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Violenze e smarrimenti d'Italia
Tre casi di cronaca per riflettere su una società e su come (non) viene raccontata dai media
 

di RICCARDO ORIOLES

  Milano. La polizia ha denunciato per pedofilia una ventina di onesti padri di famiglia sorpresi in macchina con giovanissime indotte - o costrette - alla prostituzione. Chissa' se prima o poi, in qualcuno di questi casi, qualche magistrato comincera' a contestare anche il concorso in lesioni personali, riduzione in schiavitu', ecc. In Veneto, poche settimane fa, una ragazza inglese e' stata sequestrata, seviziata e costetta ad accompagnarsi con alcune decine di pacifici bempensanti locali: nessuno dei quali, tuttavia, e' stato arrestato per concorso in
violenza. 
  Gli anni del sesso libero e gioioso - gli anni del Sessantotto, dell'"love-not-war", dell'autostop, della contestazione, del divorzio - sono ormai molto lontani in Italia. Viviamo in un paese grigio e greve, fra Viagra e nostalgia dei casini. (Quando i socialisti li abolirono, dopo la guerra, il solito avvocaticchio napoletano oppose una
lunghissima arringa, in Parlamento; e concluse con la drammatica apostrofe: "Come faranno i nostri giovani senza i casini, come?". 
   "Imparino ad andare con le donne, una buona volta" fece la senatrice Merlin, guardandolo freddamente).

Roma, le aggressioni nell'indifferenza

   Roma. Altre due donne aggredite, nell'indifferenza generale, in pieno centro. Tre italiani hanno cercato di violentare, l'altra notte a largo Argentina, due turiste che rientravano in albergo. Anche stavolta, nessuno degli italiani presenti e' intervenuto o ha chiamato la polizia: le ragazze sono state salvate solo dall'intervento di una
pattuglia di carabinieri che passava per caso. Dei tre aggressori - nessuno dei quali si trova attualmente in galera - due appartenevano a formazioni di naziskin di estrema destra, particolarmente impegnate in queste settimane nella difesa dei valori della famiglia e della religione.

  Nessun particolare allarme contro questo ennesimo frutto del clima di insicurezza e di degrado che si va sempre piu' diffondendo, sulla pelle delle donne, a Roma. Che e' una citta', d'altra parte, in cui la tradizione di uccidere i gay (almeno uno all'anno, nel corso degli ultimi vent'anni) non ha mai destato allarmi paragonabili a quelli destati da una semplice - in tutto il resto del mondo - manifestazione.

Sedicenni violenti: dopo il gatto a chi toccherà?

   Roma. Tre sedicenni che se vanno insieme annoiati, nel caldo del pomeriggio dopo la scuola. Nei giardinetti della casa popolare c'e' il gatto della vicina, un essere grigio sporco che per la ragazzina della vicina si chiama Lillo. Afferrare il gatto, scambiare alcune parole, stabilire chi sta in porta e chi tira, e cominciare a scambiarsi il gatto a pedate, come un pallone: tiri di punta, tiri di tacco e tiri al
volo. Dopo un po' di partita, il gatto - oramai tutto rosso e agonizzante - e' ancora vivo. Finiscono di ammazzarlo passandogli sopra in bici. Si son fatte le quattro, e almeno un'ora in questo modo s'e' ammazzata.

   Uno dei tre ragazzi: "Non eravamo usciti per ammazzare il gatto, semplicemente non sapevamo che fare". La "madre di uno della banda": "Non e' possibile che mio figlio abbia fatto una cosa del genere. E' stato un incidente". Una testimone: "Avevamo sentito che chiamavano micio micio dalla strada". Un testimone: "Una volta a un gatto, qui, gli hanno fatto lun'iniezione di alcool per vedere l'effetto". Altro
testimone: "Cose che dicono le guardie. Non ci credo. Gli sara' finito er gatto sotto la bici". La vicina: "Debbono pagare. Mia figlia sta piangendo ancora". Lo psicologo: "Disagio giovanile, colpa dei pokemon".  Il tribunale dei minori: "Bisogna vedere se ci sara' denuncia del proprietario del gatto". Un abitante del quartiere: "Non
capisco tanto clamore. Eppoi e' solo un gatto". Il presidente della squadretta di quartiere: "Accogliere questi ragazzi nei corsi giovanili affinche' possano sanare il loro disagio in un ambiente sportivo sano e controllato". Una professoressa: "Assegnarli un debito formativo a scuola". La Lega antivivisezione: "Un periodo gdi assistenza presso una colonia felina o un canile municipale".

   Io, semplicemente, ho paura. M'immagino i tre ragazzini: forse rapati o con la croce celtica o il forzalazio, o forse aggraziati e carini, magari (spero di no) con la kefia: non cambia niente. Spaventati sicuramente, quando il vigile li ha cercati a casa: e assolutamente inconsapevoli - come sempre i ragazzini sono stati - del fatto che prima c'era una cosa "viva" e dopo quella cosa non c'e' stata piu'. Ho
paura dei loro sedici anni, perche' per i sedici anni di ora non ci sono padri, ne' maestri: un gatto, oppure un negro, o un ebreo - sara' evidentissimamente del tutto casuale cio' che gli faranno ammazzare, i loro caporali, nella loro gioventu'. E ho paura di me: ho appena finito di fare liberalmente ed elegantemente satira contro le bacchettate ai ragazzi dei progressisti inglesi, e la prima parola che m'e' venuta
d'istinto per questi del gatto e' stata, dalle viscere: "nerbate"; sapendo che e' la parola piu' giusta, perche' altro da dargli non abbiamo.
   
  


o Questo articolo è tratto dalla Catena di SanLibero,
la e-zine di Riccardo Orioles

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