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pensieri

Napoli, brucia ancora Scampia?
Avvolti nel silezio, un anno dopo, i raid incendieri nei campi rom. Ma c'è un campo nuovo...
 

di NANDO SIGONA

   Dodici mesi fa bruciavano i campi rom di Scampia. La città distratta improvvisamente si accorse di ospitare da più di dieci anni numerosi insediamenti zingari. Nella sola Scampia ce ne erano sette e ospitavano quasi duemila persone. La mobilitazione di una sparuta minoranza di soggetti cittadini (centri sociali, gruppi, associazioni) in quei giorni riuscì ad indirizzare l'attenzione della città sulle gravi condizioni igieniche e materiali in cui (sopra)vivevano in roulotte senza ruote o in baracche fatte di plastica, cartoni e altri materiali di risulta bambini, anziani, uomini e donne.
   Prima di quell'evento drammatico molti napoletani ignoravano l'esistenza dei campi in città. Gli interventi comunali fino ad allora si erano limitati a poca cosa, la strategia utilizzata era stata l'indifferenza o se si vuole il laissez faire. Così gli accampamenti erano cresciuti, insieme con le successive ondate di profughi della lunga guerra di Jugoslavia. Serbi, bosniaci, kosovari giunti a Napoli spesso clandestinamente, senza che ci fosse mai un riconoscimento della loro condizione di profughi, che avrebbe permesso, per esempio, di accedere ai fondi della legge 390 del 1992.

   Venerdì notte e poi tutto il sabato le fiamme bruciarono i campi di Scampia.
I raid incendiari scatenati per vendicare le vittime di un incidente automobilistico causato da un giovane rom diedero vita a scene di esaltazione collettiva, molte persone scesero per strada ad accompagnare con le grida e gli applausi le macchine zingare, stracariche di bambini e oggetti, che abbandonavano in tutta fretta Scampia. 

   "Lo Stato ha lasciato ancora una volta che la camorra e la sua rete di connivenze governassero a modo loro il territorio, risolvendo con la violenza e le fiamme una situazione di disagio, profondamente sentita da ampie fasce di popolazione locale", così dichiarava un prete molto attivo nel quartiere il giorno dopo gli incendi. L'avere lasciato che i campi crescessero e si moltiplicassero, senza acqua luce e servizi igienici, ha anzi alimentato il disagio e i pregiudizi degli abitanti del quartiere sovrapponendo agli stereotipi soliti associati agli zingari la fastidiosa e concreta immagine della povertà e della sporcizia.

   Dell'indagine giudiziaria aperta nei giorni degli incendi non si sono avute più notizie, dell'interessamento del cardinale Giordano, che venne a visitare il campo suscitando l'ira degli sfrattati dei palazzi limitrofi, neanche, così come dei progetti della Provincia di Napoli che nei giorni immediatamente successivi spostò da un comune all'altro le carovane di Rom senza però riuscire a trovare un posto dove farli sistemare. Le forze politiche, dopo le obbligatorie dichiarazioni della prima ora, scelsero il silenzio. 
   Nessuno fece proposte, la sconvenienza di certi argomenti resta tale nonostante gli incendi dei campi.  Le misure adottate per gestire l'emergenza furono commisurate alla collocazione sociale dei destinatari. Poche tende senza brande, nessuna cucina da campo, nessun w.c. chimico. L'allora assessore alla Dignità del comune di Napoli, Maria Fortuna Incostante (passata recentemente alla Regione lasciando il suo assessorato vacante, a sottolineare l'importanza che la città dà alle politiche sociali) dichiarò ai giornali di avere pronta la soluzione a quanto era accaduto. "Risolveremo i problemi di convivenza con il nuovo campo nomadi dietro al carcere di Secondigliano". La struttura, promise l'assessore, sarebbe stata pronta per la fine dell'estate '99. E' passato un anno e il nuovo campo è ancora chiuso, sono terminati i lavori alle infrastrutture e si aspetta da mesi l'arrivo dei prefabbricati. Dal comune fanno sapere che forse sarebbe meglio trasferire i Rom con le loro baracche ora, perché i tempi potrebbero essere ancora lunghi.

