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editoriali

La parata militare in un paese che la merita
Chi si stupisce del 4 giugno forse ha dimenticato che un anno fa l'Italia era in guerra...
 

   Stupisce un po' lo stupore, certo non l'indignazione, di alcuni per il ripristino della parata militare del 4 giugno a Roma in occasione della festa della repubblica, ora celebrata anche alla tv di stato con gli spot dei poveri bimbi-viva l'Italia.

   Lo stupore stupisce, perché non si vede come mai si dovrebbe rinunciare alla parata militare in un paese che un anno fa era serenamente in guerra "per" il Kosovo (stiamo vedendo com'è andata a finire), con buona pace degli ecopacifisti di governo (certo, forse la popolazione era in maggioranza contraria - vallo a sapere... - ma allora che democrazia è?). Un paese in cui la presenza militare, financo un certo sguardo "poliziesco" dello stato sui suoi cittadini per bene (meno, magari, sui malfattori), è tutt'altro che impalpabile. L'Italia dei raggelanti documenti politico-programmatici di colonnelli dei carabinieri, l'Italia del nonnismo mortale, delle schedature, delle deviazioni, della rinnovata esaltazione dei valori della patria, del mito della brava gente ma della censura dei film sulle atrocità d'epoca coloniale(e su quelle commesse dopo si tende a minimizzare o insabbiare: ricordate le torture anni '90 in Somalia?), della professionalizzazione dell'esercito maschile e femminile (propagandata anche con iniziative di piazza) e del vuoto di un dibattito abolizionista come se una società senz'armi non fosse più nemmeno un'utopia ma un non-pensiero. 

  E la parata sarà simbolo, anche, dell'Italia grande piazzista d'armi, come le mine sulle quali ogni giorno salta qualche bambino curdo nel nord dell'Irak, vicenda coperta dal silenzio di tomba, appunto, della stampa e della politica.

   L'elenco dell'Italia militare e militar-burocratica potrebbe continuare e farsi lungo, ma probabilmente qui si è già resa l'idea. Allora, stupirsi del 4 giugno? No, un paese così sarebbe ipocrita se non facesse la sua bella parata militare davanti alle autorità rispettose della divisa e cariche d'orgoglio. Evviva la sinistra al governo!

   Chi s'indigna con stupore per il triste ritorno del 4 giugno forse farebbe bene a interrogarsi di più anche sugli altri 364 giorni militari e soprattutto a chiedersi come trasformare lo sgomento e la condanna in progetti, come fanno i nonviolenti europei quando lavorano alla creazione dei corpi di pace per la sicurezza comune, e in azioni civili concrete rivolte anche alla denuncia "attiva" della situazione nazionale, delle spese militari, degli investimenti bellici, delle esportazioni di morte, del dominio delle logiche da caserma sia pure ammantate di una patina di "umanità" perché riciclate nel business della pace (o della guerra umanitaria).

   Oltra la contestazione delle parate militari (protesta comunque lodevole) urge lavorare di più per (ri)costruire almeno una vaga speranza di società in cui le parate siano davvero fuori luogo. 

(z. s.)


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