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L'architetto iraniano
libraio del mondo
Roma, l'iniziativa multietnica di Rangri
Fereydoun: "I clienti? Per lo più sono italiani..:"
La libreria Nima non si scorge facilmente, persa com’è fra i palazzoni e le strade sopraelevate che circondano la stazione Tiburtina di Roma. Stipati, ordinati e ben esposti tanti libri che raramente appaiono negli scaffali delle più grandi e celebrate librerie. Autori ai più sconosciuti provenienti da paesi lontani: Oriente vicino ed estremo, Africa e Asia, tutto o quasi di quanto è stato prodotto e tradotto in italiano di saggistica narrativa, arte filosofia e religione per far conoscere ed apprezzare immensi e spesso ignorati patrimoni culturali. Rangri Fereydoun,
ideatore e proprietario di questo piccolo avanposto di multiculturalità,
ne racconta la storia che è anche la sua storia personale.
Il locale è diviso in due piani, al pianterreno soprattutto testi in italiano, videocassette nastri e cd-rom in lingua originale, al secondo piano solo testi in arabo, persiano turco, cinese e giapponese. «La maggior parte dei miei clienti sono italiani, studenti universitari, appassionati, curiosi. Spesso si affacciano e chiedono di essere consigliati e guidati in un mondo che non conoscono e di cui ignorano la complessità. La maggioranza degli italiani equipara l’Oriente e il mondo arabo all’Islam mentre invece nei nostri paesi convivono e prosperano tante e diverse culture che io cerco di far conoscere attraverso la mia libreria. L’essere di un’altra origine culturale non mi ha mai creato particolari problemi, ho la cittadinanza italiana e i miei problemi sono quelli di qualsiasi altro cittadino: il traffico, le tasse. A proposito, credo che molti di quelli che si lamentano contro l’immigrazione ignorino o vogliono ignorare che molti di noi pagano regolarmente le tasse e vivono una normale vita di lavoro. La minoranza che crea problemi esiste come è esistita fra gli italiani che emigravano qualche decennio fa; ma come gli italiani hanno portato la loro cultura all’estero con la loro emigrazione così noi ne portiamo in Italia. No! Non mi ritengo proprio un cittadino italiano, ci tengo a difendere la mia identità ma questo non mi impedisce di avere tanti amici italiani».
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o | Questo
articolo
è stato pubblicato sulla Rivista del volontariato Vai
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