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interviste
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La sinistra italiana?
Faccia qualcosa "di sinistra"...
Intervista con Giorgio Galli: i misteri,
Andreotti, la politica ingessata, i magistrati
«La nostra Italia dei misteri può sempre contare su almeno 4 morti misteriose in quest'ultimo quarto di secolo, a prescindere da alcuni cadaveri eccellenti»: comincia così la chiacchierata con Giorgio Galli, politologo di fama, ospite nei mesi scorsi a Bolzano del grande convegno su Pasolini, cui ha dato un contributo di notevole spessore con la sua relazione lucida e precisa sulla ricostruzione del clima politico nel quale è maturato quell'omicidio e di alcuni passaggi particolarmente significativi e tuttora irrisolti degli atti processuali. E il mistero non spaventa chi, come lui, da anni va percorrendo strade alternative, mettendo in luce culture "altre"; ma questi sono davvero "altri" misteri: Pasolini, Ambrosoli, Calabresi, Pecorelli. E siamo arrivati al dunque. Dall'omicidio Pasolini all'omicidio Pecorelli il passo pare breve. «Oggi si comincia a delineare l'iter dell'omicidio Ambrosoli, a fare luce sul coinvolgimento delle lobbies economiche (oggi si è appurato, ad esempio, che Cuccia certamente ne era a conoscenza) e ad evidenziare l'estraneità della guerra fredda o del complotto internazionale. Lo stesso vale per ognuno degli altri morti ammazzati. Ricordiamoci che in questo particolare momento storico, sullo sfondo della lotta armata e delle teorie stragiste di destra e di sinistra, ci sono anche 10.000 morti per mafia, camorra e n'drangheta». Allora si tendeva ad imputare tutto e a giustificare tutto con la guerra fredda; anche Bobbio lo scrisse in un suo saggio di alcuni anni fa. Già, il clima era questo, c'era il nemico da combattere ad ogni costo; anche se poi con il nemico/Unione Sovietica si facevano affari d'oro e sorgevano fiorenti commerci. Comunque è fuori di dubbio che ognuno di questi omicidi matura in un contesto di politica interna, che non ha nulla a che spartire né con la strategia della tensione, della guerra fredda né tantomeno con le piste internazionali; la Cia ha tante colpe, ma non queste! Sappiamo bene che ognuno di essi è saldamente connesso al clima, alle vicende nazionali e locali, in particolar modo, per l'omicidio Pecorelli, alla collusione mafia-politica, al voto di scambio. Ricordiamo che lei fu ascoltato in qualità di esperto dai giudici del processo di Palermo, e ricordiamo una sua lunga intervista concessa al nostro giornale all'inizio del processo di Perugia; i tempi sembrano ormai lontani, e la domanda scontata: "L'assoluzione di Andreotti è anche un'assoluzione della DC?" Precisiamo. Innanzitutto va detto che sarebbe stato doveroso dare la notizia da parte della stampa in termini più corretti, e cioè come "sentenza di primo grado": "assolto in primo grado" sarebbe suonato molto diverso. In secondo luogo questo non è mai stato un processo alla DC. Io lo scrissi all'inizio del processo di Palermo. Fui convocato proprio dal giudice Caselli durante la prima fase del processo poiché era ritenuta interessante la mia particolare conoscenza e attenzione dell'attualità politica. Ma avevo scritto già nel remoto '74, ben 25 anni fa, quando lo stesso Pasolini dalle pagine del Corriere scriveva il suo celebre "Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra...", che occorreva, allora, attuare un ricambio politico al più presto, e istituire processi ai singoli uomini politici che avessero avuto precise colpe. In questo, il mio pensiero era diverso da quello di Pasolini, ma tant'è: non si fece nulla per molto tempo ancora. Lei parla quindi di informazione non corretta. E' evidente. C'è stata una corsa in massa di tutte le più importanti testate giornalistiche e radio-televisive alla beatificazione di Andreotti, mentre la più superficiale delle letture degli atti processuali di Perugia e di Palermo basterebbe da sola a gridare vendetta contro questo modo capzioso di informare. Ma come? Cossiga già parla dei suoi 6 anni di calvario, e di conferire al senatore una qualche carica istituzionale; e nell'apoteosi generale nessuno aspetta di conoscere le motivazioni della sentenza. Con gli ampi
consensi assolutori di un'informazione scorretta, come dice lei, la magistratura
sembra non uscirne molto bene: da un lato le dimissioni del presidente
dell'Associazione Nazionale Magistrati, Martone, accusato di non aver sufficientemente
appoggiato i suoi magistrati, dall'altro Vitalone immediatamente reinserito
nel suo incarico; e Caselli che abbandona la partita prima del termine
per dedicarsi ad altro incarico...
