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interviste
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"Voi tutti potete aiutare
la lotta dei sem terra"
Il Brasile dell'ingiustizia: l'avvocato
Augusto de Paula e una battaglia senza confini
Cominciamo dall'inizio, Augusto: in due parole che cos'è il movimento dei Sem Terra? E' - per quantità e qualità - la più importante organizzazione civile presente in Brasile. E' diffusa in quasi tutto il paese: lavora in 23 dei 27 stati, i militanti complessivamente sono un milione. E chi sono? Braccianti, piccoli contadini che hanno perso la loro terra per problemi finanziari con le banche o con le autorità. Oppure contadini che sono stati espropriati delle loro terre dai grandi proprietari che ne acquisiscono la proprietà con la forza oppure approfittando della precaria documentazione catastale. Così, spesso, questi latifondisti quando tra due loro appezzamenti finisce col ritrovarsi un piccolo proprietario, lo battono via, anche uccidendo i capifamiglia e costringendo alla fuga le vedove spaventate. Gli episodi violenti di questo tipo sono in diminuzione, per fortuna, proprio grazie all'attività dei Sem Terra. Se al contadino depredato, invece, va bene, la faccenda si chiude con un pagamento per la terra "venduta" pari un un cinquantesimo del suo valore... Chi appoggia il movimento? Settori della società civile, i sindacati rurali, il partito dei lavoratori, i comunisti, intellettuali, artisti, studenti, avvocati come me... Inoltre, c'è la parte più aperta e avanzata della chiesa cattolica, come la pastorale della terra (commissione giustizia e pace), legata alla teologia della liberazione. Le gerarchie ecclesiastiche, invece, in sostanza condannano le iniziative dei Sem Terra pur definendosi, ufficialmente, "neutrali", salvo eccezioni in cui la contrarietà al movimento popolare è stata esplicita. L'obiettivo pratico qual è? Ottenere una riforma agraria seria. La redistribuzione delle terre, lo sviluppo della produzione agricola attraverso l'ammodernamento delle tecniche e dei materiali a disposizione dei contadini, ancora costretti a metodi di lavoro rudimentali. Come si persegue l'obiettivo? Inizialmente si è tentata la via del confronto dialettico con le autorità: richieste, iniziative di sensibilizzazione eccetera. Senza risultato. Così, si è passati al metodo della occupazione delle terre pubbliche o private inutilizzate e di sedi simboliche dell'apparato amministrativo (per esempio, il ministero dell'agricoltura). Qual è la risposta alle occupazioni? Per lo più la repressione militare, per mano governativa e dei pistoleri assoldati dai "fazendeiros", supportati da ordini di sgombero sanciti nei tribunali. In questo periodo, tra l'altro, dopo che il governo ha deciso di applicare la legge di sicurezza nazionale (un retaggio della dittatura militare), la repressione si è fatta più dura: si arresta più facilmente, si tortura e si uccide con maggiore frequenza. Ma questo non ferma il movimento. Il governo, insomma, fa gli interessi delle oligarchie economiche. Ma se la gran parte della popolazione è tradita, perché lo vota? Va tenuto
conto di alcune cose. Innanzitutto, è vero che il socialdemocratico
Cardoso con il suo governo è, nei fatti, alleato della destra politica,
del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.
