copertina notizie percorsi interviste libri musica inchieste calendario novità scrivici
percorsi

Chiapas, i villaggi della povertà e del terrore militare
Lettera di un volontario italiano: così governo e multinazionali soffocano una comunità
 

di ALEX FAGGIONI

   Chi è nato ed ha sempre vissuto nella società del benessere spesso fatica
a comprendere le vere, inconfutabili ragioni della povertà. Certo, ogni stile di vita e' legato a delle problematiche: i cittadini del cosiddetto primo mondo si preoccupano di avere un guardaroba ben fornito di capi che piu' o meno rispettano la tendenza attuale, si preoccupano di avere una bella casa, una bella automobile, un telefonino per ogni membro della famiglia. La cosa  triste e' che purtroppo questo stilie di vita non e' riservato a tutti gli uomini che calpestano questa terra. 

(Chiapas, 1999, foto di Claudia Dorkenwald)


   Qui in Chiapas il tenore di vita della gente non e' molto diverso da quello dei loro antenati di cinquanta, cento, cinquecento anni addietro. Un Paese stupendo questo dove non esistono le stagioni cosi' come noi le intendiamo ed il tempo scorre alternando mesi di sole a mesi di pioggia continua. Madre natura ha deciso di compiere un capolavoro stupendo che per paradosso e' ora parte della rovina delle popolazioni autoctone indigene che rappresentano un terzo dei tre milioni di abitanti dello stato.
  La gente vive in capanne di fango e legno con il tetto di paglia ed il pavimento di terra battuta. I bambini corrono a piedi nudi, ricoperti di stracci luridi rammendati dieci, cento, mille volte, giocando nel pantano tra escrementi di maiali e galline. Troppo, troppo spesso qualcuno di loro si ritrova con un pancione enorme gonfio di aria e parassiti, gradevole conseguenza dell'acqua contaminata dall'ameba, una malattia intestinale che fa espellere escrementi simili a diarrea mista a sangue e che, anche quando viene curata, lascia  ciccatrici perenni nell'apparato digerente.

  La speranza di vita media alla nascita si aggira attorno ai quarantacinque per le donne e di poco aumenta per quanto riguarda gli uomini. La mortalita' infantile e' elevatissima ed e' causata da malattie che da noi non preoccupano più da tempo. Tosse, tubercolosi e  parassiti qui sembrano un flagello biblico. Si mangia tutti i giorni riso e tortillas, un impasto di acqua calce e mais. Per lavorare la milpa gli uomini si devono svegliare alle cinque della mattina e percorrere a piedi sotto l'acqua, il sole o la pioggia fino a tre ore di cammino.

Un chilo di caffè pagato meno di una tazzina al bar in città

   Il raccolto non e' sempre garantito e le colture sono totalmente assoggettate ai capricci del tempo. Non migliore e' la sorte riservata a chi lavora il caffe' dato che le grandi imprese che speculano nel settore non pagano il prodotto piu' di otto pesos al chilo quando in citta' una sola tazza la si paga dieci. 
   Inutile dire che i trattori non esistono neppure nella fantasia dei campesinos. Certo questo non e' lo stile di vita delle grandi citta' turistiche perche' il governo li si dà molto da fare per accogliere calorosamente gli stranieri; li fa sentire a proprio agio con ristoranti, sale giochi, pub e discoteche.

   No; la poverta' ed il pauperismo cosi' densi che quasi li si puo' toccare con le mani sono privilegi riservati agli indigeni invisibili, nascosti, discendenti da quelle civilta', considerate estinte, che per un altro inaccettabile paradosso sono ora una fonte ingente di introiti per un governo meschino che se da un lato si alimenta col loro mito, dall'altra li stermina facendoli affogare nella  poverta'. Per il governo gli indigeni non sono altro che suppellettili folkloristiche da esibire lungo le rotte turistiche che vendono il mito Maya.

   Tuttavia e' lontano da queste che la realta' sconcertante ti abbaglia e ti accieca come la luce di un esplosione atomica. E' per rifiutare questo stato delle cose che nel '94 un gruppo armato di contadini ha invaso quattro municipi dichiarandoli autonomi. Il pretesto e' stato quello dell'entrata in vigore di un accordo di libero commercio siglato tra USA, Canada e Messico che ha spianato la strada di questo Paese agli interessi delle multinazionali straniere.
  Di fatto ora l'economia e' palesemente controllata da questi imperi economici.
Si nota per strada dove quasi tutti i mezzi che circolano sono Volkswagen o Ford; si nota nei supermercati dove gli scaffali sono colmi di prodotti Nestle', Colgate Palmolive e bibite della the Coca Cola company che per dovere di cronaca costano meno dell'acqua purificata. Si nota nelle sigarette, onnipresenti le Marlboro, e si nota nelle pubblicita' della Pepsi e della Coca Cola dipinte su tutte le pareti delle citta' e sulle assi delle capanne piu' disperse che sembrano crollare per il solo effetto di uno sguardo.

Le terre rubate

   Ma cosa puo' importare se l'economia di sussistenza degli indigeni e' vincolata al possesso della terra quando chi si propone di fondare un latifondo la farà fruttare tre, cinque, dieci volte piu' di quanto possa fare un campesino con la zappa il machete ed il sudore? Gli stranieri hanno il denaro che permette di comperare gli appezzamenti in cambio di titoli di proprieta' nuovi di zecca redatti infischiandosi del fatto che c'e' chi quella terra la lavora da decine e centinaia di anni. Gli indigeni non hanno documenti, la maggior parte  di loro non possiede neppure un carta d'identita'. Per questo non possono votare, espatriare, possedere. 

