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Banane mortali: la campagna dell'associazione Italia-Nicaragua
Il sostegno ai lavoratori delle bananeras uccisi dai pesticidi "globali" delle multinazionali
 

  
Campagna di sostegno alla lotta sindacale dei lavoratori e lavoratrici delle bananeras in Nicaragua contro le Compagnie Multinazionali. 
Promossa dalla Fundaciòn dei Lavoratori delle Bananeras in Nicaragua e dall’Associazione Italia-Nicaragua.
 

PRESENTAZIONE  

“Stanno morendo lentamente o spesso sono rimasti sterili…” Sono i lavoratori e le lavoratrici delle babaneras del Nicaragua che, dopo decenni di sfruttamento da parte delle Compagnie Multinazionali che li hanno inondati con pesticidi gravemente tossici (quali il Nemagòn), ora sfidano i colossi nordamericani in un processo storico. 

OBIETTIVI & FINALITÀ                     

Il primo è quello di appoggiare la lotta della Fundaciòn dei lavoratori delle Bananeras per il rispetto dei diritti umani e lavorativi delle persone, dando la massima diffusione al materiale di informazione sulla campagna. 

Il secondo è quello di dare un aiuto concreto a livello economico per le spese mediche dei lavoratori necessari, tra l’altro, per l’inizio del processo contro le multinazionali.

Processare le Compagnie Multinazionali responsabili delle nefandezze (contro la popolazione e l’ambiente), vuol dire aprire una nuova stagione in cui anche i lavoratori dei paesi latinoamericani, avranno una nuova speranza, un esempio che è possibile resistere ed ottenere giustizia.     

 BENEFICIARI

Sono gli 8600 lavoratori (di cui 2500 donne) dei 7 municipi della zona di Chinandega, dove sono sviluppate le bananeras. Persone che, comunque, hanno bisogno di un lavoro per sopravvivere, ma che non sono più disposti a morire per esso.    
 

VERSAMENTI 

Con causale “PROGETTO LAVORATORI BANANERAS IN NICARAGUA” sul:

CONTO CORRENTE BANCARIO n. 19.990 intestato ad Ass.ne Italia-Nicaragua - Codice ABI 05584 & Codice CAB 01621 Agenzia 21 C.so Porta Vittoria 28 Milano Banca Popolare di Milano;

CONTO CORRENTE POSTALE n. 13685446 intestato a Associazione Italia-Nicaragua, Via Saccardo 39 - 20134 Milano.

VAGLIA POSTALE intestato ad ASSOCIAZIONE ITALIA-NICARAGUA di VITERBO Via Petrella n. 18 - 01017 TUSCANIA (VT).

INFORMAZIONI presso tutti i Circoli dell’Associazione Italia-Nicaragua, in particolare:

MILANO, Via Saccardo n. 39 - c.a.p. 20134  Tel/Fax 02/21.40.944 (tutti i giovedì dalle 18.00)

VITERBO, Via Petrella n. 18 - 01017 TUSCANIA (VT) - Tel. 0761/43.59.30 (fine settimana)

(e-mail: itanica@iol.it - giulio.vittorangeli@tin.it - sito web: http://users.iol.it/itanica)

IN NICARAGUA, Associazione Italia-Nicaragua di Managua: itanica@ibw.com.ni & Giorgio Trucchi gtrucchi@ibw.com.ni 

- MATERIALI INFORMATIVI

 Intervista a Victorino Espinales Reyses, Presidente della Fundaciòn dei Lavoratori delle Bananeras, che da anno lotta duramente contro i disastri che le multinazionali hanno fatto e continuano a fare in Nicaragua.

Documento del Dipartimento de Relaciones Internacionales del Parlamento del Nicaragua sugli effetti del Nemagòn e su una serie di considerazioni sulle situazioni pesticidi in Nicaragua.

Articolo Nuevo Diario (traduzione in italiano): prima denuncia contro le multinazionali delle banane. 
 
 

Il dramma dei lavoratori delle bananeras
Stanno morendo lentamente o spesso sono rimasti sterili.
Sono i lavoratori e le lavoratrici delle bananeras del Nicaragua che, dopo decenni di sfruttamento da parte delle Compagnie multinazionali che li hanno inondati con pesticidi gravemente tossici, ora sfidano i colossi nordamericani in un processo storico.
 

- Intervista a Victorino Espinales Reyes

(Presidente della Fundaciòn dei Lavoratori delle Bananeras in Nicaragua Colpiti dagli Effetti del Nemagòn e Fumazone - per l’Ass.ne Italia-Nicaragua - Giorgio Trucchi).

