nonluoghi |
percorsi
|
|
|
|
|
|
i | i | |
|
|
|
|
|
|||
|
interviste |
|
|
|
Flessibilità
selvaggia: la lotta dei giornalisti
Contratto: la base si mobilita. Ma la
segreteria nazionale del sindacato firma lo stesso
(aggiornamento di mercoledì 11 aprile) Così,
come ci si aspettava, la giunta della Federazione nazionale della stampa
(Fnsi), il sindacato dei giornalisti, oggi ha apposto la firma definitiva
al nuovo contratto nazionale di lavoro. Sono state ignorate le firme (oltre
duemila ieri, più di 2300 oggi e la raccolta continua) presentate
dal comitato promotore del referendum. Suona così quasi beffarda
la dichiarazione della segreteria della Fnsi che afferma di non sottovalutare
le preoccupazioni emerse nella categoria. E oltrepassa i confini dello
scandalo sindacale l'iniziativa della segretria Fnsi di consegnare, all'atto
della firma, una nota alla Fieg e al ministero del lavoro nella quale precisa
unilateralmente che le modifiche apportate all'articolo 4 del contratto
(cioè l'introduzione della flessibilità multitestata) hanno
"valore sperimentale, a partire dai nuovi assunti, e saranno pertanto sottoposte
a revisione alla scadenza naturale del contratto".
Quanto al comportamento tenuto anche alla fine di questo percorso contrattuale dalla segreteria e dalla giunta della Fnsi, il comitato promotore dei referendum ha diffuso una nota nella quale parla di "atteggiamento arrogante" e precisa: "I dirigenti della Fnsi hanno avuto paura del referendum e, nonostante 2139 giornalisti e 22 comitati di redazione avessero chiesto una preventiva consultazione della categoria, hanno firmato il nuovo contratto di lavoro, il peggiore della storia del sindacato unitario. I vertici della Fnsi, al contrario di quanto sostengono, non hanno neanche esaminato la richiesta di migliaia di colleghi di andare a una reale verifica della volontà dei giornalisti e, come avevano già fatto alla conferenza dei Cdr, hanno omesso perfino di mettere ai voti la richiesta di referendum". Il comitato promotore accusa la giunta della Fnsi di aver fatto passare un contratto "che umilia la professione e la trasforma in attività impiegatizia" e annuncia iniziative, anche legali, contro la nuova normativa. I presidenti delle associazioni di Stampa di Lombardia e Campania non hanno firmato il nuovo contratto, «nel pieno rispetto delle indicazioni arrivate dalla stragrande maggioranza delle redazioni delle rispettive regioni». «Il no di Lombardia e Campania - spiegano i presidenti Mariagrazia Molinari e Franco Maresca - in contrapposizione del sì della giunta Fnsi e degli altri presidenti o segretari di associazioni, non ha alcuna connotazione politica. E’ un non-voto libero, convinto e di coscienza, teso a dare visibilità e sostegno alle preoccupazioni serie e motivare di migliaia di colleghi che giustamente in questo contratto intravedono gravi pericoli per il futuro della professione giornalistica. Non c’è dubbio, e lo sa bene l’intera Giunta Fnsi, che da oggi va ad aprirsi una stagione di conflitti sindacali per l’attuazione delle nuove norme. Pertanto Lombardia e Campania con i Cdr, si impegnano a vigilare e ad intervenire con grande fermezza e determinazione per evitare interpretazioni unilaterali e distorte degli editori». Per parte sua, il segretario
della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, oggi ha affermato: "Non esprimo felicità
o entusiasmo, ma la consapevolezza di aver fatto, insieme a tutti i colleghi
vicini che ci hanno aiutato, il mio dovere. Continuo a essere convinto,
rispettando anche le opinioni contrarie, che questo è un contratto
gestibile".
