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pensieri

Le autonomie orwelliane
Trento e Bolzano "speciali" e più uguali degli altri, le Dolomiti spaccate a metà
 

di ZENONE SOVILLA

  Sono interessanti le riflessioni di Pier Aldo Vignazia (l'Adige del 14
agosto scorso) sulla creazione di una «regione dolomitica» che si dovrebbe
sostanziare in un rapporto più stretto fra le tre province dell'area.
Vignazia si richiama anche alle spinte autonomistiche diffuse in provincia
di Belluno con lo sguardo rivolto alla situazione di Trento e di Bolzano.
E' giusto osservare che la questione dolomitica, tema finora assai
marginale, meriterebbe maggiore attenzione, considerato che stiamo parlando
delle amministrazioni pubbliche che gestiscono una patrimonio ambientale
dell'umanità. Tuttavia, la prospettiva che indica Vignazia nasce da un
postulato sul quale il dubbio sarebbe lecito, anzi, d'obbligo. Cioè, che
Trentino e Alto Adige vadano considerate come un modello da imitare di
sviluppo socioeconomico. La necessità di abbattere le barriere che fin qui
hanno ostacolato il dialogo interprovinciale sulle Dolomiti, non implica l'
autonomia speciale come prospettiva ideale per quest'area. Appare, cioè,
perdente l'idea di fondo di rendere anche la provincia di Belluno più uguale
delle altre italiane, di montagna o di pianura.
A questo punto, di là dalle pur sacrosante valutazioni di equità e giustizia
nella redistribuzione nazionale delle entrate fiscali, vale la pena fare
qualche considerazione sulle caratteristiche economiche, sociali e politiche
del modello trentino-altoatesino. Va premesso, in questo quadro, che in
realtà solo nelle grandi linee la regione Trentino Alto Adige può
considerarsi un'area omogenea: molteplici e macroscopiche sono le differenze
fra le due province, a cominciare naturalmente dalla questione etnica che
Trento non ha e che Bolzano ha risolto con una sorta di separazione che
garantisce benessere materiale (ma anche enormi frustrazioni) a tutti,
creando così una vasta maggioranza consenziente a un potere monocratico e a
un sistema politico animato più dai sentimenti del sangue e del suolo che
dalle idee o dalle residue ideologie. Nelle grandi linee, si diceva, è
tuttavia possibile individuare le similitudini fra Trentino e Alto Adige: in
primo piano, la monocultura del turismo e il ruolo dell'intervento pubblico
diretto e indiretto - spesso poco limpido - nell'economia. Questo stato di
cose, sedimentatosi con il perpetuarsi dell'autonomia speciale a mezzo
secolo dalle origini, se da un lato ha garantito una forma di crescita e di
benessere collettivo, dall'altro sembra aver funzionato come strumento
inibitore nei riguardi di buona parte delle potenzialità economiche
regionali che avrebbero potuto accentuare una diversificazione delle
attività. Inoltre, sembra innegabile che la gestione dell'autonomia, con le
sue dinamiche sociopolitiche interne (lo sguardo rivolto a un passato
proiettato in un presente traboccante di «peculiarità locale») e quelle
rivolte all'esterno (la necessità di assumere un ruolo utile alla difesa
della «specialità», anche a costo di valicare i confini del fantastico),
abbia in qualche modo catalizzato l'isolamento culturale, soprattutto del
Trentino che - a differenza dell'Alto Adige, con buona pace dei rètori del
Grande Tirolo - non ha riferimenti identitari né sbocchi dialogici a Nord
(discorso a parte meriterebbe la crisi profonda degli italiani altoatesini).
Il risultato è che alcune manifestazioni del mondo culturale e politico in
Trentino sembrano più le rappresentazioni di un museo etnografico che di una
realtà sociale in fermento. Per fortuna, la vita quotidiana non è la
rappresentazione che di essa danno gran parte della politica e della
cultura, che sono forti elementi di conservazione in un quadro sociale
eterogeneo (per aree geografiche, ideali, comportamentali) ribelle alle
semplificazioni imposte dalla difesa dell'autonomia locale nel nome di
storia, usi e costumi «comuni».
  Molti fermenti piccoli e grandi del mondo reale finiscono così imbrigliati
o quantomeno sfuggono al campo visivo pubblico, ci sono ma non appaiono, non
contano; dunque non esistono ufficialmente. Cultura e politica, in questo
quadro, hanno lavorato per l'isolamento. Gli stessi parlamentari eletti in
Trentino Alto Adige, più che semplici membri delle assemblee legislative