 

Può fare la storia della produzione del banano in Nicaragua ?

Possiamo dire che la produzione del banano in Nicaragua si sviluppa in cinque tappe. La prima inizia a principio del secolo, intorno al 1910-1912. E’ un tipo di coltivazione spontanea e poco curata ed avviene sulla Costa Atlantica, ma si hanno poche informazioni su quel periodo.

La seconda tappa è durante gli anni ’60. La produzione avveniva in base ad un progetto che si chiamava INFONAP (Instituto de Fomento Nicaraguense a la Producciòn). Cominciò una certa pianificazione, ma non durò molto perché non rispondeva ai bisogni delle multinazionali. La produzione veniva gestita dai privati che mettevano i terreni e parte del capitale ; dallo Stato che metteva il capitale e l’esonero dalle imposte e dalle Multinazionali che mettevano la tecnica, il mercato ed il commercio. Durò 4 o 5 anni . In questo periodo fece l’apparizione l’uso di prodotti chimici per debellare i parassiti delle piante, ma le quantità erano minime. A quel tempo io avevo 12 -13 anni ed aiutavo mio padre nelle piantagioni. Apparve il Nemagòn che è meglio conosciuto come DBCP (dibromo-3-cloropropano). A quel tempo c’era la Chiquita, ma per noi sono tutte la stessa cosa. Hanno una casa centrale negli USA e fingono di essere separate, cose diverse, ma sappiamo che l’obiettivo, il contenuto e la linea economica è uguale per tutte. Ora, per esempio, la Standard Fruit si è ritirata, anche se sta per tornare, ma ha la licenza commerciale, mentre la Chiquita è quella che trasporta. Tornando all’uso del Nemagòn...veniva immesso nel suolo con grosse siringhe da 2 galones e mezzo (circa sei litri) facendo tre buchi intorno alla pianta dove c’erano le radici. Questo serviva ad eliminare i parassiti terrestri come il gusano barrenillo, il cuerudo ed i funghi.

A partire dal 1968 sparì INFONAP ed intervenne la Standard Fruit Company (SFC) che, allora, era sconosciuta in Nicaragua mentre era già presente in Costarica ed Honduras. Cominciò a fare esami alla terra, alle strutture, alle vie di comunicazione e decise che il Nicaragua era un ottimo posto in cui investire. Chiaramente quello che gli interessava era il guadagno e non certo il beneficio sociale e la saluta della gente.

Per poter cominciare a produrre avevano bisogno di alcune condizioni: strade accessibili, terre buone di tipo A ; un porto che fosse vicino per il carico e scarico del materiale tecnico e  della produzione e una manodopera forte, instancabile ed a basso costo. La zona di Chinandega, ad occidente del paese, godeva di tutte queste condizioni.

Chinandega, Posoltega, Chichigalpa, El Viejo, Tonolà, Puerto Morazàn, Corinto e Villa 25 de Julio, che a quel tempo dipendevano dalla produzione del cotone, ormai in crisi, si convertirono nelle zone del banano.

A partire dagli anni ’70 iniziò già un’altra fase in cui le multinazionali strutturarono il territorio in base ai propri bisogni. Le terre restarono in mano ai privati. e le multinazionali le affittavano solamente ma, in effetti, erano quelle che avevano in mano il controllo di tutto : la tecnica, il mercato ed il commercio/trasporto. Il padrone della terra  era solo un alleato, ma erano la Dole, come trasportatrice e la SFC, come produttrice, che controllavano il settore.

Si ebbe anche un grosso cambio all’interno della produzione. Il lavoro era più tecnicizzato ; migliorò notevolmente la produzione in termini di qualità e quantità ; s’impiantarono nuovi tipi di sistemi d’irrigazione con cannoni alti 3 metri che sparavano l’acqua ad 80 metri di distanza. Allo stesso tempo, però, peggiorava la situazione dei lavoratori che dovevano fare turni massacranti con un salario misero ed un’alimentazione pessima.

