SOGNO D’INFANZIA ZINGARA
Ricordo verdi boschi
vallate di sogni
profumo di caffè al mattino
scricchiolìo di ruote
alla partenza dei carri
verso il lungo cammino.
Conosco il bosco
conosco la strada
conosco la libertà.
Gli alberi e i sassi
mi insegnavano storie antiche,
saggezza degli avi.
E il vento sussurrava
melodie lontane
di musiche zingare.
Amo il bosco
amo la strada
amo la libertà.
Il sogno d’infanzia
è svanito per sempre.
Cemento e muri
e case ammucchiate.
E l’unica strada
mi porta indietro.
Perché mi togli il bosco
perché mi togli la strada
perché mi togli la libertà?
LIBERO COME LA MUSICA TZIGANA
Sono nato sotto una tenda
in una notte d’estate
in un accampamento zingaro
ai margini della città.
I grilli mi cantavano la ninna nanna
la luna mi fasciava di raggi d’oro
e le donne vestivano gonne fiorite.
Sono cresciuto su un carro
dalle ruote scricchiolanti.
Eravamo ragazzi
senza ieri e senza domani
mendicavamo il pane nella pioggia e al
sole
correvamo incontro ai nostri sogni
alle nostre fantasie nel bosco.
Ora sono diventato grande
la mia tenda è distrutta
il mio carro si è fermato.
Ma cammino ancora per essere libero
come il vento che scuote il bosco
come l’acqua che scorre verso il mare
come la musica di un violino tzigano.
VAI AL FIUME
Vai al fiume,
mi disse mio padre,
prendi acqua per i cavalli.
Andavo al fiume
per afferrare i pesci con le mani
per fare il bagno al chiaro di luna
per vedere le donne lavare
e sentirle dire parole sconosciute.
Vai nel bosco,
mi disse mio padre,
raccogli legna per il fuoco.
Andavo nel bosco
per osservare ricci, caprioli e formiche
per cogliere funghi e bacche amare
per sentire la musica delle foglie
e parlare con fate e gnomi.
Vai nel paese,
mi disse mio padre,
prendi pane per i tuoi fratelli.
Andavo nel paese
per giocare nelle strade
per fermarmi nei cortili assolati
per ascoltare i vecchi
raccontare storie di altri mondi.
Ora il fiume è sparito
il bosco è stato tagliato
e il paese è senza cortili.
Mi hanno tolto i miei ricordi
mi hanno rubato i miei colori
hanno ucciso la vita zingara.
PIEDI NUDI
Piedi nudi nella polvere
piedi nudi sui sassi
e sotto il sole
la strada è lunga
il cammino tortuoso
gli stanchi cavalli
trainano carri
carri verdi gitani
mio padre beveva
mia madre cantava
la ninna nanna.
Piedi nudi nel fango
piedi nudi nell’acqua
e sotto la pioggia
un bimbo gitano
ha fame e sete
e la gente sogna
quando vede i carri
carri verdi gitani
mio padre dormiva
mia madre cantava
la ninna nanna.
Piedi nudi nell’erba
piedi nudi nei boschi
ma nella città
il bimbo gitano
diventato uomo
si guarda indietro
ricorda i carri
carri verdi gitani
mio padre sognava
mia madre cantava
la ninna nanna.
LACRIME ZINGARE
Mi hai incatenato,
mi hai spinto nelle case
con marmo oro e legni preziosi,
ma non hai preso
il mio cuore,
corre leggero e libero
verso boschi e fuochi e fumo:
cuore zingaro.
Mi hai reso cieco,
mi hai ostruito lo sguardo
con case muri e parole,
ma non hai spento
i miei occhi,
guardano oltre i confini
vedono cieli nuvole e stelle:
occhi zingari.
Mi hai sorriso,
mi hai legato a te
con mani gesti e promesse,
ma non hai saputo asciugare
le mie lacrime,
piangono il mio popolo
che è senza patria:
lacrime zingare.
VENGO DALL’ORIENTE
Vengo dall’Oriente
ho attraversato montagne e vallate
pianure e deserti
città splendenti e miseri villaggi.
Ho cavalcato tanti cavalli
ho piantato tende e guidato carri,
non mi sono fermato da mille anni.
Vengo dall’Oriente
ho imparato l’armeno e il turco
ho divertito il re persiano col mio canto
ho fatto l’indovino.
In Turchia ho addestrato animali
in Romania ho imparato a camminare sulla
fune
ho portato allegria tra la gente.
Vengo dall’Oriente
ho lavorato il rame e l’argento
ho fatto cesti e fiori di legno
ho costruito liuti zurle e tapani.
E col suono del mio violino
ho addolcito i cuori
e abbattuto la diffidenza.
Vengo dall’Oriente
mia madre aveva gli occhi neri
mio padre era forte e fiero
e la nonna mi insegnava usanze tzigane.
Ho la pelle scura e gli occhi neri
e dopo mille anni di cammino
vedo oltre la realtà.
ALLE PORTE DELLA CITTA’
Alle porte della città
aspetto
un sorriso.
Tu hai ballato nel bagliore del fuoco,
con la musica del mio violino,
ma non hai visto
la mia tristezza.
Alle porte della città
aspetto
una mano.
Sei venuto nella mia tenda,
ti sei riscaldato al fuoco,
ma non hai calmato
la mia fame.
Alle porte della città
aspetto
una parola.
Hai scritto lunghi libri,
hai posto mille domande,
ma non hai aperto
la mia anima.
Alle porte della città
aspettano con me
molti zingari.