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La
scuola è antiautoritaria? No, è un'azienda...
Ecco perché non può permettersi
un sette in condotta alla sua "clientela"
di LUCIANO LOCCI Si è riaperto, vivace ed intenso nelle pagine dei quotidiani, il dibattito sulla scuola italiana. E dopo lo “spinello“, si discute su alcune questioni su cui è bene riflettere. Sulla base della Carta dei diritti dello studente, il docente non può prendere dei significativi provvedimenti di carattere disciplinare che abbiano in qualche modo un riflesso sulla valutazione e quindi sul destino scolastico stesso di un allievo scorretto e maleducato. Grazie a Mario Pirani
che sulle pagine del “la Repubblica“ scrive “tornate al sette in condotta“,
si è levato un coro di bravi genitori e premurosi docenti che ricorda
quanto sia improduttivo e sterile l'autoritarismo e ribadisce che sulla
severità e sulle punizioni è impossibile costruire un rapporto
educativo significativo. Il tutto è stato adeguatamente “condito“
con lo scontato romanticismo della nobiltà della “missione“ della
professione docente, della fantastica esperienza del vivere in classe con
gli adolescenti, del sapere e degli insegnamenti che, come fiumi carsici,
riemergono talvolta inaspettati dalle parole e dagli atti degli studenti.
La correttezza,
la dignità, la lealtà, la buona educazione, il reciproco
rispetto sono dei valori che la scuola deve difendere? Se la risposta è
affermativa, allora l'allievo che si comporta con arroganza, che compie
atti di vandalismo, violenti, profondamente scorretti, deve essere, per
difendere questi principi, duramente ammonito; al tempo stesso, deve esserci
la consapevolezza che l'atteggiamento dell'allievo nel corso delle ore
di lezione, ovviamente, dipende – ma fino ad un certo punto – dal docente,
dal suo rapporto con gli studenti, fondato sull'autorevolezza e sulla chiarezza
dei ruoli, più che sull'autoritarismo o la repressione.
Il Sessantotto e il
suo viscerale antiautoritarismo non c'entrano nulla; c'entra, invece, l'idea
della scuola “azienda“, che deve preoccuparsi della “customer satisfation“,
della gratificazione dei suoi clienti: i ragazzi e le famiglie.
Due sono le vittime
principali della raffica di riforme che stanno travolgendo la scuola: allievi
e docenti. Gli allievi sono tratti in inganno perchè non si garantisce
loro una solida formazione culturale; di questo, loro, si accorgono solo
in parte e lo evidenziano a modo loro; ad esempio disprezzando proprio
quei docenti che hanno insegnato, mantenendo la classe su livelli bassi
e raggiungibili da tutti, grazie a valutazioni alte, utili per tenere buoni
ragazzi e famiglie.
Dura la resistenza nella moderna scuola riformata: una volta che il preside -manager si è calato nella parte, scordandosi del suo passato di docente, persegue sistematicamente l'obbiettivo del successo formativo. Per poter incrementare la produttività della scuola occorre uniformare il lavoro dei docenti. Ecco perchè, improvvisamente, il colloquio l'interrogazione tradizionale non basta più bisogna annullare qualsiasi discrezionalità, ridurre l'intervento personale del docente. Questo spiega l'avversione dei pedagogisti ministeriali verso la lezione frontale e verso l'interrogazione a favore di lezioni interattive multimediali e test oggettivi, strutturati ed uniformati al livello standard voluto dalla dirigenza. Si assiste ultimamente alla completa demolizione della libertà d'insegnamento del docente, alla penosa delegittimazione di ogni scarto della propria cultura personale a favore della populistica e interessata omologazione. In alcune scuole superiori questo processo di maniacale controllo del lavoro dei docenti da parte del preside manager è già ampiamente in atto: il cosiddetto registro personale del docente ha ormai ben poco di personale; non è quasi più possibile segnare l'oggetto della lezione. Se si scrivesse, ad esempio, “le cause delle guerre persiane“, il preside - manager potrebbe obiettare, come piè accaduto, che non si evince da quest'indicazione, la dinamica della lezione. Quali gli obiettivi trasversali? Quali le competenze, le abilità? Con quali strumenti è stata svolta la lezione? Ha utilizato il moderno docente i moderni strumenti multimediali? Ha almeno acceso la lavagna luminosa per proiettare ai ragazzi uno straccio di lucido? Alle spalle del principio del “monitoraggio continuo“ vi è una malcelata volontà di controllo totale sul lavoro dell'insegnante. I presidi – manager, fautori del successo formativo ad oltranza, si oppongono a qualsiasi frustrazione del “cliente“: non è possibile più bocciare un allievo; alcuni presidi, quando scorgono un voto negativo sul registro, rimproverano il professore, poichè ha senz'altro lavorato male; nessuna responsabilità viene attribuita al ragazzo, completamente deresponsabilizzato, nessuna responsabilità da parte della famiglia, che non ha mai investito nell'amore della cultura e del sapere. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Certamente sulla questione scuola verrà giocata un'importante partita politica; tuttavia, anche in questo campo le differenze tra le proposte del centro sinistra e le destre non sono rilevanti. Il centrosinistra ha realizzato questa politica di riforme scolastiche guidate dall'omologazione, dalla rinuncia alla cultura, dalla ricerca esasperata dell'incremento della produttività scolastica e di un populistico successo formativo. Ma vi è una profonda continuità tra la scuola riformata di cui oggi si discute con la scuola delle tre “i“ – internet, inglese, impresa – propagandata dal Polo. Significativo il fatto che neanche su questo punto il centro sinistra abbia proposto un'apprezzabile e convincente critica: purtroppo, ancora una volta centro destra e centrosinistra si confondono e convergono in un medesimo progetto perché espressione di una concezione analoga della società, dell'uomo e pertanto della scuola.
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o | Marcello
Bernardi
e la pedagogia libertaria Intervista del 1997 Summerhill
School
L'infelicità
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