E' detto forse in maniera un po' forte, ma resta il fatto che, con un diverso comportamento globale della sinistra sui casi Previti e Dell'Utri, la magistratura si sarebbe sentita più appoggiata e incoraggiata e la difesa meno sicura di sé. Ma finché il Comitato di Presidenza della Camera dà ragione a Previti contro i giudici di Milano, ognuno capisce che non c'è speranza. A cosa è dovuto principalmente il debole sostegno alla magistratura dell'opinione pubblica? E' indubbio che da anni viene sistematicamente sviluppata una massiccia campagna dei media contro la magistratura; ora dobbiamo tenere presente che la stampa oggi rappresenta l'economia, il potere economico italiano, che per motivi chiaramente individuabili ha deciso che non è più il caso di appoggiare l'operato della magistratura. Pare che ci sia un disegno più o meno esplicito, una specie di filo rosso che unisce, sulla stampa, la vicenda Andreotti a "Tangentopoli". Questo significa il preludio al fatidico colpo di spugna?" Forse non proprio colpo di spugna, ma è abbastanza probabile che tutto il massiccio lavoro che ha portato ai risultati di Tangentopoli finisca con molte prescrizioni. Abbiamo già visto il caso All Iberian. Appunto. Va detto che ciò dipende dai tempi effettivamente elefantiaci della giustizia italiana e da come molti giudici organizzano il loro lavoro; è ben vero che certi magistrati hanno le loro responsabilità in questa lentezza. In più, i nostri codici di procedura sono talmente complicati che non è difficile per ogni buon avvocato trovare cavilli tali da mandare in prescrizione ogni processo. E l'unico che lo abbia spiegato a chiare lettere in questo frangente è stato Di Pietro. E' questo che ormai pensa l'uomo comune? Indubbiamente. Ma, come abbiamo visto, non è solo una questione tecnica; è anche una questione di manipolazione dell'informazione unita ad una generale disaffezione dell'elettorato. Servono a capire il calo di consenso quei 4 milioni di astenuti. Opinione pubblica ed elettorato, dopo 7 anni, si sono rassegnati, hanno capito che non c'è' più nulla da fare. Che non c'è più una classe politica alla quale dare un mandato. Allora possiamo dire, a parziale difesa dei media, che essi rispecchiano oggi la delusione generale del cittadino, dopo aver in qualche modo contribuito ad accenderne le aspettative di rinnovamento? Possiamo senz'altro dirlo; perché la stampa, forse nemmeno intuendone allora l'effettiva portata, aveva appoggiato all'inizio quel processo di rinnovamento che sembrava essersi avviato nel paese; quando ancora ci si illudeva che qualcuno avrebbe raccolto in maniera positiva il mandato politico che l'elettorato gli aveva trasmesso. Poi, nulla è successo, e alla stampa, come dicevo, è riuscito facile e conveniente cavalcare oggi il diffuso senso di impotenza, rassegnazione, disaffezione. Pare di capire che, da qualunque lato lo si osservi, anche l'operato della sinistra non ne esca bene... Credo che l'opinione pubblica possa legittimamente chiedersi se era giusto e se si voleva dare un mandato a DS per trovarsi oggi in balia di personaggi che poco hanno a che spartire con la sinistra (leggi Mastella e Cossiga). E credo sia innegabile constatare la disperante incapacità della classe dirigente della sinistra a gestire la politica. Che cosa resta da fare oggi e che cosa si sarebbe dovuto fare, a suo parere, nei mesi precedenti? Oggi più nulla, direi. Ieri si sarebbero potute dare le autorizzazioni a procedere contro Dell'Utri e Previti; e D'Alema, con il segnale che aveva ricevuto con le europee del 13 giugno, avrebbe dovuto iniziare allora, e quindi su basi diverse, quel tentativo di riaggregare la maggioranza di governo che sta maldestramente tentando adesso. Perché tanto spazio dei media per Cossiga? Perché i nostri poteri forti, che avevano investito su D'Alema e oggi paiono intenzionati a non ripetersi, hanno visto che lui comincia a prenderne le distanze, e danno spazio quindi a chi dimostra di aver capito. Chi sono gli eredi della vecchia DC? L'erede politico della vecchia DC è oggi Forza Italia. La partita poteva essere aperta ancora nelle elezioni amministrative del '97, in cui il Polo appariva in difficoltà. Allora si poteva pensare che si aprisse uno spazio per un nuovo partito di centro, erede della DC. Ma oggi la situazione è cambiata, e per questi brandelli della vecchia DC sembra non esserci più spazio. Resta qualche speranza alla sinistra? Se si arriva
alle politiche del 2001, sarà molto difficile convincere quei 4
milioni di non-votanti, quelli che si sono stancati di votare contro, di
non poter essere costruttivi e propositivi con il loro voto; occorrerà
che la sinistra ritrovi e riproponga certi argomenti tipici della sua storia,
e lo faccia in maniera convincente.
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o | Pubblichiamo
un'intervidsta raccolta all'inizio dell'anno in cui il politologo
Giorgio Galli esamina la situazione politica e i suoi intrecci più o meno sotterranei con alcune pagine giudiziarie degli ultimi decenni. (10 aprile 2000) |
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