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campagne
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Fermare l'embargo all'Iraq
ma senza proteggere il regime di Saddam
Appello ai parlamentari contro le connivenze
con i responsabili del continuo genocidio dei kurdi
"Con questa nota desideriamo farvi giungere la nostra indignazione per l'accoglienza riservata al presidente dell'Assemblea nazionale irachena, sig. Saddoun Hamadi, primo ministro all'epoca dei bombardamenti chimici sulla città di Halabja e sulla regione del Badidan e dell'operazione Anfal. Rifiutiamo con
convinzione l'arma dell'embargo economico nei confronti delle popolazioni
di qualsiasi stato, compreso l'Iraq, per la soluzione dei conflitti.
Temiamo tuttavia
che la mozione sull'abolizione dell'embargo all'Iraq in ordine del giorno
alla Camera dei deputati, così come è stata formulata, si
risolva in una forma di sostegno al sanguinario regime di Baghdad e la
presenza in Italia del signor Hamadi ce lo conferma.
Di questo non possiamo darci pace. In altri paesi del mondo occidentale sono in atto campagne per la revoca dell'embargo all'Iraq e - contemporaneamente - per mettere sotto processo Saddam Hussein e i suoi complici per crimini contro l'umanità. Il genocidio del popolo kurdo ha lasciato segni indelebili: per la strage di civili bombardati dal cielo con sostanze chimiche nella città di Halabja (16 e 17 marzo 1988) che provocò circa 6.000 morti e nella vasta area del Badinan (agosto e settembre 1988), per l'operazione Anfal (il bottino) protrattasi dal 1987 al 1989 con 182.000 desaparecidos, per la distruzione con la dinamite di più 4.500 centri abitati kurdi e la deportazione dei suoi abitanti. E' a disposizione di chi ne fa richiesta un documentario dell' inglese "Dispatches" sugli effetti devastanti delle bombe chimiche sui bambini e sugli adulti sopravvissuti di Halabja dieci anni dopo. Per un'analisi
ampia e documentatissima delle atrocità del regime nell'ultimo anno
esaminato, il 1999, rimandiamo non soltanto al rapporto dell'ONU (Max Van
der Stoel) ma anche ad altre fonti, diverse fra loro e pure concordanti,
quali il Rapporto annuale Iraq '99 di Amnesty International (reso pubblico
a Il Cairo, 28.11.99) e al Rapporto annuale Iraq '99 del Partito Comunista
iracheno, pubblicato il 4.1.2000.
La Regione autonoma
del Kurdistan iracheno - oltre a subire anch'essa l'embargo dell'ONU -
è sottoposta ad un rigoroso blocco economico interno da parte del
regime iracheno. Quella percentuale di aiuti umanitari dell'"oil for food"
che l'ONU destina alla Regione Autonoma kurda, ci risulta venga frequentemente
bloccata a Baghdad.
L'invito italiano al signor Hammadi coincide con l'attuale crisi petrolifera. Il ritorno sul mercato del greggio iracheno dovrebbe comportare l'auspicata diminuzione del prezzo del petrolio. L'odierna proposta di riavvicinamento al regime di Saddam Hussein, priva di ogni richiesta di garanzia per le popolazioni irachene in generale e kurde in particolare ci preoccupa fortemente. Temiamo che l'Italia possa essere ancora una volta strumento di una ben congegnata politica al servizio dei grandi interessi economici internazionali. Non dimentichiamo che fu l'italiana BNL a fornire al regime iracheno i "prestiti all'agricoltura" costati migliaia di miliardi ai contribuenti italiani e utilizzati per continuare a fornire micidiali armamenti a Baghdad, con l'attivo interessamento del governo degli USA, quando, dopo le stragi chimiche di Halabja e del Badinan, il Congresso americano aveva deciso di sospendere i finanziamenti al dittatore iracheno. Ripetiamo quindi che siamo decisamente favorevoli alla fine dell'embargo disumano sulle popolazioni dell'Iraq, ma chiediamo che nella mozione in ordine del giorno alla Camera dei Deputati vengano inseriti i seguenti punti: 1. Applicazione da parte di Saddam Hussein della risoluzione dell'ONU n° 688, per garantire il. rispetto dei diritti umani della popolazione; 2. Abolizione dell'embargo interno che colpisce la Regione Autonoma del Kurdistan iracheno; 3. Fine della pulizia etnica nei confronti del popolo kurdo. Chiediamo inoltre il sostegno all'incriminazione internazionale di Saddam Hussein affinchè egli venga processato, insieme ai corresponsabili, dal Tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità come più volte richiesto dai rappresentanti del popolo kurdo. L'Italia ha un debito speciale da saldare verso il popolo kurdo dell'Iraq: nella Regione Autonoma dell'Iraq sono rimaste circa 20 milioni di mine antiuomo, quasi tutte di produzione italiana (Valsella, di proprietà della FIAT). Queste mine continuano a provocare circa 200 vittime al mese, in gran parte bambini, secondo i dati di Emergency, Associazione per l'aiuto alle vittime civili della guerra con sede a Milano, mentre il governo italiano non ha ancora preso alcun provvedimento per lo sminamento delll'area, nonostante le numerose richieste fatte nel tempo dall'autogoverno kurdo. Chiediamo infine che il governo italiano, nell'ambito dell'Unione europea si faccia carico di affrontare questi problemi insieme agli altri stati". Graziella
Bronzini
Valeria Schrader
Iole
Pinto
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o | Pubblichiamo
un appello col quale tre associazioni tentano di evitare che l'Italia,
nell'appoggiare la giusta sospensione dell'embargo economico all'Iraq,
dimentichi per l'ennesima volta la repressione continua del popolo kurdo
e nel prendere una decisione buona e urgente - per porre fine alle sofferenze
dei cittadini iracheni - finisca anche con l'appoggiare
il regime violento e liberticida di Saddam Hussein. Negli ultimi mesi infatti è stata condotta una campagna capillare, accolta dalle testate più diverse, senza che la richiesta di fermare l'embargo sia stata collegata a una condanna del regime di Baghdad e alla difesa del popolo kurdo che è diventato carne da macello nel silenzio pressoché totale delle diplomazie, delle agenzie umanitarie internazionali e dei mass media. Il
21 giugno uno schieramento trasversale ai Poli ha approvato alla Camera
una mozione - con parere contrario del govenro - contro l'embargo, due
settimane prima
(21
giugno 2000)
Il
viaggio
La Hiroshima
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