i
percorsi
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Capitini e la rivoluzione
nonviolenta
Più volte fino ad oggi sono state fatte rivoluzioni, e ci sono quelli che vogliono anche ora fare una rivoluzione. Noi non abbiamo paura di questa parola, anzi ci diciamo senz'altro rivoluzionari proprio perché non possiamo accettare che la società e la realtà restino come sono, con il male, che è anche sociale, ed è l'oppressione, lo sfruttamento, la frode, la violenza, la cattiva amministrazione, le leggi ingiuste. Rivoluzione vuol dire cambiamento di tutte queste cose, liberazione, rinascita come persone liberate e unite. (da "Rivoluzione aperta")
Voi avete ragione di essere insoddisfatti di questa società sbagliata e ingiusta, ma come potrete voi cambiare tutto e subito con le vostre mani? volete distruggere le persone che vedete come avversarie, e anche quelle che sospettate di non essere rivoluzionarie? volete che la rivoluzione avanzi con le stragi, le torture, il governo assoluto di un gruppo che impedisca a tanti altri di parlare, di informarsi, di fare critiche, di vivere? Noi vogliamo una società di tutti, e cominceremo con l'ammazzare migliaia? vogliamo una società amorevole, e cominceremo col coltivare e stimolare l'odio? vogliamo una società libera, e aumenteremo la tirannia, l'assolutismo? vogliamo un fine buono e pulito, e useremo mezzi sporchi e terribili? (da
"Rivoluzione aperta")
La soluzione marxista, pur essendo più vicina alla realtà
di tutti, per la finalità universale - oltre ogni istituzione -
di liberazione di tutti, aveva il difetto di non fornire mezzi adeguati
ad una parte della società civile, quella proletaria, per realizzarsi
nel modo richiesto dalla compresenza.
(da
"Il potere di tutti")
Il
movimento socialista e comunista, pur dichiarando la sua avversione alla
violenza,
l'ha sempre giustificata come necessaria risposta alla violenza del capitalismo,
dell’imperialismo e l’ha praticata ampiamente nei rapporti sociali e politici
all’interno degli stati governati.
(da
"Omnicrazia")
@@@ Col metodo di Gandhi le armi le abbiamo già, e possiamo cominciare subito la rivoluzione, le armi dell'unione con altri, della solidarietà, della protesta nonviolenta, dello sciopero a rovescio, della noncollaborazione col male, del sacrificio; e queste armi le usano con maggiore efficienza i poveri, i deboli, i sofferenti, gli ultimi; mettiamoci dunque, con loro. da "Rivoluzione aperta"
PROPOSTA PER LA CREAZIONE
DI UNA
1) La situazione
politica italiana presenta un vuoto rivoluzionario: i partiti stanno o
su
2) La crisi
dei movimenti operai e socialisti nell'attività politica e sindacale
è dovuta
3) Sarebbe un errore credere che la politica del neocapitalismo con le attrattive del benessere e la suggestione degli interventi paternalistici e provvidenziali riesca a cancellare dalle moltitudini la tendenza a possedere effettivamente il potere con tutte le sue responsabilità, a controllare tutte le decisioni pubbliche, a impedire realmente la guerra, a sviluppare la libertà e la cultura di tutti nel modo più fiorente. La tenacia delle lotte sindacali, l'aumento dei voti dell'opposizione nelle ultime elezioni, lo sviluppo della lotta per la pace, la crescente energia delle pressioni studentesche per una riforma della scuola, provano che le moltitudini italiane non accettano gli equivoci offerti dalla classe dirigente. 4) Nello sviluppo
del socialismo nel mondo è facile osservare che sono stati superati
gli schemi dottrinari che attribuivano a una determinata ideologia, o ad
un unico partito di ispirazione leninista la possibilità di intervento
rivoluzionario, quando invece si vede che di tale possibilità ci
si è valsi in altri luoghi con schemi, forme, forze e metodi del
tutto diversi seppure orientati allo stesso fine.
5) Per queste
ragioni siamo convinti che il metodo che deve essere assunto per la lotta
6) Questo metodo,
che per essere visibilmente e politicamente efficace deve essere
7) Con questo
metodo è possibile dare inizio alla formazione di organismi e istituzioni
dal basso che concretino tali garanzie, prefigurando e preparando la complessa
società
8) Nell'attuale
momento, crediamo che come prima fase un intervento nella situazione
9) Possiamo definire così gli obiettivi finali di tutto il lavoro: la costituzione di una società socialista la cui organizzazione economica, politica, civile e culturale sia continuamente sotto il potere e il controllo di tutti, nella libertà di informazione, di associazione e di espressione, manifestazione e promovimento costante di apertura ad una società universale socialista nonviolenta. 10) Obiettivi
immediati di transizione a questa finalità sono:
11) Noi pensiamo che una
corrente rivoluzionaria nonviolenta debba richiedere ai suoi
12) A coloro che non scorgessero differenza tra la nostra impostazione e quella democratica parlamentare teniamo a far presente quanto limitata sia la democraticità parlamentare, lontana dalla volontà attiva e quotidiana di tutti i cittadini, e quanto invece è complessa e diretta la presenza di tutti negli organismi da noi propugnati, atti a superare continuamente i privilegi e il potere dei pochi. 13) A coloro che obiettassero
che la pianificazione economica sociale di uno stato moderno non può
essere che centralistica e autoritaria, rispondiamo che la pianificazione
può e deve essere accompagnata dall'esistenza di organi popolari
che ne rendano possibile la preparazione, il controllo della esecuzione
e la revisione.
