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Un'agenda per il dopo Seattle, le proposte della Rete di Lilliput
Riflessioni sui percorsi dopo l'esperienza di Seattle
 

Riparte la macchina del dopo Seattle 

   Come era prevedibile, la macchina del dopo Seattle si è rimessa in moto. Il Consiglio generale della WTO del 7 febbraio, la prima vera e propria riunione politica del dopo Seattle, ha riavviato i negoziati su due temi, agricoltura e servizi, già in agenda prima della Terza Conferenza ministeriale, ma le cui conseguenze circa il rilancio di un nuovo Round non deve essere sottovalutato. Come ha ricordato proprio al termine dei lavori del 7 il Direttore generale Mike Moore, "questi due settori rappresentano metà della ricchezza globale e occupano i due terzi della forza lavoro planetaria". Dunque la WTO riparte da qui, ma non è tutto. 

   Pascal Lamy, commissario al commercio dell'UE, è stato tra i primi nelle settimane passate a rilanciare l'idea che il 2000, nonostante le elezioni in Usa, non debba essere un anno perduto per rimettere in piedi quanto bloccato a Seattle. 

   Per Lamy bisogna puntare ad un'agenda più limitata di quella di Seattle,"concentrandosi su una serie di temi meno controversi e meno visibili". Nella stessa direzione Mr. Moore: la WTO, ha dichiarato, "dovrà in questi mesi assumere la posa del cigno, sereno sul ciglio dell'acqua ma capace di sguazzare furiosamente al di sotto." Dunque, al di fuori dei riflettori pubblici, l'intenzione è di ricostruire un contesto di fiducia tra i paesi membri che rilanci il negoziato fallito a Seattle. Il Presidente Clinton, nel suo lungo discorso al World Economic Forum di Davos, è stato esplicito in questa direzione, compiendo una vera e propria investitura politica
dell'Organizzazione. 

 L'ambiguità della proposta italiana

   E' di queste ore anche la proposta di riforma dell'Organizzazione di cui si sta facendo latore tra Bruxelles e Ginevra il Ministro Fassino. A quanto se ne può sapere, dai primi lanci di agenzia, è una proposta che racchiude luci ed ombre. Molto positiva sembra l'idea di realizzare un'assemblea "costituita da parlamentari dei paesi membri che potrebbe stabilire un collegamento più fluido tra la WTO e i singoli parlamenti nazionali". Una richiesta che va nel senso di quello che le 1387 organizzazioni di base, la Rete di Lilliput per l’Italia, chiedevano prima di Seattle nella piattaforma STOP MILLENNIUM ROUND che ha fatto da base per i lavori del controvertice. 

   Non si può che giudicare come molto negativa invece l’idea del Ministro di dare di nuovo vita ad un’agenda "ampia" dei lavori. Occorre di nuovo essere molto chiari su questo punto. Le organizzazioni di base che hanno contestato con successo la Terza Conferenza Ministeriale della WTO non sono nemiche delle regole. Non è per timore di stabilire regole globali che ci opponiamo ad un nuovo Round ampio dentro la Wto. 

   L’opposizione ad un nuovo Millennium Round è basata sulla constatazione semplice ma evidente che la WTO non può essere arbitro del gioco perché è a sua volta giocatore. 

   1) perché non fa parte del sistema Nazioni Unite, che ha anzi esautorato su questi temi; 

   2) perché le sue regole funzionano a senso unico, "il commercio uber alles", mentre è possibile in Fora diversi scrivere regole diverse, ispirati a priorità diverse come dimostra con grande efficacia la recente vicenda di Montreal, un successo impensabile fino a prima di Seattle; 

   3) perché tutte le sue sentenze vanno nella direzione unica di favorire le grandi imprese sulla sicurezza dei cittadini, il commercio sull’ambiente naturale, il nord sul sud; 

   4) perché infine si tratta dell’Organizzazione meno trasparente di tutte, come ha dimostrato a Seattle la vicenda della "stanza verde" da cui erano esclusi i paesi più poveri, la più penetrabile alle influenze delle grandi imprese, la più soggetta ai diktat del cosiddetto QUAD, il gruppo composto da USA, UE, Giappone, Canada. 

