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pensieri
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La marcia di Haider da
Jesolo a Bruxelles
Prodi per una via di uscita dalle sanzioni.
Il governo italiano tentenna. La Ue s'indebolisce
L'Unione europea, presidente Prodi in testa, vuole uscire rapidamente dall'impasse (ma quale?) causata dalle sanzioni diplomatiche bilaterali decise sei mesi fa da 14 governi Ue per protestare contro l'ingresso al governo austriaco degli xenofobi liberisti di Jörg Haider. Il Comune di Jesolo concede al politico austriaco la cittadinanza onoraria e lo accoglie in pompa magna con il sindaco che gli consegna simbolicamente le chiavi della città. In giro per il Nordest è tutto un pullulare, da Bolzano a Trieste, di inviti e di attestazioni di solidarietà all'illuminato politico carinziano. Lui incassa sorridente e intanto, fra un viaggio in Libia e l'altro (Gheddafi è ormai suo grande sodale), si accorda con la Slovenia, pare, anche per tirare un colpo basso al porto di Trieste che comunque non se ne accorgerà, impegnata com'è a guardare a Nord. Il governo
italiano non sta a guardare e si muove; in direzioni opposte con segnali
preoccupanti di sdoppiamento della personalità.
Nel frattempo, la commissione europea e con lei molti governi tremano davanti alla minaccia di referendum popolare sulle sanzioni, ipotizzato (come ha appena ribadita del premier viennese Schüssel in un incontro con Prodi) per ottobre. Si teme una grave frattura se gli austriaci diranno no alle sanzioni e magari autorizzeranno il loro governo a boicottare i lavori comunitari impiegando sistematicamente il diritto di veto. A noi non sembra sia il caso di spaventarsi troppo e, con questa scusa e con la trovata dei tre saggi che dovrebero monitorare Vienna, chiudere qui il discorso. Gli austriaci votino: si vedrà se la maggioranza capirà che in gioco c'è, appunto, anche con tutta la sua carica simbolica, il principio del "livello minimo democratico" comune e dunque voteranno contro il loro governo o se, al contrario, lo appoggeranno rigettando le sanzioni e aprendo una crisi europea facendo prevalere l'approccio nazionale o nazionalista. L'Austria è non a caso tra gli ultimi arrivati nell'Unione europea; Haider era contrario. Non sembra scandaloso ipotizzare che siano gli austriaci a decidere del loro destino, senza che questo induca gli altri europei ad abdicare al principio del "livello minimo democratico". A ognuno le sue responsabilità. Si faccia chiarezza sugli equivoci, sui sorrisi europei del vogliamoci bene mentre nella realtà in ogni Paese nazionalismi e micronazionalismi persistono o addirittura trovano nuova linfa. Arrivati a un bivio, si abbia il coraggio di scegliere una via, dolorosa ma necessaria; piuttosto che continuare a fare un passo avanti e due indietro. La questione austriaca è anche o forse soprattutto questo: un'occasione (ormai quasi persa) per fare i conti con la straordinaria debolezza della costruzione politica e sociale dell'Europa unita che altro non è, invece, se non un grande mercato dominato dalle imprese (si veda la procedura di formazione delle norme comunitarie) nel quale si agitano in modo grottesco quindici paesi aggrappati agli interessi e ai simboli nazionali nel nome dei quali ancora oggi sarebbero disposti - temiamo - a fare molte cose poco edificanti.
Che non avere in agenda incontri bilaterali con gli omologhi europei possa
indispettire il signor Wolfgang Schüssel o la signora Benita Ferrero
Waldner, suo ministro degli esteri, non ci pare una ragione per cancellare
le sanzioni diplomatiche. E l'unica novità a Vienna, da sei mesi
a questa parte, è stata proprio questa: l'irritazione del governo.
Se si eccettuano qualche condanna per diffamazione degli intellettuali
che hanno attaccato Haider e qualche invito di lungimiranti amministratori
locali italiani sulla scrivania del leader nazional-liberale che ama frequentare
i raduni dei reduci di guerra.
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o | Le
"epurazioni" viennesi: Pelinka condannato per diffamazione
Il programma di Haider: "L'Austria non è adatta alla immigrazione" Scricchiola il fronte anti-Haider (13
luglio 2000)
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