A partire da questo periodo si cominciò ad utilizzare in modo massivo e continuato il Nemagòn, sia con le siringhe che con i cannoni d’irrigazione con una pressione a 160 libbre. In questo modo notammo che venivano controllati i parassiti terrestri ma anche quelli aerei e che le piante divennero molto più alte, frondose ed il casco di banane passò a pesare da 110-120 libbre (55 Kg) a 160-170 libbre (80Kg) ottenendo, per ognuno, fino a 2 casse e mezzo di banane. Ad un certo punto, però, notammo che, oltre a controllare ed uccidere i parassiti, uccideva qualsiasi forma di vita animale che si aggirava tra i banani : galline, uccelli, rospi, serpentelli, formiche. La cosa cominciò ad insospettirci, ma mai immaginammo e mai nessuno ci avvisò dei rischi e che il prodotto potesse provocare danni alle persone ; mai ci diedero un corso o delle informazioni su come proteggerci, o che metodi usare per prevenire i danni che causava.

Un’altra cosa che scoprimmo fu che il prodotto veniva cosparso solo di notte altrimenti di giorno sarebbe evaporato per l’alta temperatura evaporando prima di poter rendere effettivo il suo potenziale.

Si continuò così fino alla fine degli anni ’70. Nel 1979 ci fu la Rivoluzione Sandinista con la caduta del dittatore Somoza e la confisca delle sue proprietà e di quelli che erano i suoi maggiori alleati all’interno della Guardia Nacional. 

Le bananeras, però, non furono mai confiscate perché i proprietari non erano schierati con Somoza ed il suo partito, ma lo appoggiavano in quanto era l’unico modo per poter operare in Nicaragua in quel tempo. Uno solo, Alfonso Deshon Callejas, era un vero somozista ed era stato vicepresidente della repubblica.

Nel 1980, come lavoratori, chiedemmo al Governo che intervenisse nelle bananeras per difendere i nostri diritti che erano continuamente calpestati. Il Governo sandinista decise, quindi, di non espropriare le terre, ma di prendere in mano la politica economica, commerciale, amministrativa e produttiva del banano e le multinazionali, nel 1982, abbandonarono il paese senza pagare un contratto di 4 anni e mezzo per la produzione già effettuata.

Lo Stato formò, allora, due imprese : la EMBANOC che si occupava della produzione e la BANANIC INT.  che era la commercializzatrice. A causa dell’embargo USA e della guerra con la Contras si riuscirono sì ad aprire nuovi mercati, ma crollò la produzione che passò da 6 milioni e mezzo di casse per anno a 2 milioni degli anni ’80.

Nel 1990, dopo la sconfitta elettorale del FSLN e l’elezione di Violeta Barrios de Chamorro, si cominciò la quinta fase della storia del banano nel nostro paese. Il nuovo Governo, come prima cosa, sospese un processo contro la Standard Fruit iniziato dal Governo sandinista nel 1987 presso la Corte Suprema dell’Aia per lo sfruttamento ai lavoratori nicaraguensi durante gli anni ’70 e per il mancato pagamento dell’usufrutto delle piantagioni.

Venne sciolto EMBANOC ed il controllo delle proprietà restituito ai proprietari. 

Nel 1992 ritornò la Chiquita Brand. ed il prossimo agosto tornerà la Standard Fruit.

La produzione cominciò a migliorare. Nel 1992 si risollevò a 3 milioni e mezzo di casse per anno e l’anno scorso arrivò a 5 milioni. 

Oggi, purtroppo, si è tornati esattamente alla situazione degli anni ’70 ; le multinazionali sono quelle che definiscono le regole della produzione, del commercio, dell’aspetto tecnico-amministrativo ed i privati, proprietari delle terre, sono solo figure decorative. Non possono produrre senza l’appoggio delle multinazionali ed inoltre si devono sobbarcare l’aspetto della contrattazione e della gestione della manodopera.

In tutto ci saranno tra i 3800 ed i 4200 lavoratori dei quali, solo 600, fanno parte della vecchia guardia ; gente che ha 45-50 anni e che non regge più questo tipo di lavoro. La maggior parte dei nuovi sono giovanissimi ed hanno tra i 16 ed i 22 anni e sono quelli che io chiamo “la nueva clase obrera”. Vivono ancora condizioni di lavoro pessime. Hanno contratti a termine che vengono rinnovati se si comportano bene e non creano problemi ; guadagnano circa 1 dollaro per le 8 ore di lavoro e possono raggiungere  i 3 dollari facendo fino a 10 e più ore. E’ gente che, quando avrà 30 anni ne dimostrerà 50. Il vitto è pessimo e poco nutriente. Ci sono stati dei miglioramenti rispetto ai carichi di lavoro, ma è un’inezia rispetto alle condizioni generali. Tutti lo sanno, ma nessuno fa nulla.

Come si arrivò a capire che la causa delle tante malattie di cui soffriva la popolazione delle bananeras era il Nemagòn ?