  Fare registrare un figlio all'anagrafe costa trecento pesos, circa sessantamila lire. Lo stipendio medio di un campesino si aggira sui seicento pesos mensili e cio' significa che per ottenere un semplice documento questa gente e' costretta a lavorare quindici giorni. L'invisibilità non e' un' invenzione fantascientifica e questa gente ne è la prova. Chi ne  avrebbe il sacrosanto diritto non ha accesso a quelle immense risorse idroelettriche che forniscono il cinquanta per cento dell' elettricita' che utilizza tutto il Messico. Né tantomeno riceve benefici dai giacimenti petroliferi e di gas naturali presenti sul territorio. Gli indigeni si possono pero' consolare pensando alle piante officinali della Selva Lacandona, che a loro non servono a nulla, ma che per fortuna andranno a gonfiare i conti bancari delle multinazionali statunitensi che speculano nel settore farmaceutico. 

La militarizzazione e il terrore

   Questa strategia, basata sul liberalismo economico, da al Paese quel tocco di modernita' che rende felice la ristretta elite borghese soffocando nella miseria tutti
gli altri. Ma c'e' di piu'. Ad aggravare questo stato di miseria sociale si aggiunge la militarizzazione della Regione.
  L'esercito zapatista che dal '94 ha dichiarato guerra al governo per rivendicare i diritti inalienabili dell'uomo fino ad ora negati agli indigeni, ha nel corso degli anni riscosso molte simpatie a livello internazionale creandosi un punto di forza nell'unita' dei poveri e nella costante opera di controinformazione essenziale per mantenere viva l'attenzione pubblica. Se le prime fasi di questa lotta furono caratterizzate da una massiccia guerra per annientare militarmente il nemico, ora il governo ha cambiato strategia. La nuova tattica si chiama guerra di bassa intensità ed ha radici ben salde. Sperimentato in Vietnam e perfezionato dall'intelligencia statunitense, questo metodo lento ma inesorabile per spezzare la rivolta viene sapientemente utilizzato ora dal governo messicano per mantenere un immagine internazionale apprezzabile e continuare a tappare la bocca di chi vuole gridare liberta' e rispetto ai quattro venti. Una strategia che non si basa piu' sull'attacco frontale del nemico ma che si appoggia all'azione di squadroni paramilitari addestrati e finanziati ufficiosamente dal governo per compiere il lavoro piu' sporco della controinsurgencia. 

  Cosi' successe ad Acteal dove vennero trucidate quarantacinque persone per la maggior parte donne, vecchi e bambini che si trovavano raccolte in preghiera. Altro metodo utilizzato in questo conflitto e' quello di creare una fitta e capillare rete di controllo territoriale: l'esercito federale messicano e' composto da centocinquantamila unita' delle quali il quaranta per cento operative in Chiapas. I posti di blocco sono innumerevoli e vengono istituiti col pretesto di combattere il traffico di armi e di droga, ma le ragioni che impongono una militarizzazione  tale del territorio vanno ricercate in una politica che mira al controllo di tutta la geografia chiapaneca. Per questo si e' creata la PFP (polizia  federale preventiva), un organo poliziesco che di fatto e' un distaccamento dell'esercito con funzioni e mezzi molto simili a quelli dei militari e che possiede uno statuto redatto appositamente per arrivare la dove non puo' l'esercito federale. I militari costruiscono strade per arrivare nelle roccaforti zapatiste e si instaurano nei villaggi col pretesto di sviluppare iniziative sociali mentre la PFP viene inviata nella selva per piantare alberi o spegnere incendi.

Il governo vuole spaccare la comunità indigena

  Un altro punto cruciale di questa strategia e' il tentativo di sgretolare l'unita' indigena offrendo aiuti economici a chi rinnega lo zapatismo. Sono molti che si fanno comperare da un pacchetto di riso, un po' di fagioli, un sacco di cemento per poter finalmente calpestare qualcosa di diverso dalla terra battuta di sempre. Come li si puo' biasimare? Quando si e' sul fondo anche una minima spinta verso l'alto puo' risultare enorme. I villaggi si dividono: quelli che resistono non comprendono le ragioni dei venduti oppure non le trovano ammissibili, sufficienti. Una linea invisibile separa questi uomini. 
  Poi ci sono gli stranieri. Una polizia migratoria espelle dal Paese chi viene sorpreso lontano dai percorsi turistici. Nulla deve trapelare. L'opinione pubblica mondiale non deve sapere. 
  Un accordo commerciale sta per essere firmato tra UE e Messico; una clausola ne vincola l'attuazione al rispetto dei diritti umani ma a Bruxelles non importa la realta'. Preferisce credere alla versione ufficiale del governo messicano. Poco importa che anche Mary Robinson, esponente dell'ONU comissario per le politiche sui diritti umani, ha definito inaccettabile questa situazione dopo un sopraluogo in loco. 

   Tutto ok. Ancora una volta i fatti dimostrano che il denaro e' piu' importante dell'uomo. Anche se queste cose accadono  lontano dalla nostra vita agiata, non possiamo sprofondaci i sensi in un egoismo perpetuo all'insegna del detto occhio non vede, cuore non duole. Questa mia testimonianza e' un tentativo per risvegliare la coscienza della gente perche' credo che in quest'epoca di disinformazione preservare un senso critico sia essenziale quanto l'aria che respiriamo.
 

Messico, Stato del Chiapas,  San Cristobal de las Casas, 11 giugno 2000



o Riceviamo dal Chiapas con preghiera 
di pubblicazione una toccante
corrispondenza
di Alex Faggioni, che, rientrato in Italia dopo questa esperienza in Messico, 
presterà servizio civile all'estero in zone di guerra partecipando all'Operazione Colomba dell'associazione riminese Papa Giovanni XXIII
 
 
 
 

 

copertina
notizie
 percorsi
interviste
i libri
musica
inchieste
calendario
novità
scrivici