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interviste
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Dario Fo: "Gli intellettuali?
Si diano una mossa!"
Fo, vien fatto di chiedersi quali siano i suoi sentimenti nei riguardi dell'Italia, come si sono trasformati negli anni mentre lei denunciava i vizi della maggioranza consenziente e dei grandi burattinai: dal boom economico al Sessantotto, dalla strategia della tensione (con il dramma familiare che avete vissuto) al compromesso storico, fino a Tangentopoli e al governo dell'Ulivo. Che cosa è cambiato? «Ma non cambia niente. La lotta va avanti con la sua rabbia. Che cosa vuoi che cambi quando, dopo trent'anni, salta fuori che i carabinieri addirittura hanno organizzato vergognosi atti criminali. La situazione peggiora: c'è un'indifferenza folle davanti a chi detiene il potere». Ma oggi, con la sinistra al governo? «Si sperava che questo consentisse non dico di scoperchiare le tombe, ma almeno di aprire gli armadi pieni di scheletri. Invece, siamo sempre lì, a dover aspettare che trapeli qualche cosa. E spesso è solo per caso che emergono verità inquietanti. Oppure, perché esistono giudici che da vent'anni, invece di perder tempo, continuano imperterriti a scavare in profondità: siamo davanti allo slancio straordinario di alcuni individui ma non a una volontà diffusa nelle istituzioni». Lei, con sua moglie, si è fatto carico di combattere personalmente molte battaglie civili: ad esempio, per la revisione del processo Sofri (al quale dedicherà uno spettacolo), contro i rischi delle modificazioni genetiche o ancora per smascherare i crimini di stato che segnano la storia di questo Paese. Ora arrivano notizie raggelanti circa il coinvolgimento di militari italiani nelle violenze subite da sua moglie 25 anni fa... «Oggi arriva la conferma di ipotesi che si facevano già vent'anni fa ma che nessuno si era preso la briga di verificare. Non solo si parla di alti ufficiali che assoldarono i neofascisti per quell'atto di violenza contro Franca Rame, ma emerge addirittura che l'indicazione venne da ministri della Repubblica, che ora sono indicati da un generale come i responsabili». Oggi come sta sua moglie? «E' sconvolta. E non crediate che per me sia facile affrontare tutto questo. In ogni modo, oggi, la cosa più impressionante è che accuse di questa portata rischiano di rimanere sepolte come molte altre pagine buie della storia d'Italia: le stragi, le bombe, i testimoni scomparsi, i processi insabbiati, gli apparati deviati dello Stato. Ci sono le forze dell'ordine che fanno il loro dovere, servitori onesti dello stato che sono anche morti per combattere la criminalità. Poi, però, ti accorgi che accanto a loro operavano gli apparati oscuri della strategia della tensione, insieme con il terrorismo neofascista, per sfasciare lo stato e ricostituirlo su basi autoritarie. Ora bisogna diffondere queste verità, farle conoscere ai giovani, spiegare loro che oltre alla violenza di estrema sinistra la nostra storia recente ha subìto un'altra forma di eversione sanguinosa. Solo mettendo a nudo queste verità inquietanti si potrà sperare in una reale crescita civile del nostro popolo. Una nazione che non ha il coraggio di "ripulire" la sua storia è una nazione senza storia». Un invito a ogni cittadino di questo paese... «Un invito a impegnarsi per una causa di civiltà: l'individuo si sbaglia, se crede che la soluzione dei problemi di un paese arrivi dall'alto. No, ognuno deve buttarsi nella mischia, lottare al fianco dei deboli, sia nella propria nazione sia nel quadro internazionale che vede molti popoli soffocati dai centri di potere politici e soprattutto finanziari. Insomma, non mollare mai, per contribuire a una reale crescita collettiva». Lei lo fa soprattutto con il teatro. Ma oggi, nell'era telematica, crede che questa formula comunicativa sia ancora efficace, penetrante? «Ne sono convinto: la gente ha bisogno di arrivare alla consapevolezza attraverso atti fantastici, non bastano i richiami severamente razionali per suscitare un moto di civiltà...». E in questo ambito, come s'inserisce la televisione? «Non c'è proprio. La tv è stata massacrata, non ce la fa. Non si è riusciti a trovare una formula di spettacolo in grado di coinvolgere la coscienza dello spettatore. Credo che l'unico esempio veramente in controtendenza siano state le serie di fiction sulla mafia, che hanno saputo toccare la sensibilità della gente, anche se qualcuno, trattandosi di realtà romanzata, avrà avuto qualche dubbio sulla veridicità di quei racconti». A proposito di impegno e di ruolo dell'arte, Claudio Magris avverte di non fidarsi troppo delle capacità degli intellettuali di capire la realtà e di trarne le conseguenze: molti hanno preso abbagli storici, come Hamsun con il nazismo, rischiando di annebbiare e anestetizzare chi vedeva in loro la chiave interpretativa per avvicinarsi alla verità. Lei, invece, con le sue battaglie ha dimostrato che l'artista può ancora risvegliare le coscienze, anche in questi anni stanchi di fine secolo nei quali si è riaccesa la polemica sul ruolo degli intellettuali... «Ciò che conta è la coerenza. Poi, non so dove si voglia arrivare con questo discorso sugli intellettuali. Ci sono sempre quelli che giudicano gli altri senza impegnarsi personalmente: comincino a darsi da fare anche loro, ad agire, a muoversi. Se poi saltano da una situazione culturale o politica all'altra, svicolano e infine si mettono in cima alla torre a proclamare diktat... Ecco, serve che ognuno che fa questo mestiere si prenda carico del peso che può avere nella società un discorso corretto. Tutto qui, il resto sono soltanto menate». Dario Fo premio Nobel non teme di finire troppo presto come un "classico moderno", ingessato nei libri e nei teatri dalla sua stessa celebrità? «Ormai, mio malgrado, sono diventato anch'io un classico, uno di quelli che normalmente diventano intoccabili, non più fonte di variazioni sul tema. Per quanto mi riguarda, spero che questo processo ritardi il più possibile, che si continui a buttare all'aria con la massima agilità i miei testi: vorrei fossero considerati non definitivi bensì come canovacci per una ricerca continua sul teatro...». |
o | Un
incontro con il premio Nobel della letteratura, per parlare dell'Italia
e dei suoi tragici segreti di stato, del teatro e del ruolo degli intellettuali
di fronte all'ingiustizia.
L'incontro è avvenuto nell'inverno del 1998 in occasione della rappresentazione a Trento del Mistero buffo. |
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i percorsi |
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