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Guerra
del Golfo, dieci anni dopo i kurdi sono dimenticati
Se anche gli opinionisti "di sinistra"
sono complici di una tragica rimozione storica...
di IOLE PINTO * Guerra talmente intelligente che nei dieci anni successivi ai quarantotto giorni di bombardamento ha continuato a uccidere la popolazione civile irachena, un milione e mezzo di donne e bambini, concentrando nel contempo sempre più potere e ricchezze nelle mani di Saddam Hussein e di un regime criminale e sanguinario come pochi nella storia del Novecento.
Dispiace constatare che in queste commemorazioni non ci sia stata parola
o immagine per richiamare alla memoria, almeno come sorta di "effetto
collaterale" di quella guerra, l'esodo di circa due milioni di kurdi iracheni,
l'esodo più vasto che la storia contemporanea ricordi. La rimozione
storica è preoccupante, sempre.
Credo doveroso ricordare che questo è stato. Il 3 marzo 1991, dopo la fine della Guerra del Golfo, e a seguito dell'insurrezione degli sciiti nell'Iraq meridionale, i Kurdi insorgono conquistando tra il 6 e il 14 marzo quasi tutte le citta kurde. I kurdi iracheni erano stati, fin dalla metà degli anni settanta, oggetto di un vero e proprio sterminio sistematico da parte del regime di Saddam Hussein, con deportazioni di massa, bombardamenti chimici, violente persecuzioni. La campagna di genocidio di Saddam Hussein contro i Kurdi aveva il nome di una sura del Corano: Al Anfal, che significa 'bottino' , prede di guerra: Lo sterminio dei Kurdi veniva cioè legittimato dal regime di Saddam Hussein come 'guerra santa' contro gli infedeli.
Il 27 marzo del 1991 Saddam Hussein sferra la sua contro offfensiva contro
i Kurdi che provoca l'esodo di un milione e mezzo di Kurdi verso
l'Iran e mezzo milione di Kurdi verso la Turchia. Fuggivano a piedi, bombardati
dagli iracheni, anche con armi chimiche.
Il 5 aprile del 1991 il consiglio di sicurezza dell'ONU vota la risoluzione 688 che condanna la repressione dei civili iracheni. Whashington proibisce tutte le operazioni civili irachene al di sopra del 36.mo parallelo. La linea arbitraria del 36.mo parallelo lasciava oltre il 60 per cento della popolazione kurda senza protezione, ed in particolare il milione e quattrocentomila Kurdi che si erano rifugiati in Iran, ma copriva la maggior parte delle case dei circa cinquecentomila Kurdi che si erano rifugiati in Turchia, escludendo la zona petrolifera di Kirkuk, per dissipare i timori delle potenze confinanti di una possibile istituzione di uno stato indipendente kurdo nel nord dell'Iraq.
A dieci anni dalla guerra del Golfo la Regione Autonoma del Nord dell'Iraq,
la 'no-flying zone', è di fatto un lager, dove vivono rinchiusi
tre milioni e mezzo di kurdi, ricattati dalle potenze confinanti, che non
hanno mai visto di buon grado la presenza di una regione autonoma kurda
in Medio Oriente, stritolati dall'isolamento internazionale e da un duplice
embargo, quello degli Stati Uniti nei confronti dell'Iraq e quello dell'Iraq
nei confronti del popolo kurdo.
Credo sia doveroso che queste cose siano ricordate per tutti i bambini di nome Karowan che vivono in Kurdistan, e sono tanti, e oggi compiono dieci anni. Nati nelle carovane dell'esodo, mentre le loro madri e i loro fratelli non ce l'hanno fatta.
A loro chiedo scusa, per essere stati dimenticati dai nostri media, e dal
mondo intero.
*
Iole Pinto è membro del Comitato
di solidarietà con il popolo kurdo (Siena)
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o | Cronaca
del viaggio in Kurdistan di Iole Pinto Il
massacro
L'Iraq,
l'embargo
Il megaprogetto idroelettrico turco che devasta le comunità kurde Halabja,
La
tortura
(22
gennaio 2001)
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