   Seattle ha dimostrato che non è sovraccaricando di temi controversi questa Organizzazione che si risolvono i problemi di legittimità politica. "Chi vi ha eletto per scrivere le regole?", si diceva per le strade di Seattle. O la WTO, i governi, le ong, i sindacati, sapranno formulare una risposta all’altezza di questa domanda o la crisi di legittimità di questa Organizzazione si farà irreversibile.
Impensabile dunque rilanciare oggi un’agenda ampia, senza aver dato una risposta a questi problemi di fondo. Per riprendere Clinton a Davos, sarebbe suicida non ascoltare la sveglia che proveniva dalle strade di Seattle. La proposta di una nuova agenda ampia, oltre che isolata, ci pare andare in direzione opposta a questo necessario ascolto delle ragioni della protesta. 

Che cosa chiediamo dopo Seattle

    La vicenda Montreal, la rinegoziazione dei rapporti UE-ACP a Bruxelles in senso meno sfavorevole del previsto, lo spostamento del dibattito sulla globalizzazione su temi più legati alle drammatiche contraddizioni sociali e ambientali che apre l’economia globale, rappresentano il follow-up positivo di Seattle. 

    E' una vera e propria onda lunga su cui Governo, Commissione Europea, WTO, si devono collocare se intendono dare una risposta all’altezza degli interrogativi posti a Seattle dalla rivolta dei paesi del Sud e alle manifestazioni di strada. Un binomio virtuoso che ha provocato il collasso del Vertice. 

   Il quadro di queste possibili riforme deve mantenersi all’interno delle tre richieste di fondo che hanno animato il controvertice di Seattle e la piattaforma Stop Millennium Round, siglata da 1387 organizzazioni di base di 96 paesi: 

- RIVEDERE GLI ACCORDI ESISTENTI E I LORO IMPATTI IN MERITO A: sicurezza dei cittadini, paesi poveri, ambiente 

- NESSUN NUOVO TEMA (COME INVESTIMENTI E SPESA PUBBLICA) SOTTO IL REGIME WTO 

- RIFORMA DEI MECCANISMI DECISIONALI E DELLA TRASPRENZA
DELL’ORGANIZZAZIONE 

   Come Rete di Lilliput proviamo a prospettare quattro passi concreti, da subito percorribili in questa direzione. 

1. AUMENTARE IL CONTROLLO SUI NEGOZIATORI 

   La vicenda dell’Accordo Multilaterale sugli Investimenti, negoziato in segreto all’Ocse dai 29 paesi più ricchi, ha trovato triste conferma a Seattle. La pratica della green room che escludeva i paesi più poveri, il ruolo dei Commissari Europei del tutto sganciati non solo dai Parlamenti ma anche dai Quindici Ministri (come ha dimostrato l’inquietante tavolo sulle biotecnologie negoziato dai due Commissari con gli Usa all’insaputa degli stessi Ministri), la funzione del "Comitato 133" sotto il cui emblema girava la piattaforma ufficiale della UE (una tipica zona grigia in cui i consulenti di impresa sono anche collaboratori del Commissario). 

   Il deficit di democrazia e trasparenza è il primo punto su cui chiediamo al Governo di intervenire, facendosi latore di una proposta di riforma radicale dei meccanismi decisionali della WTO.
Questa riforma deve contemplare le necessarie misure finanziarie ed infrastrutturali affinché ai lavori del WTO possano essere pienamente partecipi i paesi del Sud. 

2. RENDERE TRASPARENTE E LIMITARE IL RUOLO DEI PANELS 

   E' palese che l'influenza della WTO nelle legislazioni interne dei vari paesi si e' fatta sempre più pesante: 170 leggi nazionali modificate, molto spesso a discapito della sicurezza dei consumatori (carne agli ormoni o amianto), dei paesi del Sud (banane e Trips), dell’ambiente (tartarughe, il caso più noto). 

