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Roma, le baraccopoli di
via dei Gordiani: un campo nomadi inabitabile
Il ghetto è diventato il modello
delle politiche sociali verso una minoranza calpestata
Il campo rom di via dei Gordiani è oggi il risultato dello stratificarsi e del cristallizzarsi di un forte disagio sociale che perdura da oltre un decennio. Il processo che fa di questa comunità una realtà ghettizzata e chiusa al suo interno non può più essere riferito a una volontà propria, zingara, all'autoesclusione, all'autoghettizzazione. E' un processo in stretto rapporto con le contraddizioni e i conflitti scaturiti dalla violenta urbanizzazione delle aree periferiche cittadine. La maggior parte
delle persone di via dei Gordiani, arrivate a Roma circa trent'anni fa,
ha trovato spazio e accoglienza nelle antiche borgate che accoglievano
gli stessi immigrati italiani. Di quel lento processo di integrazione che
ha riguardato abbruzzesi, calabresi, pugliesi..., che li ha "emancipati"
, dalle baracche alle case popolari, gli zingari - tranne in rarissimi
casi - non ne hanno usufruito. Quelle stesse famiglie continuano a vivere
nelle stesse baraccopoli di trent'anni fa: a loro si sono aggiunti parenti,
conoscenti, altri nuovi nuclei familiari.
Tali condizioni
di vita sono innanzitutto il risultato dell'idea, diffusa nelle
politiche sociali passate e presenti, di non offrire mai, a queste minoranze,
più del minimo indispensabile, per sopravvivere, lasciandole sempre
nel provvisorio, nell'emergenziale, nel precario.
Via dei Gordiani è un campo praticamente mai attrezzato - solo 4 wc chimici, assenza di fognature, acqua corrente e gas, per una comunità rom (200 persone) non nomade ma stanziale. In questo senso i rom sono stasi "zingarizzati". I bambini, nati e cresciuti in un campo nomadi mai attrezzato, sono i più colpiti dalla frattura sociale, economica e culturale che vive il campo. I bambini che oggi vivono a via dei Gordiani, circa la metà dell'intera popolazione della baraccopoli, soffrono di questo disagio, vivono in condizioni che impediscono la loro crescita individuale, gettandoli nell'esclusione più violenta. Quella esclusione che ha inizio nel mancato assolvimento delle più banali norme igieniche e di prevenzione sanitaria, e che compromette il loro stato di salute. Campo-nomadi
significa: baracche di pochi metri quadrati con un unico ambiente, costruite
nel fango una a ridosso dell'altra, riscaldate da stufe a legna molto precarie
e a rischio di incendio. Un'unica fontanella esterna rifornisce l'intero
campo. Le baracche sono adiacenti a una discarica e sono diffusi topi,
parassiti e scarafaggi. La mancanza di igiene conseguente a tali condizioni
è causa di numerose malattie. Tale condizione socioabitativa non
consente ai bambini una crescita sana neppure dal punto di vista psicologico;
non è consentito il soddisfacimento dei primari bisogni dell'infanzia:
studio, gioco, aggregazione protetta. Nel campo non ci può essere
distinzione tra le abitudini di vita degli adulti e dei bambini.
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(13
aprile 2000)
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