14) La garanzia che la società
socialista nonviolenta dà alla libera funzione delle correnti
15) Nella politica intemazionale attuale la nostra posizione è, oltre che di lotta per la pace - primo ed urgente obiettivo, - di pieno appoggio a tutti coloro che lottano contro il capitalismo, l'imperialismo, l'autoritarismo; di aiuto incondizionato ed immediato a tutti i popoli sottosviluppati da concretarsi in grandi piani di collaborazione; e nella diffusione dei nostri metodi nonviolenti per il raggiungimento dei fini comuni. (Inedito,
dal sito dell'Associazione
Amici di Aldo Capitini)
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ALDO CAPITINI nasce a Perugia il 23 dicembre 1899, figlio di un impiegato comunale e di una sarta. Consegue il diploma tecnico e poi, guadagnando qualcosa come precettore riesce a dedicarsi da autodidatta agli studi classici, che predilige. Ma gli costerà molto anche in termini di esaurimento fisico. Sarà in questi anni che, per sua ammissione, avrà per la prima volta la consapevole lucidità sulla fragile condizione della vita umana fra la nascita e la morte. Nel 1924 passa da privatista l'esame per la licenza liceale a Perugia. Grazie al punteggio ottiene anche una borsa di studio per la Scuola Normale Superiore di Pisa, diretta da Giovanni Gentile.Si iscrive a lettere e filosofia e si laurea nel 1928. All'inizio degli anni Trenta è segretario economo della Normale. Inizia, con alcuni docenti, l'attività antifascista e si occupa di filosofia e nonviolenza. Nel 1933 perde il posto perché rifiuta di iscriversi al partito fascista. Torna a Perugia, dà lezioni private e, visto anche l'atteggiamento della chiesa cattolica accondiscendente nei riguardi del regime, affianca alle ricerche sulla democrazia quelle per una riforma religiosa. Il metodo di lotta per la giustizia dovrà essere nonviolento e basato sulla non collaborazione. Si ispira a Gandhi e San Francesco e per affermare il rifiuto di uccidere diventa anche vegetariano. Al centro della sua contestazione ogni istituzione autoritaria e repressiva. Nel primo libro, sfuggito alla censura fascista, "Elementi di un'esperienza religiosa, espone anche le idee del "liberalsocialismo". Fonda l'omonimo movimento con il filosofo Guido Calogero. A Firenze, nel 1942 Capitini finisce in carcere quattro mesi con altri aderenti al movimento.Ci tornerà nel maggio 1943, a Perugia, fino alla caduta del fascismo il 25 luglio. Nell'agosto del 1943 a Firenze si riuniscono i membri del Movimento Liberalsocialista per dar vita al Partito d'Azione. Capitini non è d'accordo, preferisce il movimento, ha una visione di partecipazione allargata al potera, dal basso, con i partiti e i loro apparati ridotti al minimo. Pochi anni dopo la nascita il Partito d'Azione morirà. Nel dopoguerra Capitini darà vita a iniziative per allargare la partecipazione popolare al potere e per contestare il volto violento delle istituzioni civili e religiose, la loro falsità e mancanza di coerenza rispetto ai principi informatori. Questo atteggiamento di strfaordinaria onestà intellettuale lo isolerà nell'Italia di Dc e Pci e la sua opera ancora oggi attende una reale rivalutazione, a oltre cent'anni dalla nascita del pensatore umbro. Scrive il suo amico Norberto Bobbio: "La ragione per cui, in Capitini, la battaglia contro la chiesa e la battaglia contro lo stato si confondono, si sovrappongono, è che il nemico è sempre lo stesso: il potere che viene dall'alto, anche se viene esercitato là con la coercizione spirituale, qua con la coazione fisica". E Capitini medesimo: "E' l'uomo religioso, post-umanistico, che vuole vivere unito con tutti nella massima solidarietà, anche al di là della morte, e perciò tende a costituire una società nuova in una realtà che abbia consumato tutti i vecchi limiti, compresi il dolore e la morte". Fino alla sua morte Capitini, professore di pedagogia all'Università di Perugia, sarà protagonista di innumerevoli iniziative mosse dall'idea di giustizia, din un socialismo che sappia coniugarsi con |