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Manila, vivere e morire in discarica
La frana di rifiuti sulla bidonville, una tragedia simbolica e un po' ignorata
 

di MARIA ANTONIETTA SORRENTINO RIZZO

   Spazzatura seppellita da altra spazzatura': con questo titolo avrei dato la notizia della tragedia delle Filippine. Titolo provocatorio per quei morti della bidonville di Manila. Che importa se il loro numero cresce di ora in ora (ormai si parla di 150 cadaveri), che importa se a pagare sono ancora i più disperati. 
   Sono decenni che le Filippine subiscono un saccheggio sistematico, da parte degli stessi filippini e delle 'multinazionali', delle risorse ambientali.
   Erosione è la conseguenza della deforestazione selvaggia che ha depauperato
il 75% delle foreste presenti anni fa. La gente del posto non ha trovato nome più idoneo di  "Terra promessa" per quel luogo di dannati, sorto a ridosso della discarica che è la loro unica fonte di "sostentamento". Casa e lavoro, si potrebbe sintetizzare sarcasticamente.
   Pensare che la valanga di fango e rifiuti, causata dalle piogge scatenate dal tifone
Kai-Tak, ha interessato solo un lato della discarica, dell'altezza di 15 metri e
vasta quanto tre campi di calcio. Definirla un massacro è un eufemismo. Ma in questa estate ora torrida ora piovosa i telegiornali hanno altro da pensare.
C'è spazio per il  Gay pride e il dopo Gay pride, c'è spazio per la visita del
Papa e la discussione sull'amnistia e l'indulto. Quanto spazio è stato
dedicato a questa notizia e agli approfondimenti di tipo socioeconomico che richiedeva? Oppure lo spazio da riservare alle notizie dipende dal numero dei
morti e dalla loro qualità ?


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(13 luglio 2000)
 
 
 
 

 

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