   I meccanismi per le risoluzioni delle controversie costituiscono un chiaro esempio della mancanza di regole di trasparenza e democrazia. Il WTO consente ad un paese di chiamarne in giudizio un altro accusandolo di violare le regole del commercio internazionale. Il Tribunale per la risoluzione delle controversie e' costituito da tre persone che lavorano a porte chiuse. Il paese che perde la causa può cambiare le proprie leggi per adeguarsi alle regole WTO, può pagare delle compensazioni al paese "vincente", oppure affrontare sanzioni commerciali. Questa situazione deve essere assolutamente modificata. Chiediamo pertanto che: 

- tutti i documenti (inclusi quelli informali, i promemoria di esperti e dei membri dello staff WTO) relativi ai meccanismi di risoluzione delle controversie siano resi immediatamente disponibili alla consultazione, 

- sia stabilito un nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie che includa metodi più equilibrati nella selezione degli esperti, con accesso ai membri di organizzazioni di pubblica utilità ed esclusione di esperti coinvolti in gravi conflitti di interessi con imprese multinazionali, nelle quali spesso svolgono anche funzioni di consulenza. 

   Come dimostra la vicenda di Montreal, ai singoli paesi deve essere consentito il diritto di fare riferimento a Principi differenti, come il Principio precauzionale, da quelli sanciti dal GATT prima e dalla WTO in seguito. 

3. RIPORTARE LA WTO IN AMBITO NAZIONI UNITE 

   Nella terza conferenza interministeriale del WTO a Seattle, l'Unione Europea, in particolare il Regno Unito, con il Brasile ed alcuni paesi africani, hanno proposto la realizzazione di una speciale conferenza da tenersi entro il 2000 focalizzata sulla riforma delle regole del WTO e con lo scopo di incrementare efficienza, trasparenza e democrazia. Non ci sembra corretto che sia il WTO a innovare se stesso. Riteniamo ovviamente che la proposta abbia un suo valido fondamento perché i meccanismi di funzionamento del WTO certamente non facilitano né la trasparenza, né la democrazia dell'organizzazione. Chiediamo che la Commissione ONU sullo sviluppo sostenibile si occupi del problema del funzionamento del WTO e delle sue strette connessioni con tutte le problematiche ambientali e sociali della sostenibilità. Il funzionamento del WTO non risponde ai principi contenuti in "Agenda 21", il master plan dello sviluppo sostenibile per il 21? secolo approvato dalla conferenza ONU su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 1992 e ratificato dall'Assemblea generale dell'ONU nel dicembre dello stesso anno. 

   Chiediamo inoltre che, in sede ONU, si proceda a trasformare l'attuale Programma Ambiente (UNEP - United Nations Environment Programme), nato a seguito della conferenza ONU sull'ambiente umano tenutasi a Stoccolma nel 1972, in una vera e propria WEO (World Environment Organization) dotata di poteri più forti e finanziamenti più consistenti, che possa fornire i limiti ambientali entro cui si deve muovere il commercio internazionale. 

4. UN NUOVO CONTRATTO CON IL SUD 

   Per implementare gli accordi dell’Uruguay Round, ogni anno i 48 paesi poveri pagano al Nord del mondo un miliardo di dollari, secondo i dati Unctad. È urgente trovare degli strumenti per rilanciare l’economia di questi paesi, sempre più marginalizzati, nonostante le promesse non mantenute, dai circuiti dell’economia globale. 

   L’abolizione dei dazi (duty free) per i 48 paesi più poveri, di cui lo stesso ministro Fassino si era fatto portavoce prima di Seattle, è un necessario punto di partenza, benché insufficiente, per riaprire un dialogo serio con questi paesi. Per evitare, come ha dichiarato il Direttore dimissionario del FMI Michel Camdessus a Seattle, che anche le proposte di cancellazione del debito di cui pure si discute in queste settimane, vengano vanificate da regole commerciali inique che penalizzano i più deboli. Spiace constatare che va in direzione del tutto contraria la decisione di ieri dell’UE di imporre nuovi dazi e misure anti dumping a numerosi paesi tra cui il Sudafrica.
   Se l’UE vuole giocare un ruolo di leadershp in questo processo di riforma, deve cambiare radicalmente lunghezza d’onda. 


o Pubblichiamo l'analisi e le proposte del dopo Seattle elaborate dalla rete Lilliput per un'economia di giustizia di cui quitrovate altre informazioni de della quale riparleremo nei prossimi giorni segnalando iniziative e altri tamtam locali e globali.

(3 marzo 2000)

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