutti giornali cresce
L'informazione
cambia
(3 maggio 2001) Le
news
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