   Dopo un anno la soluzione del Comune è il trasloco degli zingari (forse per la metà di luglio) e del "problema" che essi rappresentano. La struttura di Secondigliano, collocata tra la circonvallazione provinciale, un cementificio e le mura del carcere, e con al suo interno alcuni tralicci dell'alta tensione è stata aspramente criticata sin dall'inizio dal Com.p.a.re. (comitato per l'assegnazione e la realizzazione di soluzioni abitative non-ghetto per i Rom) e da  un cartello di gruppi e associazioni. "Un campo per 800 persone, come sarà quello di Secondigliano, è destinato a trasformarsi in un vero e proprio ghetto, tanto più che è completamente isolato dal resto della città. Anziché porre le basi per un migliore inserimento di queste persone nel tessuto cittadino, si è fatta una precisa scelta di isolamento ed emarginazione", dichiara Giovanni del Com.p.a.re. e aggiunge che tutti i tentativi fatti per convincere il Comune e le circoscrizioni a cercare altre soluzioni che partissero dal territorio per costruire una rete di relazioni positive tra comunità rom e altri cittadini napoletani fino ad ora non hanno avuto successo. Eppure di aree utilizzabili a Napoli ce ne sono, basta pensare ai numerosi campi container occupati in passato dai terremotati, o alle strutture abbandonate che con una spesa minore rispetto al campo di Secondigliano potrebbero essere convertite ad uso abitativo.
   Manca invece la volontà politica di farsi carico in maniera innovativa di una questione che non riguarda certo solo i Rom ma l'intera città. "L'amministrazione continua ad intervenire in modo assistenziale, condannando i Rom a restare in una condizione di passività", dice un altro membro del Com.p.a.re e poi aggiunge "si fa ben poco per incentivare l'attivazione delle risorse di queste persone e tantomeno la loro partecipazione reale, e non solo formale, alle scelte che li riguardano". Una critica dura nei confronti delle scelte del comune di Napoli è arrivata recentemente dal Comitato Nazionale Rom e Sinti, riunitosi proprio a Napoli il 3 giugno. "La situazione napoletana è grave. Non solo perché a distanza di un anno ben poco è cambiato ma soprattutto perché il nuovo campo, così come è configurato e localizzato, finirà per accrescere l'emarginazione e la dipendenza dei Rom dal circuito assistenziale, laico e cattolico".

   I Rom, abituati a vivere nei campi abusivi sotto la continua minaccia di interventi di polizia, sperano di avviare con il trasferimento nel campo ufficiale un percorso che li porti alla regolarizzazione della propria condizione in Italia, sottoposta ora, nel migliore dei casi, a continui termini di scadenza. 
A ciò bisogna aggiungere che il nuovo campo, definito dall'ex-assessore Incostante "moderno ed efficiente" e da un suo funzionario "un camping di lusso", offre acqua corrente, luce e servizi igienici. Questo basta a chi è abituato a non avere diritti a vedere nel campo dietro al carcere la terra promessa. Ma certo non può esimere chi spera in una città capace di costruire relazioni paritarie tra i suoi cittadini di qualsiasi provenienza essi siano dal criticare un'amministrazione che nel momento in cui non ha più potuto rinviare un intervento - è necessario, infatti, liberare le aree occupate da alcuni insediamenti zingari per aprire l'asse mediano che collegherà i comuni dell'area nord di Napoli e avviare così i piani di riqualificazione di Scampia - non ha saputo fare altro che riprodurre un modello abitativo che, come testimonia anche il dibattito a proposito della legge regionale toscana, è superato e ha prodotto ai margini delle città italiane grandi contenitori di disagio ed emarginazione. 


o Un anno fa bruciavano i campi rom di Scampia.
La città improvvisamente si accorse che da più di dieci anni nella sua periferia nord vivevano
in baracche di fortuna centinaia di persone. Poi è tornato
il silenzio. Perché l'amministrazione cittadina e i napoletani non dimentichino, il Com.p.a.re. (comitato per l'assegnazione e la realizzazione di soluzioni abitative non-ghetto per i Rom) e il Gridas di Scampia organizzano una mostra-mercato di prodotti artigianali realizzati dai bambini del campo di via Zuccarini, musica dal vivo, tammuriate, un laboratorio teatrale in strada con Rosellina Leone, la proiezione di un video sull'esperienza di lavoro con i bambini, una mostra fotografica "dai baraccati del campo Arn
di Poggioreale ai baraccati dei campi rom di Scampia".
I due giorni di festa saranno un'occasione anche per fare il punto sulla situazione dei campi e per discutere delle alternative al campo rom ufficiale in costruzione dietro al carcere di Secondigliano dove saranno presto traslocati 800 persone.
Il programma.
Sabato 17 giugno
ore 17 apertura della mostra artigianale
"ROMpi scatole".
ore 20 presentazione dell'iniziativa e proiezione del video sui laboratori con i bambini del campo
ore 20.00 festa: musica dal vivo con Luciano Russo e Contrabbanda e Pino Di Maio, tammurriate, tric-trac e giocolieri.
Domenica 18 giugno
ore 10.30 Laboratorio teatrale in strada con Rosellina Leone
ore 20.30 Spettacolo teatrale "Guyelmo el pesado", DAMM
a seguire intervento musicale di Pasquale Scialò
l'appuntamento è al Gridas in via Monterosa 90 a Scampia Napoli
per informazioni: e-mail
tel. 03494947641
- 081297125
(14 GIUGNO 2000)

 
 
 
 
 

 

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