DI FRANCESCA VENZI
Osman ha 60
anni e vive con sua moglie Ramiza in un campo sosta malamente attrezzato
nella periferia sud di Roma.( Le roulotte malandate e le baracche di legno
si avvicendano su uno spiazzo in alcuni punti asfaltato sempre pieno di
acqua e fango. Due bagni in muratura e alcuni cassonetti sono i servizi
di questo campo pieno di topi e di cani provenienti dalla vicina boscaglia).
E’ un campo
abitato da zingari rom Khorakhanè di nazionalità bosniaca
scappati dalla Bosnia per la guerra nei primi anni ’90. ( una cinquantina
di nuclei familiari per un totale di circa 200 persone, più della
metà minorenni, all’incirca 90 sotto i 14 anni). Ora anche se la
guerra è finita non possono tornare perché le loro case,
a Vlasenica ,Tuzla, Gorazde, sono in mano ai serbi, sotto la giurisdizione
della Repubblica serba di Bosnia.
Prima della guerra Osman
lavorava come elettricista. Ramiza è malata e sta tutto il giorno
seduta nella campina (la roulotte). Osman va a chiedere l’elemosina e fa
la spesa.
Entrambi
guardano con molta preoccupazione al loro futuro, dove andranno, cosa faranno,
perché la vita al campo è molto dura, soprattutto per due
anziani soli, e i loro figli sono emigrati in Germania.
Ramiza piange
quando racconta del suo villaggio e della sua casa.
Quando passo a salutarli
non mancano mai di accogliermi con affetto e offrirmi un buon caffè
(lo preparano alla turca).
Osman parla
con molta preoccupazione del campo, della cultura che manca, di tutta una
generazione che è cresciuta in Italia senza andare a scuola e non
ha legame con la Bosnia né tanto con l’Italia, ed è preda
della violenza e della droga.
Lui ritiene che la scuola
sia molto importante, e parla con vanto dei suoi figli che hanno frequentato
in Bosnia tutti gli otto anni di scuola dell’obbligo.
Senada chiede la carità,
i suoi bimbi vanno a scuola
Anche Senada,
che ha 25 anni, è scappata da Vlasenica per la guerra e i suoi bambini
di 8, 6 e 4 anni, sono nati a Roma.
Abita al campo, in una baracca
di legno, con i suoi figli, e accanto a lei vivono i suoceri e i fratelli
del marito con le loro famiglie.
Suo marito è
morto l’anno scorso in un incidente stradale, è stato investito
di notte mentre attraversava la strada.
I suoi bambini
frequentano tutti e tre la scuola: uno in seconda elementare, uno in prima
e la piccola ha iniziato quest’anno l’asilo.
I due bambini
più grandi vengono anche tre pomeriggi a settimana alla scuola popolare
(il nostro doposcuola della comunità di Sant’Egidio), ma l’amicizia
con Senada è nata già da vari anni,
lei infatti ha imparato presto l’italiano, ed è stato sempre molto
piacevole fermarsi da lei a scherzare e chiacchierare.
In questi anni mi è
capitato di aiutarla, per esempio per rifare i documenti che si erano bruciati
una volta che prese fuoco la baracca. Purtroppo questa è una cosa
che accade molto di frequente perché sia le baracche di legno che
le roulotte sono piene di stoffe e coperte, e vengono riscaldate da una
rudimentale stufa a legna posta nel mezzo, e poi si usano fornelletti a
gas per cucinare.
A volte l’ho
accompagnata a fare delle visite mediche, e allora anche le lunghe attese
hanno consolidato una bella amicizia.
Senada vive
chiedendo l’elemosina, ma le sarebbe piaciuto molto aver studiato e poter
lavorare. Per questo è molto contenta che i suoi figli vanno a scuola,
perché questo può aprire davanti a loro un futuro migliore.
Già nel
presente è ben visibile che è più facile per i bambini
che vanno a scuola imparare l’italiano e relazionarsi con gli altri.
Purtroppo a
Roma oggi non tutti i bambini rom frequentano la scuola, anche se molto
più degli anni precedenti.
Rimangono delle
difficoltà per farli accettare nelle scuole che spesso fissano una
sorta di numero chiuso, non più di due bambini zingari per classe,
ed è molto difficile riuscire a far inserire i più grandicelli
(dagli 8 ai 14 anni) che non sono stati scolarizzati negli anni precedenti.
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Pubblichiamo
la testimonianza di una volontaria che frequenta tutti i giorni un campo
nomadi romano. I nomi degli zingari sono stati cambiati per garantirne
l'anonimato.
Francesca
Venzi, romana, opera da una decina d'anni per l'assistenza ai nomadi e
in particolare si occupa di scolarizzazione
dei
bambini con la comunità di Sant'Egidio.
(13
aprile 2000)
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Zingari
aprile
2000 |