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L'arancia blu: Sachs e
l'economia leggera
Incontro con l'ecologista tedesco: possibile
rendere sostenibile il sistema senza rifondarlo?
Wolfgang Sachs, uno dei massimi esperti mondiali nelle tematiche relative allo sviluppo sostenibile, attualmente direttore dell’istituto per il clima di Wuppertal, ha aperto qualche giorno fa alla facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Trento l’ottava edizione di un corso di specializzazione in gestione ambientale, dedicato per la terza volta, su esplicita richiesta degli studenti, allo sviluppo sostenibile. L’opzione di
Sachs in favore di un’economia leggera (cioè un’economia i cui beni
siano prodotti utilizzando sempre meno input, in termini di materiali,
energia, spazio, e generando al tempo stesso sempre meno ricadute negative
sull’ambiente, cioè meno rifiuti o scarti di produzione) si rifletteva
anche sullo stile adottato dal relatore nel condurre il suo intervento:
niente slides e altri ausili didattici, a loro modo spesso superflui, se
si considera che “viviamo in una società di immagini, quindi le
immagini sono già nella nostra testa, e l’oratore non deve fare
altro che evocarli”.
Quindi l’immagine della terra vista dallo spazio, che campeggia in ogni convegno dedicato allo sviluppo sostenibile, ma ultimamente anche in tante pubblicità di società di telecomunicazioni, ci richiama due cose. I limiti fisici del globo terrestre, limiti sui quali l’ecologia da tempo cerca di richiamare la sua attenzione, ovvero risorse, spazio, possibilità di scaricare all’esterno gli scarti dei nostri processi di produzione e così via. Ma l’immagine ci parla anche di globalizzazione; rinvia cioè simbolicamente al fatto che oggi possiamo spostarci in ogni direzione, che possiamo comunicare da un capo all’altro del pianeta, che possiamo insomma facilmente sconfinare”. Ed è qui, nel
binomio limiti-sconfinamento, che si annidano a detta di Sachs le contraddizioni
più forti del nostro modello di sviluppo. Non a caso da un lato
il mondo – anche attraverso le conferenze internazionali sull’ambiente
susseguitesi negli ultimi anni, Rio, Kyoto ecc. - sembra aver preso coscienza
della necessità di un nuovo paradigma, di una nuova opzione forte
un favore della sostenibilità; dall’altro però persegue una
filosofia economica di fondo tesa proprio alla rimozione dei limiti e dei
vincoli, una filosofia che si incarna nelle strategie commerciali messe
a punto dalla WTO (World Trade Organization), orientate al liberismo più
totale.
Sachs indica tre possibili
prospettive per perseguire questo obiettivo. In prima battuta si tratta
di pensare a come produrre beni e servizi in maniera ecointelligente. Negli
ultimi due secoli l’economia si è sforzata essenzialmente di produrre
sempre più cose con il sempre minor numero di persone (adottando
tecnologie “capital intensive” o “technology intensive”). Ma anzichè
ridurre il numero dei lavoratori coinvolto nei processi produttivi bisognerebbe
ridurre la quantità di input impiegati, nonché di scorie
prodotte. Un piccolo esempio portato da Sachs riguarda i detersivi: alcuni
anni fa nei supermercati il consumatore si trovava di fronte a muraglie
di fustini, oggi (grazie essenzialmente ad un'inversione di tendenza della
multinazionale Procter & Gamble) solo a piccole scatole. Lo stesso
servizio è stato insomma assicurato riducendo i volumi, quindi le
quantità di materiali impiegati.
Il just in time degli ultimi anni, in effetti, è un sistema che ha ridotto i costi per lo stoccaggio delle scorte a carico delle imprese, ma scaricandoli su tutta la cittadinanza, in termini soprattutto di Tir circolanti sulle nostre strade. Certo è che la mobilità è un “must” della nostra epoca, ed è difficile ipotizzare che la rinascita dei territori auspicata da Sachs possa contrastare questo trend. Tuttavia è vero che ad esempio alcune tecnologie legate alla produzione di energia (solare, biomasse) possono venire implementate localmente senza la necessità di incrementare la voce trasporti. Ed è assolutamente condivisibile l’appello a riciclare, riparare, reingegnerizzare, di contro alla tendenza di mercato all’usa e getta. Infine Sachs ha posto l’accento sulla necessità di consumare oculatamente; del resto, limitare i consumi risulta necessario anche al fine di consumare meglio, perché il grosso ostacolo oggi alla soddisfazione che un consumatore può trarre da un bene è dato dalla mancanza di tempo necessario alla sua fruizione. Ciò può essere particolarmente vero per l’economia “virtuale”, fondata su internet; navigare in rete comporta un grosso impiego di tempo, e così ad esempio leggere un testo scaricato dalla rete, o ascoltare della musica digitalizzata. Come si vede,
Sachs non è un’utopista e non propone soluzioni rivoluzionarie (gli
estimatori di Beppe Grillo ritroveranno nelle sue teorizzazioni molti dei
ragionamenti e finanche degli esempi concreti che poi il comico italiano
“volgarizza” nei suoi spettacoli). Chi (come lo scrivente) è orientato
a strategie riformiste, troverà in esse una buona dose di saggezza.
Chi invece propende per i cambiamenti di rotta radicali le troverà
solo parziali, insoddisfacenti. Su questo, sarebbe interessante sentire
il parere di tutti i frequentatori di questo sito
|
o | Uno
dei più noti ricercatori ambientalisti, direttore dell'istituto
Wuppertal tedesco, propone una conversione ecologica del sistema economico
senza tuttavia metterne in discussione i principi informatori.
Un approccio pragmatico, una strategia riformista che può dare qualche speranza nell'umanizzazione dei processi processi produttivi e dei consumi, con conseguente miglioramento della qualità della vite e allontanamento dello spettro dell'entropia. Ma anche un approccio che può deludere chi è convinto che la violenza (contro l'essere umano e contro la natura) sia un vizio di fondo di un sistema di convivenza sociale che ha mutuato le sue regole dall'economia capitalista e in questo trova uno dei suoi limiti strutturali più evidenti. Il
dibattito è aperto. Sul tema Nonluoghi pubblica anche
(9
maggio 2000)
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