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interviste
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Petronio: "Ecco il '900 letterario
fra paura delle donne e del socialismo..."
Lo storico critico analizza il secolo
italiano e gli autori che vivono la "crisi umana"
«Il ’900 è un secolo ricchissimo di movimenti ma se lei mi chiede quale di questi ha lasciato una traccia più visibile degli altri io devo ritirare fuori il mio chiodo fisso: lo svilupparsi di una società di massa, l’allargarsi della base sociale, di quelli che partecipano alla vita culturale del Paese. Ma prima di tutto vorrei invitarla a considerare il ’900 non come anni e basta ma come momento. Ecco io farei iniziare il secolo con l’ultimo decennio del secolo precedente: questa mi sembra una periodizzazione più veritiera. Vede noi parliamo già ai primi del ’900 di ’grande successo editorialè ma dimentichiamo che a leggere i romanzi erano quattro gatti, che nel Meridione c’era un 70-80% di analfabeti.» - Quali sono le caratteristiche del secolo dal punto di vista della letteratura? «Io vedo due spinte contraddittorie: quella alla omogeneizzazione, quella che oggi chiamiamo globalizzazione e quella di gruppi che cercano di mantenere le minoranze (in letteratura il cosiddetto Strapaese e per capirci nell’oggi la disgregazione delle etnie prima contenute dall’URSS). A livello sociale le tre paure: quella dell’emancipazione della donna, quella del popolo (e quindi la paura del socialismo), la macchina.» - Con quali autori si apre il secolo? «Ma, veda, adesso nessuno avrebbe problemi nel riconoscere in Svevo, Pirandello, D’Annunzio e Pascoli le figure che aprono il secolo pur scrivendo sul finire del precedente (ecco uno dei motivi della mia periodizzazione) eppure quando sono andato a scuola io il secolo si apriva con Carducci e Fogazzaro. Sarà che - come dice un proverbio - quando si è nel bosco si vedono gli alberi, non il bosco: anche la storicizzazione del ’900 che facciamo ora ha bisogno di una maggiore distanza.» - Ora come ora qualche giudizio possiamo provare a darlo però? Quali le sembrano le figure letterarie di riferimento? «Sono
diverse: Montale più di Ungaretti che mi sembra in discesa.
- Parliamo di sottovalutati e sopravvalutati... «Per Buzzati non mi sembra si possa parlare di unanimità, anzi negli anni più recenti è finito un po’ in disparte. Diciamo che invece l’Ungaretti delle raccolte dopo gli anni ’30-40 non è più una figura così centrale mentre l’opera di Saba ha un carattere unitario più emblematico. Poi certo anche la Morante, specie quella de L’isola di Arturo merita un’attenzione maggiore.» - E Gadda che tanto è andato e va per la maggiore tra i nuovi amanti dell’esperimento linguistico? «Per me conta molto essere una persona seria e Gadda lo era. In più è uno come Saba che riesce a coniugare l’idea utopica di arte con il popolo. Uno che riesce ad essere grande artista di massa senza prostituirsi al successo ma diventando di successo.» - Professore, veniamo a tempi recenti? «L’ho detto e lo scritto, ci sono due autori importanti negli anni più recenti. Antonio Tabucchi e Andrea Camilleri, quando non cede al demone del successo. Sono sempre autori della crisi dell’uomo che offrono una riflessione seria, di grande ricchezza immaginativa ed eleganza.» |
o | Giuseppe Petronio, sta alla letteratura italiana di questo secolo come un testimone comodo. Primo per averlo visto nascere e rifulgere tra il 1909 (anno in cui è nato, a Marano, in provincia di Napoli) e il 2000 e poi per averlo attraversato con i suoi studi. Chi non si è imbattuto nelle storie della letteratura il cui aggiornamento Palumbo sta per mandare nuovamente in libreria? Chi non ha avuto la delizia della lettura di quei piccoli libbricini oscar mondadori in cui Petronio si cimentava con il racconto "romanzesco" della nostra letteratura? |
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