Forse sono pochi i lettori che in queste settimane hanno saputo dai mass media della mobilitazione in atto tra i giornalisti italiani che cercano di evitare che passi un rinnovo contrattuale sciagurato dal quale le redazioni, già fortemente tendenti al fordismo da catena di montaggio delle notizie, uscirebbero ancora più orientate verso la produzione quantitativa di informazioni a scapito della qualità, dell'approfondimento e del pluralismo. Al centro della contestazione alcuni punti che la segreteria sindacale dei giornalisti ha accettato di siglare nel febbraio scorso nonostante per 19 mesi quegli stessi punti fossero stati considerati una sorta di linea del Piave, dei paletti indiscutibili. In particolare, i giornalisti hanno trovato nero su bianco, nella bozza contrattuale siglata dai rappresentanti degli editori (Fieg) e dei giornalisti (Fnsi), una trasformazione dell'articolo 4 del contratto nazionale di lavoro: nel nome della flessibilità viene introdotta per tutti la "multitestata", il che singifica che nell'arco dell'orario di lavoro il tempo del giornalista potrà essere utilizzato in prevalenza per una testata ma per il resto in altre, di proprietà dell'editore o anche semplicemente facenti capo a società da questi controllate. In linea teorica, per fare un esempio chiaro, questo significa scrivere un pezzo per il giornale in cui si lavora in prevalenza, poi farne una versione per il sito Internet dell'editore, una per la radio della società controllata e magari uno - dal taglio politico diverso - per il settimanale di un'altra controllata... Alla faccia dell'approfondimento e del giornalismo d'inchiesta! Ormai la tendenza barbara nelle redazioni è che il tempo del giornalista deve essere sempre di più tempo di "produzione viva", con le conseguenze sull'informazione che già oggi sono in buona parte visibili, non osiamo immaginare domani. La questione
è stata oggetto di un confronto il 29 marzoa Roma dove, in teoria,
le rappresentanze di base (Cdr, comitati di redazione) avrebbero dovuto
esprimere la posizione della base. In realtà, la conferenza nazionale
dei Cdr è risultata assai poco rappresentativa per le modalità
di voto adottate (ogni rappresentanza di testata poteva esprimere tanti
voti quanti erano i suoi componenti confluiti a Roma ed era evidente che
da alcune aree favorevoli al nuovo contratto e soprattutto vicine alla
segreteria nazionale del sindacato - come le sedi regionali della Rai -
erano giunti rappresentanti e voti in enorme quantità). Risultato,
assemblea blindata più simile a un voto di fiducia al segretaio
Paolo Serventi Longhi che a un confronto sui temi delicatissimi da discutere.
E' passata così, tra vari giochetti tattico-assembleari, una mozione
che accoglie il lavoro della segreteria (e dunque il contratto) e invita
a precisare, in un secondo tempo, con gli editori, i limiti della multitestata.
La stessa segreteria ha rifiutato la richiesta di un referendum fra tutti i giornalisti, venuta da varie rappresentanze di base. Un rifiuto piuttosto arrogante, considerato che Il segretario Paolo Serventi Longhi lo ha giustificato richiamandosi proprio al "risultato netto" del voto alla conferenza dei Cdr sul quale, invece, si è scatenata la protesta di chi ritiene quella assemblea per nulla rappresentativa degli umori della base. Per questo vari Cdr hanno insistito nel chiedere il referendum. Qui sotto pubblichiamo un appello lanciato una settimana fa cui hanno aderito almeno 2000 giornalisti, nonostante il silenzio dei mass media sull'iniziativa e più in generale sul duro scontro in atto nella categoria, con la parola "Cobas" che comincia a levarsi in molte redazioni (alla faccia di chi, nel nome dell'unità sindacale, ha ingoiato il boccone amaro di un contratto inaccettabile...). Qui sotto trovate l'appello
per il referendum e i primi firmatari. I giornalisti che lo desiderino
possonjo ancora aderire. Martedì 10 aprile la giunta della Fnsi
valuterà nuovamente la richiesta di referendum ma alla vigilia della
seduta il segretario Paolo Serventi Longhi ha ribadito che un referendum
"avrebbe effetti dirompenti" e che vanno prese decisioni seguendo "criteri
di opportunità e valutando le conseguenze politico sindacali".
Tra i retroscena degli ultimi
giorni "caldi" della mobilitazione di base, le dimissioni delle rappresentanze
sindacali dell'Ansa e del Tg5 che si erano trovate in rotta di collisione
con le assemblee di redazione in maggioranza contrarie alla bozza contrattuale.
A Repubblica l'assemblea dei redattori chiede il referendum come "unica
soluzione trasparente per conservare l'unità del sindacato dei giornalisti",
e anche il comitato di redazione del Corriere della Sera - dopo alcuni
tentennamenti legati ai rapporti interni - scrive a Paolo Serventi Longhi
per chiedergli di sospendere la firma del contratto e di dar corso al referndum
anche se non è previsto dall'iter formale della consultazione della
categoria.
Per informazioni di prima
mano sul confronto dei giornalisti suggeriamo il sito Il
Barbiere della Sera
------------- L'APPELLO ----------------
Il referendum resta l'unico strumento per verificare l'effettiva volontà
dei
Chiediamo formalmente alla Giunta della Fnsi di non firmare il contratto
PRIMI FIRMATARI DELL'APPELLO:
Massimo Alberizzi - Corriere della Sera
Per aderire a questa raccolta di firme inviare una e-mail a:
|
o | Italia,
nei brutti giornali cresce
il fordismo di Riccardo Orioles L'informazione
cambia
(9 aprile 2001) Le
news
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|