le campagne

Un'altra autostrada sulle Dolomiti? No grazie, dateci il trenino
 


   L'autostrada di Alemagna incombe sulle Dolomiti un po' come una spada di Damocle che pende sulla testa di montagne tanto delicate che finirebbero distrutte se su di loro si abattesse quella lama.
  Bisogna stare all'erta, perché non sono pochi i sostenitori di questa nuova ferita in unmicroambiente delicato e irripetibile come l'arco dolomitico. Si rischiano tragiche alleanze trasversali, politiche ed economiche, che possono in un batter d'occhio rendere di nuovo attuale il pericolo di una striscia d'asfalto fra i monti.
   Il perché è presto detto: il mondo turistico bellunese disturbato dalle code che - sempre nei soliti week-end "caldi" invernali ed estivi - rendono per i turisti poco piacevole l'avvicinamento o il rientro dalle piste da sci o dai sentieri sui monti; il mondo industriale bellunese e della pedemontana/pianura settentrionale veneta che vedrebbe di buon occhio un canale diretto per l'export verso la Baviera; parte del mondo politico e dell'imprenditoria turistica altoatesina che vorrebbe liberarsi dei Tir che intasano l'Autobrennero e disturbano il flusso turistico (anche qui code e incazzature a non finire, sempre nei week-end a rischio, ovviamente).

  Bene, allora, se un'offensiva ci sarà, meglio prepararsi. Prepararsi a dire no, ovviamente, al prolungamento della A27 (già a suo tempo scappò di mano lo scempio compiuto con i viadotti del Fadalto): il microambiente dolomitico, un patrimonio mondiale, non può sopportare un'aggressione come  un'autostrada (tanto meno se la "filosofia" progettuale è rappresentata dai massacranti viadotti suddetti). 

  Di recente si è in qualche modo accodato ai retori dell'autostrada, sia pure con distinguo e precisazioni successive visto il clamore negativo suscitato dalla sua dichiarazione, l'europarlamentare verde Reinhold Messner: si proprio così, per uno dei pochi rappresentanti del movimento ecologista a Strasburgo sembra che in fondo la A27 fino in Austria sia una soluzione da prendere in considerazione (la ferrovia sarebbe ritenuta una ipotesi difficilmente percorribile in tempi rapidi) e per evitare fibrillazioni, a parte quelle inevitabili fra i suoi colleghi di partito, Messner precisa che gli altoatesini non devono preoccuparsi perché si può fare un tunnel dal Bellunese che spunta in Austria (e qui sarebbe bello capire se c'è una visione unitaria dell'ambiente dolomitico o se massacrare da una parte va bene purché se ne bypassi un'altra...). 

   A Messner vale la pena intanto di fare un'osservazione sui contenuti della rappresentanza democratica: probabilmente dietro i pochi voti con i quali comunque Messner è stato eletto ci sono cittadini in maggioranza contrari sia a un'autostrada in mezzo alle Dolomiti, sia alla caccia romanticamente difesa dall'europarlamentare scalatore, sia ai bombardamenti Nato sulla ex Jugoslavia e forse anche ad altro. Quindi, in tempi di accentuazione del problema della delega e della partecipazione democratica (si pensi alla deriva "maggioritaria") forse Messner avrebbe dovuto valutare meglio, prima di candidarsi, il target elettorale cui andava a rivolgersi (esistono molti altri partiti che non sono espressione del movimento ecologista: se si hanno idee divergenti da alcuni valori centrali del movimento ecopavcifista, perché bisogna per forza imbarcarsi con i verdi, dove appunto una serie di posizioni politiche - teoriche e preatiche - può comprensibilmente considerarsi scontata, col rischio di tragici equivoci nella delega elettorale?).

  Sul merito, Messner sembra occuparsi più dei contenitori che dei contenuti dei problemi e qui si distingue nettamente dalla visione dell'ecologismo, utopico e non. Banale esempio di pensiero tradizionale, lontano dall'approccio ecoloogista e  ancora ben rappresentato nei partiti politici: se il problema è che in montagna ci sono i turisti in coda (tra l'altro pochi week-end all'anno), facciamo nuove strade; se le banane arrivano in nave ad Amburgo invece che a Gioia Tauro, facciamole scendere in Italia sui Tir al minor costo possibile per l'imprenditore e di conseguanza a spese della collettività (facciamo l'Alemagna, contiamo i morti sulle strade, le malattie da inquinamento eccetera); se una lavatrice la costruiscono a puntate spostandone i pezzi in mezza Europa, facciamo finta che vada bene perché ne guadagna il consumatore che la pagherà meno all'ipermercato, mentre in realtà sono a suo carico tutte le spese collettive (strade, sanità, soccorsi...) occulte ma non troppo, compreso il più alto rischio di malattia. Nel caso delle Alpi, per esempio, l'intermodalità gomma-ferrovia può valere tanto per le merci quanto per i turisti e per questi ultimi può valere comunque la combinazione trasporto privato-trasporto pubblico (anche su gomma). Se vogliamo evitare l'affollamento si può partire da queste ipotesi di lavoro e bene fa la Provincia di Trento - se non era solo una boutade - a studiare già la possibilità di introdurre il numero chiuso per le auto (non per le persone) nelle zone particolarmente a rischio. Va ripensato il rapporto turismo-montagna e queste emergenze ci possono aiutare a farlo. Anzi, ci costringono.

