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Venezia, il "vu cumprà" in galera
La denuncia della Rete antirazzista: "Ecco come si criminalizzano i più deboli"
 

   "Il 26 giugno scorso 4 ragazzi, 3 senegalesi ed un guineiano, vengono arrestati dai carabinieri di Venezia sorpresi nella zona di San Marco e stazione FF.SS. nell'esercizio del commercio abusivo di borse: nessuno di loro ha opposto resistenza ai carabinieri, tutti erano sconosciuti alle forze dell'ordine veneziane. Quella che sembrava una normale e finanche rituale operazione repressiva, a cui siamo purtroppo abituati, si è rivelata essere presto qualcosa di ben più grave. Il giorno dopo i giornali titolano "Presi i boss dei senegalesi": in poche parole tutto il mercato delle borse in città sarebbe gestito da alcuni capi che taglieggerebbero i
propri connazionali, riscuoterebbero il pizzo ecc.
   Ovviamente nulla di tutto questo è vero e la stampa ha un'unica fonte e cioè i carabinieri i quali presumono, suppongono, fanno illazioni ma non provano niente perché non c'è niente da provare. Si limitano a rilevare la pericolosità sociale dei senegalesi (tutti non solo i 4 arrestati) sulla base di dichiarazioni di gondolieri, commercianti delle grandi marche il tutto avvalorato dagli articoli della stampa locale. Si suppone la presenza di fantasiose organizzazioni piramidali, rapporti con associazioni malavitose: peccato che non siano documentabili. Basta questo perché gli arresti vengano confermati (per ricettazione di poche borse dal marchio
contraffatto), perché i ragazzi rimangano in carcere e probabilmente per molto tempo.
   Che un ragazzo di vent'anni, giunto da poco meno di un mese in Italia, non
possa essere il boss descritto da alcuni giornalisti sembra fin troppo evidente così pure altrettanto ovvia è l'assenza in Venezia di un'organizzazione che regola e gestisce il mercato delle borse al di fuori dei singoli individui che svolgono tale attività. I produttori dei falsi non vengono toccati, colpito duramente invece l'ultimo anello della catena, quello più debole ed indifeso, i venditori, tali per necessità e
soprattutto assolutamente non pericolosi per la collettività.
   In realtà quanto sta avvenendo è più semplicemente frutto della rabbiosa
reazione delle case produttrici (Missoni,  Valentino, Fendi ecc.) alla recente sentenza della cassazione che ha depenalizzato il reato relativo alla vendita di marchi contraffatti in quanto trattasi di falsi palesi e quindi oggettivamente impossibile per chiunque essere tratto in inganno. Accogliendone gli ulteriori esposti i carabinieri veneziani, non potendo ignorare la sopracitata sentenza, hanno dovuto accreditare gli arresti con elementi a dir poco opinabili (pericolosità sociale, presunta organizzazione malavitosa, ricettazione) ma evidentemente sufficienti per
tenere della gente in carcere.
  Quando la necessità di dare soddisfazione ad interessi superiori porta ad ignorare non solo il buon senso ma anche la dignità stessa delle persone, considerate alla stregua di criminali, non si può che provare rabbia e disgusto.
   Mille volte abbiamo ripetuto che vendere borse non costituisce turbativa dell'ordine pubblico, che esiste una relazione percentualmente rilevante tra clandestinità e commercio abusivo, che i vu cumprà non sono i padroni della città ma che questi sono ben altri come ben altre sono le truffe che le città come Venezia riservano ai turisti, che l'incapacità di proporre soluzioni concordate per contenere il fenomeno della vendita abusiva lascia spazio solo ed unicamente a operazioni repressive non condivisibili... lo ripetiamo ancora una volta richiedendo infine una maggiore serietà anche alla stampa locale che fin troppo facilmente ha infierito senza diritto di
replica su chi a nostro avviso per condizione reale di subalternità non riesce mai a far sentire la propria voce e le proprie ragioni".


o A proposito di "delitto e castigo" riportiamo il comunicato diffuso dalla Rete antirazzista di Venezia, a margine di una conferenza stampa tenutasi venerdì 14 luglio, per protestare contro l'arresto di quattro venditori ambulanti nel capoluogo veneto.
 

Testimonianza dalle prigioni della Sardegna

Sistema penale,
la proposta
abolizionista

Nils Christie,
il carcere come
controllo sociale

(14 luglio 2000)
 
 
 
 

 

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