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Salgado e il cammino degli
ultimi
A Roma il percorso fotografico nelle migrazioni:
la sofferenza e la dignità dei poveri
Tema: le migrazioni nel mondo di oggi. Il lavoro è frutto di un viaggio intorno al mondo lungo sette anni e cinquanta popoli: sradicati dalle loro radici, perseguitati e oppressi dalle guerre, dalla fame, dalle carestie. Migliaia di ultimi del mondo fotografati nella loro sofferenza, ma anche in un senso profondo della dignità. Eccoli, allora, i volti spenti dei messicani clandestini sui treni merci per raggiungere la ricca America, spesso intercettati senza troppi complimenti dalla U.S. Border Patrol; o i magrebini che cercano l’Europa attraverso lo Stretto di Gibilterra a bordo di piccole imbarcazioni, che sovente finiscono in mare e allora tutti seppelliti in una fossa comune a Tarifa, in Spagna, via tutti insieme, nient’altro che numeri. Click. E ancora, il dramma dei Curdi perseguitati in Turchia e in Irak: cercano fortuna in Germania, molti non arrivano, anzi direttamente vengono deportati (villaggio di Beharke, 1983) dai loro paesi e le loro donne ancora li cercano. Click, Click. Che dire del Vietnam, quello della realtà, non dei film? La riunificazione comunista ha spinto all’esodo migliaia di disperati, “boat people” li chiamano, rifugiati in Indonesia, in Malesia, a Hong Kong. Hutu, Tutsi? Chi di voi li ha sentiti nominare, ah sì, tempo fa al telegiornale… c’è anche l’Africa a dire la sua: guerra civile in Ruanda, sterminate un milione di persone di etnia Tutsi, centinaia di migliaia i profughi approdati nello Zaire: vivono di stenti e di aiuti della Croce Rossa. In Kenia si rifugiano invece i giovani sudanesi che sfuggono alla guerra civile: in diciassettemila affollano uno dei campi Onu. Venghino, venghino siori, vedano i fratelli Indios assediati dall’uomo bianco che abbatte foreste, inquina fiumi per cercare l’oro, porta malattie e miseria nelle culture più antiche del nostro mondo. Ecuador, Chimborazo: è la foto-simbolo della mostra, donne dell’altopiano in fila indiana si recano al mercato, i loro uomini emigrati in città per lavorare, spesso finiscono nella lordura delle bidonvilles, ai margini delle megalopoli sudamericane. Sebastiao Salgado, fotografo brasiliano dall’occhio compassionevole e l’obiettivo feroce, ha visto tutto questo. E lo ha fatto
vedere a chi non lo avrebbe mai visto. Grazie.
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Sebastiao
Salgado
(17
luglio 2000)
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