   Nel merito, poi, dell'Alemagna, Messner tra l'altro sottovaluta l'esistenza di un progetto ferroviario, la Calalzo-Dobbiaco, (anzi, di due ipotesi, una più realistica ed economica per il trenino leggero, l'altra per una vera ferrovia pesante) che potrebbe risolvere molti dei problemi di accesso alle Dolomiti del Cadore e di Ampezzo. Ma sembra dimenticare anche i dati ripetutamente diffusi dal suo conterraneo Helmuth Moroder, esponente della Cipra (Commissione internazionale per la difesa delle Alpi), uno dei massimi esperti italiani sulle problematiche dei trasporti, circa l'attuale sottoutilizzo della rete ferroviaria italiana di valico alpino per il trasporto di merci (siamo a poco oltre il 30% di un potenziale che da solo coprirebbe il fabbisogno di spostamenti in Italia). Allora, adeguare (dal punto di vista del traffico da gestire e della tollerabilità acustica per chi abita lungo la ferrovia) la rete ferroviaria non sarebbe un' iniziativa faraonica. 

   Ne vogliamo parlare invece di lanciare provocazioni sulle autostrade (e poi magari nascondere la mano)?
   Vogliamo parlare anche di miglioramento della viabilità esistente? Facciamo pure, ma che non sia una scusa per portare sulle Dolomiti orientali i Tir che non possono più passare al Brennero: qui il problema è la politica dei trasporti in Europa (come ma anche perché si spostano le merci) e nel caso italiano il sottoutilizzo delle ferrovie per le merci, come spiega bene Moroder. Allora, sia pure migliorata, resa più scorrevole per turisti e residenti la rete viaria dolomitica. Ma si creino anche nuove opportunità per chi vuole rilassarsi in montagna nel tempo libero: i parcheggi con servizi navetta, i treni dalla pianura alla montagna (triste, tristissimo capitolo), il predetto progetto rispolverato ma non si sa quanto del ripristino del collegamento ferroviario da Calalzo di Cadore a Dobbiaco attraverso l'intera Valle del Boite e Cortina d'Ampezzo, un trenino utilissimo per il turismo, una sorta di metropolitana di montagna, agile e funzionale.

   Allora, se vogliamo seriamente aprire un capitolo nuovo sulla vita (anche economica) in montagna, sull'intelligenza di uno sviluppo sostenibile nel tempo, bene. Se qualcuno rinuncerà come ha fatto finora alla fantasia e tornerà alla carica sul prolungamento dell'autostrada A27 tout-court (lo hanno fa con cadenza programmata, per dire, anche l'assessore regionale veneto al turismo Floriano Prà - un ex democristiano agordino ora forzitaliota - e gli si accoda il sindaco di Bolzano Gianni Salghetti di centrosinistra che vuole liberare l'Autobrennero dai Tir), allora scoprirà che saremo in molti a gridare il nostro no. E a proporre, però, in alternativa, molto altro, di meglio e di più economico per il benessere degli esseri umani e della natura. 

    Considerato che il livello di rischio sembra elevarsi, tanto più se addirittura nei Verdi c'è chi ipotizza l'Alemagna, nonluoghi valuta di farsi promotore di un manifesto contro l'autostrada sulle Dolomiti e per la mobilità e il turismo intelligenti.

(zenone sovilla)

(30 gennaio 2000)


   o Tranquilli (ma non troppo), questa per fortuna non è ancora una campagna ma solo un appello
a tenere alta la guardia visto che con cadenza ravvicinata i rètori dell'asfalto e dello sviluppo a senso unico riparlano dell'autostrada di Alemagna come soluzione di tutti i mali (a seconda dei punti di vista, il male delle code cui sono costretti qualche week-end all'anno i turisti diretti o provenienti dalle splendide montagne bellunesi; il male delle code di turisti sull'Autobrennero ai piedi dei ridenti monti dell'Alto Adige e allora, idea, spostiamo i Tir, non certo i turisti, nel Bellunese; il male di qualche giro in più cui sono costretti i camion delle imprese dell'alto Veneto per andare in Germania. Tutti mali che valgono bene il sacrificio di un patrimonio naturale mondiale come le Dolomiti, no? No pasaran!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sulla ferrovia come alternativa
per una mobilità
intelligente
puoi andare anche a un articolo di 
Ivan Beltramba

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