Nel 1990, una volta caduto il Governo Sandinista, andai in Guatemala ad un Convegno Ecologico. In quel tempo lavoravo ancora con la CST (Central Sandinista de los Trabajadores) e con la ATC (Asociaciòn Trabajadores del Campo) e quindi riportai tutto quello che avevo visto e sentito. Là mi resi conto che in altri paesi, come Costarica, Honduras, Guatemala, si stavano facendo indagini e ricerche sulle cause che stavano facendo ammalare e morire centinaia di persone che avevano lavorato nelle bananeras. Vidi che le malattie erano le stesse di cui soffrivano anche i miei compagni di lavoro. Scoprii, inoltre, che i prodotti Nemagòn e Fumazone, entrambi a base di DBCP (dibromo-3-cloropropano), erano stati vietati negli USA già negli anni 70 e che quindi, le imprese produttrici e quelle applicatrici e commercializzatrici, lo avevano impiegato ugualmente in Centroamerica nonostante, negli USA, alcune persone avessero già vinto cause milionarie per i danni ricevuto dal contatto con questi prodotti. Si parlava di indennizzi di 1 o 2 milioni di dollari.

Immediatamente ci mettemmo al lavoro per poter far causa alle ditte produttrici del Nemagòn, come la Shell Oil Company, la Dow Chemical e la Occidental Chemical Inc, ed alle imprese applicatrici come la Standard Fruit C.

Nel 1990 si aprì il processo negli USA e portammo tutti gli esami fatti ai lavoratori ed alle lavoratrici. C’erano buonissime possibilità di vittoria, ma purtroppo, i nostri stessi compagni leader dei sindacati, con il beneplacito del Governo e degli avvocati, giunsero ad un accordo extragiudiziale con le Compagnie produttrici e ricevettero 28 milioni di dollari in cambio di una firma su un documento che declinava qualsiasi responsabilità delle imprese per i danni subiti dai lavoratori a seguito del contatto con i pesticidi a base di DBCP.

A questo accordo parteciparono solo 812 lavoratori degli oltre duemila che avevano fatto causa. Gli altri, rendendosi conto dello sporco gioco che si stava facendo alle loro spalle, rifiutarono l’offerta.

Degli 812 lavoratori, l’85% ricevettero 100 $ di indennizzo ; 36 più di 500$ ; 16 tra 1000 e 1500 $ e solo 5 o 6 ricevettero da 2000 a 3000 $. Questo dipese dalle conoscenze e dal legame che avevano con il sindacato. Il resto dei milioni, ancora oggi, non si sa che fine hanno fatto. Dopo il 1992, con la fine del tentato processo, si persero tutte le informazioni e con il resto dei lavoratori, decidemmo fondare una nuova associazione, la ASOTRAEXDAN (Asociaciòn de Trabajadores y Ex Trabajadores Afectados por el Nemagòn), completamente staccata da partiti politici e da sindacati come la ATC e la CST. 

Quali sono i danni e le malattie più gravi che hanno colpito i lavoratori e le lavoratrici delle bananeras ?

I danni sono tanti ed enormi :

vi sono stati già 110 morti per varie cause e molti altri compagni stanno solo aspettando la fine dato che i dottori gli hanno già diagnosticato che non c’è cura.

Stiamo parlando di tumori ai reni, al pancreas, alla milza ; cecità precoce con persone di 40 anni che non vedono quasi più nulla ; fragilità ossea ; aumento esagerato della temperatura corporea ; atrofia dei testicoli ; ematomi, eruzioni cutanee e deformazioni in tutto il corpo ; perdita di peso ; caduta della pelle, dei capelli e delle unghie ; alterazioni nervose; sterilità totale, parziale e danneggiamento degli spermatozoi che stanno provocando la nascita di bimbi deformi.

Abbiamo già prove che il potere residuo del Nemagòn nel sottosuolo è di almeno 120 anni. 

In tutti questi anni, nei 7 municipi dove sono state sviluppate le bananeras, sono passati tra gli 8400 ed gli 8600 lavoratori di cui 2500 donne.  Inoltre, il problema, è più ampio. Il Nemagòn, come detto, veniva irrorato di notte ed i primi lavoratori arrivavano alle 4 di mattina e poi ci passavano le mogli che gli portavano il pranzo ; i bambini che venivano a giocare ; le famiglie di lavoratori o custodi che vivevano dentro le bananeras. A tutte queste persone cadevano le goccioline condensate del pesticida o comunque, in qualche modo, venivano a contatto con il prodotto comprese le donne che lavo