Frequento le palestre del volley da alcuni decenni e mi rendo conto che non sarò molto originale dicendo che una delle variabili più irritanti è sempre stata la presenza di atleti “sbaglioni”.
Spesso fisicamente molto dotati, ma altrettanto spesso preziosi alleati dell’avversario. Attacchi forzati a prescindere (quindi fischioni in volo verso le tribune); servizi lunghi di sei metri; rifiuti equini in difesa davanti a pallette salvabilissime; ricezioni fuori-campo in stile battitore di baseball; braccia altissime sopra la rete gentilmente offerte per un block-out da manuale; palleggi e bagher d’alzata diretti al seggiolone dell’arbitro eccetera eccetera… Un repertorio di orrori che non di rado si traduce in un dato di efficienza individuale negativo per questo tipo di giocatore, malgrado i pozzi petroliferi che può aver scavato con un paio di appariscenti schiacciate sui quattro metri.
Insomma, la potenza e la dotazione fisica non sono sufficienti a fare la differenza: servono anche la tecnica in tutti i fondamentali, la solidità mentale, un approccio utilitaristico in chiave collettiva più che la smania di protagonismo soggettivo.
La pallavolo è un continuo problem solving che si svolge in frazioni di secondo. È uno degli aspetti principali che rendono così avvincente questo sport. Saper cogliere la sfida del problema da risolvere in tempo reale è l’obiettivo del pallavolista. Un obiettivo da perseguire con la consapevolezza che accanto a ripetizioni e automatismi avremo sempre anche novità e margini di miglioramento.
Va da sé che in un simile contesto il primo passo è non fare danni, non complicare il problema, non distruggere i pezzi di una possibile soluzione.
Credo che in questo senso sia fondamentale, oltre al lavoro tecnico, l’impegno sul piano psicologico, sia in termini di sicurezza di sé (variabile legata anche alle dinamiche collettive) sia di lucidità e di freddezza mentale.
Perciò ho sempre apprezzato gli atleti equilibrati, magari non particolarmente visibili per la straordinarietà delle singole giocate, ma preziosissimi in ogni reparto (marcatori di punti in attacco, alternando astuzia e potenza; garanzie in ricezione, il tocco da cui dipende tutto il resto; generosi in difesa e catalizzatori di uno spirito positivo e coraggioso; precisi e tattici al servizio, insidiosi quanto basta e anche oltre). Il tutto, naturalmente, con una grande capacità di limitare al minimo gli errori, i regali all’avversario, senza per questo offrire cambi palla o ricostruzioni sul piatto d’argento, anzi.
Cercare soluzioni per ottenere il massimo limitando al minimo il rischio di errore fatale.
Ecco uno degli insegnamenti della pallavolo.