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Oltre l'integrazione
In Italia la società multietnica avanza oltre i clichè della percezione massmediatica...
 

di STEFANO GALIERI E ANTONELLA PATETE

    Si narra che Romolo nell’atto di fondare Roma facesse scavare un pozzo denominato Mundus, ed invitasse i suoi futuri concittadini a deporvi dentro un pugno di terra dei luoghi dai quali provenivano, oltre alle primizie della nuova stagione. E si dice che questo rito, che veniva ripetuto tre volte l’anno, servisse a rinsaldare quel patto di non belligeranza che avrebbe permesso a popoli di diversissime origini e tradizioni di partecipare non solo alla fondazione di una città, ma di una vera e propria civiltà.
Forse il Mundus non è mai esistito. Eppure la suggestione di uno spazio, fisico e mentale, dove genti provenienti dai più diversi Paesi possano fondersi e confondersi, senza rinunciare necessariamente alla propria identità, resta oggi molto forte in Italia. Nel nostro Paese, infatti, soggiornano attualmente 1 milione 250 mila stranieri. Intanto, accanto alle esplosioni di nuove forme di xenofobia, sotto gli occhi distratti degli italiani alle prese con il tran tran di sempre, si fa strada una società multietnica e un nuovo cosmopolitismo.

   Tanto che si può dire che il processo di integrazione sia già cominciato da tempo. Un processo che non passa certo attraverso il popolo di invisibili che lavorano come domestici nelle case italiane o attraverso i braccianti immigrati che, nell’agro campano, contendono il lavoro agli stagionali locali, facendo crollare il prezzo della manodopera. E non si esaurisce neppure nelle fabbriche del Nord Est dove i Mohammed e gli Alì montano e assemblano accanto ai Cipputi italiani.
Perché, a ben guardare, le scuole, gli asili, le cooperative, le agenzie di servizi gestite da immigrati si diffondono e si moltiplicano. E l’interesse degli italiani verso altri popoli inizia ad andare oltre la curiosità gastronomica e la passione per le medicine alternative. Così che nel cuore multietnico di Roma, a Piazza Vittorio, un maestro cinese insegna da tre anni il tay chi, ogni mattina dalle sette e mezzo alle nove. E a Torino un gruppo di arabe ha rilevato un vecchio edificio del Comune e vi ha impiantato un bagno turco, dove le donne possano andare a rilassarsi dopo una giornata di lavoro. E sempre di più gli stranieri in Italia collaborano alla produzione e alla diffusione di cultura, non solo con l’operato individuale, ma anche attraverso i circoli e le associazioni, lavorando - spesso come volontari - a favore di altri immigrati, operando come mediatori culturali, battendosi per il rispetto dei diritti. Cittadini attivi, anche senza cittadinanza.
 
 


o Prove tecniche di società multietnica anche in Italia, almeno per chi la vuole vedere... 

Questo articolo
è stato pubblicato
sulla Rivista
del volontariato

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immigrazione
di Nonluoghi
 
 
 
 

 

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