di
ROBERTO CARVELLI
Se tradurre
è tradire possiamo dire che res extensa presentare è
presenziare? Strasì
almeno a giudicare dalla presentazione romana del
Divo Asor Rosa, letterato
altrimenti interessante ma che in questa
sera fineinvernale ha con
sé lo stuolo degli allievi ammiratori
di una vita a cui pare bene
presentare la summa del pensiero del critico
con interventi fiume che
travalicano l'ora e proiettano noiosamente
la discussione in un barocco
e vergognoso «vado a concludere... ora
concludo... sono alle conclusioni...
ho finito» ripetuto ben oltre il
sopportabile e comunque
nella seconda ora della tarda serata di un
giorno faticoso per tutti.
Il mediologo (sic!) peraltro al secolo
geniale, non se ne avvede
o non se ne dà cura e ormai è tardi per
attendere le parole (nella
teoria più centrali) dell'Autore che sparisce
nel coro dei tributi al
suo pensiero - peraltro giustificati - e ce
ne andiamo sicuri che andare
alle presentazioni è un po' morire...
Così
il tempo (tema stesso del discettare del mediologo) ci suggerisce
che per noi umani protenderci
nella memoria dei presenti e dei futuri è occupare
minuti, terze pagine di
giornali, spazi di tavole rotonde e no... dando per inteso
che i patti col diavolo
si fanno con questa manovra diversiva vieppiù per
chi allo scorcio di una
vita cerca un'ultima proroga.
Noi, in età
della ragione lasciamo il latino ozio da happening
ai pensionandi vertici del
nostro Sapere che preferiamo rimandare
a lettura sicuri che lì
più governabile sarà il tempo dell'apprendimento
di un sottomesso tributo
al presenzialismo che ci ricorda noi studenti
a fare la prima fila plaudente
dei nostri Amati Professori Senili
e speriamo non noi futuri
a chiedere tempo al tempo come si occupa
più posti al cinema
sperando arrivi qualcuno o che comunque nessuno
si sieda vicino a noi.
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