Libri&dintorni
ipoesia

Fenodrammanarcopoli di  un contestatorinzzando
 
 


di Luca Vincenti
 

Contesto signore!
Formalmente e con ogni pretesto.
E' dalla prima elementare che contesto.
Conteso da quando sono nato,
contesto il mio presente il futuro 
e il mio passato.

Contesta, dicevano:
"non sa far altro 
che chiedere perché..
       su lì e la l'accento mo' ci va'".

...Contestavo, 
disturbavo la lezione...,
certo in effetti
ero  un po' burlone,
mugolavo e mugugnavo,
ma a sei anni chi fa i salti
dentro un'istituzione? 

Contestavo quando venivo trascinato,
a far le foto di classe col grembiulino ed il fiocchetto ,
quello azzurro da maschietto
e siccome ero imbronciato
non apparivo mai, 
se non dietro il colonnato.

Ho sempre contestato,
non per principio 
ma per sentimento retto e giustificato.

    Ma differenza dei compagni,
      mai ai "miei" è stato mai detto:
     " e lo butti in politica o a fare l'avvocato".
Non ero idoneo,
non ero istituzionalizzato.

...Poi ho fatto le medie superiori,
vorrei essere sincero,
non ottenni risultati un po' migliori
contesta dicevano,
" è cocciuto! e sembra anche tanardo".

Contesto signore formalmente,
senza remore e con motivo di causa,
con ogni pretesto!

Contesto il sistema formativo,
col suo deterrente, col suo detersivo.
Contesto per essere stato selezionato,
 in una gara di ciclismo e ad economato
imbevuta di evoluzionismo
 dove chi vince non è intelligente
 ma solo molto abbiente.

Contesto,
perché  non vi è libera espressione
ci hanno illuso e addomesticato
con un sapere precostituito,
dialetticamente elaborato
ai suoi estremi sigillato.

Contesto per nutrirmi di libertà,
per un sistema onnicomprensivo
fondato sulla relatività,
contesto il fascismo, lo stalinismo,
il nazismo con suo ampolloso e tendenzioso nichilismo,
contesto gli schemi immanenti dell'arte, della lirica e della poesia, 
contesto ogni forma vuota di umanità 
e di tirannia.

Contestavo,
 anche andando a morsicare
il pane secco del padrone,
sorridevo per ogni umiliazione
e pensavo a quel detto della cristianità
beati gli ultimi 
che si guadagneranno in cielo la felicità. 

Sono solo un manovale,
ma contesto formalmente:
oramai, mi hanno arrotato il pungiglione,
contesto per la cassa integrazione
contesto come unica via
perché si accorgano che esistono
altre vite come la mia.

Contesto fino all'ultimo spiro,
Sono un vecchio mal pensionato...
in un letto sgangherato,
che incontra l'ultima figura di sottomissione
è il parroco del rione,
che mi appioppa  l'estrema unzione.
È pronto a darmi
col crocifisso l'ennesima giustificazione:
beati gli ultimi,
saranno i primi nel mondo del signore.

Contesto, mio signore...
mortalmente.


o Anche il fenodramma vuole la sua parte.
In questa poesia del genovese Luca Vincenti il dramma di una vita "fuori" dalla vita. 
Dalla culla alla tomba "fuori". Che cosa vuol dire nascere, crescere, vivere "fuori" perché si è in realtà dentro, troppo dentro al sistema di dominio e alla creazione di uomini che più si somigliano fra loro, più sono cloni l'uno dell'altro e dell'altra, clonati magari in nome della ibertà e della diversità individuale (l'individualismo come omologazione, vien quasi da ridere). 

E allora la tragicommedia uno se la porta dentro e fuori tutta la vita, e che vita. Fino alla fine, senza sapere perché ha fatto quel che ha fatto. O sapendolo fin troppo bene ma senza vedere come si poteva fare altrimenti. E allora, contesta, in punto di morte, le occasioni perdute o non capite. Contesta, in punto di morte, i gendarmi della tua vita, tutti i gendarmi. 

Ma in punto di morte.
Poniamo che invece la vita cominci da lì. Come sarebbe la riedizione? "Contestatorizzante" forse più di prima, non v'è dubbio. Eversiva e costruttiva, probabilmente. Meno rassegnata. Forse anche a ragion veduta. O forse no? Sarà servito. Sì. Una retromarcia dall'estrema unzione potrebbe, forse, semplificare il percorso verso l'assoluto inteso come lucida percezione del non-essere 
in questa vita,
della finitezza di ognuno.
Se lo afferri veramente quel non-essere e lo guardi nel suo non volto, forse trovi la forza dell'onestà con te stesso e gli altri, la forza della libertà morale, come la chiama Thoreau. E allora potrebbe essere meno faticoso, apparire meno vano, lo sforzo di camminare verso quella libertà. Anche quando hai l'impressione che si trovi dentro un nonluogo.

(Z. S.)
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