Le persone che compongono questo 60% che vita fanno, chi sono? O sono disoccupati o precari, oppure hanno un lavoro fisso ma pagato pochissimo. Il salario minimo è di 150 mila lire al mese, spesso si trattadi gente che vive nelle favelas, molti sono contadini sradicati dalle loro terre. Questi processi di sfruttamento e di povertà sono una costante degli ultimi decenni o si notano tendenze di qualche segno? Con il neoliberismo e le privatizzazioni degli ultimi anni si verifica un'accelerazione, peggiora il problema della concentrazione delle proprietà. Insomma, rispetto al periodo della dittatura militare (1964-1985) c'è una netta continuità con l'iniezione neoliberista che funge anche da ulteriore catalizzatore. In Brasile continuano ad arrivare multinazionali straniere, nel caso dell'Italia la Fiat è una presenza storica, ora sbarca anche la Telekom. Bisogna sapere che un metalmeccanico in Brasile guadagna 300-400 mila lire, che già è il doppio del salario minimo ma resta meno di un quinto di quanto prende il suo omologo italiano, per non parlare di altri paesi occidentali. La solita lotta fra "poveri", operai del Nord e del Sud del mondo, come quando a Seattle i metallurgici americani manifestavano contro le lavorazioni delocalizzate in Brasile... Faccio un esempio, quando una grande impresa transnazionale che tra l'altro fabbrica automobili voleva aprire - alle sue condizioni - uno stabilimento nuovo in Brasile, lo stato del Rio Grande do Sol ha detto di no, le autorità - al governo c'è la sinistra col partito dei lavoratori - hanno richiesto garanzie e livelli contrattuali ritenuti troppo elevati dagli investitori stranieri. Ma lo stato di Bahia, invece, ha detto di sì. Quello che dici sulla distribuzione delle risorse conferma l'impressione superficiale che si ha del Brasile, un posto dove convivono ricchezza e povertà estreme, quasi il paradigma delle sperequazioni del nostro pianeta... Infatti, il Brasile è un paese dove c'è sviluppo economico, c'è ricchezza, c'è attività; ma tutto questo va redistribuito (per fare un esempio, stando a dati governativi, l'1% della popolazione detiene quasi la metà della superficie coltivabile). Pensa che il Brasile è considerato l'ottava potenza mondiale quanto a risorse disponibili, ma qui la politica dipende dal G7 e da Banca mondiale e Fmi. Qualche spiraglio di cambiamento politico si intravede? Il 3 ottobre 2000 alle elezioni municipali potrebbero imporsi le sinistre, il partito dei lavoratori, forse si avrebbero segnali di una trasformazione che viene dal basso. Ma in tutto questo che ruolo ha ancora l'esercito? Se cambiassero davvero le cose, interverrebbe di corsa? I militari hanno conservato le logiche dei tempi della dittatura, non c'è stato un processo democratico interno. Non c'è dubbio che non lascerebbero andare una evoluzione politica avversa: interverrebbero. Non dimentichiamo che già i Sem Terra contano più di 1500 morti in dieci anni... Resta il fatto che la facciata ufficiale del Brasile è qualla di un paese "democratico"... Dal 1985 la libertà di espressione è consentita, non si esercita più la violenza diretta contro chi manifesta idee ostili al potere, i partiti di opposizione sono legali. Ma se fai un passo in più, come, appunto, le occupazioni, la repressione scatta brutalmente e il sangue scorre. Dall'estero che cosa si può fare? Per dire, ha un senso per il Brasile degli oppressi la campagna per la cancellazione del debito? In realtà,
la storia del debito non ha un concreto peso finanziario, semplicemente
perché non si pagano quelle cifre abnormi. Punto. Ciò non
toglie che il debito venga usato come strumento di ricatto politico dalla
comunità
internazionale, quindi cancellarlo significa, in un certo senso, favorire
il percorso di liberazione politica interna. Senza la leva del debito Fmi
e Banca mondiale avrebbero le armi un po' più spuntate nel dettare
direttive di politica economica.
(z. s.)
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q | Augusto
de Paula, avvocato, è nato a Bahia e negli anni '70 è stato
fra i leader del movimento studentesco brasiliano. Come avvocato si schiera
dalla parte dei ndetenuti politici e delle organizzazioni popolari di lotta
contro la dittatura militare. Oggi, nel quadro della sua attività
professionale, offre assistenza legale al movimento dei senza terra e ad
altri gruppi di azione politica democratica come Mai più tortura.
Nonluoghi
lo ha incontrato a Belluno poco prima del suo ritorno in Brasile dopo un
soggiorno di alcuni mesi in Italia nei quali Augusto de Paula ha frequentato
un corso sui diritti umani alla facoltà di scienze politiche dell'Università
(31
maggio 2000)
Aggiornamento
- Successo
del Partito dei lavoratori (Pt)
-
Nella metropoli
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percorsi |
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