nazionali sembrano spesso meri ambasciatori-sindacalisti delle rispettive
Province, a costo di sfiorare il patetico nel nome della tutela di interessi
localistici. Un isolamento evidente, per tornare allo spunto offerto da
Vignazia, anche nei contatti mancati con la vicina provincia dolomitica di
Belluno: separati in casa. Per parte sua, Belluno, paradossalmente, forse
anche grazie all'autonomia negata, ha potuto sviluppare il tessuto economico
montano in modo più ramificato (sia pure dominato nell'industria da settori
come l'occhialeria) generando, alla fine, un benessere materiale collettivo
non dissimile dalle due province autonome.
   Aggiungere una terza provincia alla situazione per alcuni versi «drogata»
di Trento e di Bolzano appare, oggi, una sconfitta culturale e politica, un
comodo rifugio nel passato di cui si ignora il fallimento filosofico, un
segnale di egoistico disinteresse nei riguardi delle altre aree montane dell
'Italia. Sul piano della tutela dell'ambiente, uno dei temi sollevati da
Vignazia, va rilevato che Trento e Bolzano difficilmente possono
considerarsi un modello. Il grande luna park delle piste da sci, il disastro
delle cave di porfido, le interferenze per una riduzione - nel nome dell'
autonomia gestionale - della tutela in parchi come quello dello Stelvio, il
fallimento di altri progetti di aree protette, l'elevata pressione
turistica, la mancata conversione dell'agricoltura chimica: solo alcune
delle zone d'ombra della politica ambientale adottata dalle due Province
autonome.
In altre parole, l'equazione autonomia speciale uguale sviluppo
ecocompatibile per la montagna appare a dir poco semplicistica. Altro
sarebbe aprire una discussione sulle prospettive dell'autonomia di Trento e
Bolzano (che tra l'altro sono sull'orlo di un divorzio regionale), un
confronto onesto che non dovrebbe prescindere dai privilegi economici
ingiustificati che rendono alcuni più uguali degli altri. Solo dopo questo
passaggio, certamente arduo, si potrebbe aprire l'indispensabile scenario di
una regione dolomitica che oggi si scontrerebbe inevitabilmente contro il
muro di gomma della difesa dell'autonomia speciale e della identità
territoriale che non la genera ma ne consegue: mettere davvero in
discussione i privilegi non conviene e non si fa... Oltretutto, oggi,
parlare semplicemente di tutela «speciale» per i cittadini di Trento,
Bolzano e Belluno, che sono tra i più benestanti d'Italia, appare a dir poco
imbarazzante.
Tutto ciò detto, si può intanto cominciare più sommessamente a interrogarsi
sulla gestione della montagna. La concorrenza fra le province delle Dolomiti
si è risolta in una corsa all'imbarbarimento del turismo - invernale
soprattutto - con una grande gara del proliferare di piste, impianti,
mega-collegamenti (spiace leggere che il Dolomitisuperski sarebbe un
esempio - forse l'unico - di fattiva cooperazione dolomitica...). Urge
intrecciare i contatti trasversali, servono uno scambio e nuovi canali di
dialogo culturale e politico fra Trento-Bolzano e Belluno, raffrontare le
esperienze (anche le Università possono assumere un ruolo centrale in un
processo di questo tipo), migliorare le vie di comunicazione (il treno
Primolano-Feltre, per esempio, resta una chimera), indagare i percorsi dell'
ecoturismo, mettere in discussione con il confronto ravvicinato la
«fossilizzazione» che alimenta ed esporta il mito dell'autonomia speciale ma
che in realtà difende un privilegio essenzialmente economico. Primi, piccoli
passi concreti: un'apertura all'esterno, alla «diversità» dei vicini di casa
(che tanto diversi poi non sono proprio...), che può servire anche a
catalizzare una discussione seria sulle prospettive dell'autonomia speciale.
E' tempo di smetterla di sottrarsi «elegantemente» a un confronto con la
realtà e la complessità delle cose: le mistificazioni o le semplificazioni
sul potere salvifico dell'autonomia hanno fatto il loro tempo. Lo stato di
cose attuale finirà col risultare economicamente insostenibile. Prima di
allora sarà utile interrogarsi seriamente - tutti insieme - su quale altro
senso dare all'autonomia.


o Questo commenol è stato pubblicato dai quotidiani l'Adige di Trento, del quale l'autore
è redattore,
e il Mattino
di Bolzano.

Corporativismo
in Trentino di Francesco Merz

L'Alto Adige
della separazione
etnica

Il Trentino
dell'autonomia
speciale:
la democrazia
dall'alto.