Era nell'Alta Mesopotamia, che da mille anni si chiama
Kurdistan, il Giardino dell'Eden. Era, perché dalla fine della prima
Guerra Mondiale settant'anni di etnocidio hanno distrutto l'ambiente naturale
in cui si radicava la sua civiltà agricolo-pastorale, deportato
e sterminato milioni di persone, raso al suolo villaggi, disperso testimonianze
archeologiche e storiche e proibito una lingua e una cultura millenarie:
la lingua e la cultura del popolo curdo
In Iraq, a
partire dal 1973-74, oltre 500.000 Curdi sono stati deportati in campi
di concentramento nelle aree desertiche dell’Iraq meridionale, o concentrati
in villaggi fortificati, controllati dall’esercito iracheno. La pulizia
etnica perseguita dal regime di Saddam Hussein, con esecuzioni sommarie,
deportazioni forzate, fosse comuni, assume nel 1987 carattere di ufficialità
con l’operazione “Anfal”, termine che nel Corano significa “bottino”, “preda
di guerra”: “ti interrogheranno riguardo al bottino, rispondi loro il bottino
appartiene a Dio e all’apostolo...” (Corano, Sura VIII). Il saccheggio
e lo sterminio sistematico del popolo curdo è stato dunque legittimato
dal governo di Saddam come guerra agli infedeli, prede di una guerra santa.
Nel corso di quelle operazioni oltre 5000 villaggi curdi sono stati rasi
al suolo ed almeno 200.000 Curdi sono stati uccisi dalle armi chimiche
irachene. Spesso durante la distruzione dei villaggi la popolazione veniva
seppellita sotto le macerie; anche le sorgenti d’acqua venivano fatte esplodere
con la dinamite, per farne mutare il percorso ed ostacolare la ricostruzione
dei villaggi.
Milioni di mine antiuomo
Milioni di mine
antiuomo, per la maggior parte di produzione italiana, vennero poste nelle
così dette “zone di interdizione”, zone che si estendevano per due
terzi del territorio curdo iracheno dove la milizia irachena era autorizzata
ad uccidere chiunque vi venisse trovato. I Curdi venivano condotti in fortini,
gli uomini venivano separati dalle donne, percossi e torturati. Venivano
quindi trasportati in lunghi viaggi senza cibo e senza acqua verso i deserti
meridionali. Una volta arrivati venivano fatti scendere dai camion, erano
spinti in grandi fosse e alla luce dei buldozer venivano mitragliati dai
soldati.
L’operazione
più devastante, compiuta nel marzo del 1988, non rientrava ufficialmente
nella campagna “Anfal”; era infatti un’operazione militare della guerra
Iraq-Iran, ed aveva come obiettivo una città di 45 mila abitanti,
Halabja, situata al confine con l’ Iran in territorio curdo-iracheno.
La mattina
del 16 marzo 1988 gli aerei iracheni colpirono a più riprese la
cittadina con un cocktail micidiale di gas nervini: iprite, tabun, VX,
napalm e fosforo bianco mai prima d’allora impiegati contro civili. Si
stima che un numero di persone compreso tra 5000 e 7000 morì all’istante.
Migliaia di sopravvissuti fuggirono tra le montagne alla volta dell’Iran.
Gli iracheni continuarono ad usare armi chimiche contro i Curdi il 26 e
27 agosto dello stesso anno, per colpire la gente che fuggiva: almeno 70
mila Curdi avevano raggiunto i territori turchi per sottrarsi al crudele
inseguimento delle truppe irachene.
Vennero ancora
usate contro i Kurdi le armi chimiche durante la Guerra del Golfo, nel
1991, quando si ebbe l'esodo di 2 milioni di Kurdi verso l'Iran e la Turchia:
l'esodo più vasto dell'era contemporanea.
Una regione assediata
Nel 1991, a
seguito della Guerra del Golfo si è costituita in territorio iracheno
una regione autonoma del Kurdistan meridionale, con capitale Arbil, posta
sotto il controllo di sicurezza dell’ONU. La popolazione è di circa
3 milioni e mezzo di abitanti.
La regione
è attualmente stritolata dall’assedio delle potenze confinanti,
vittima dell’isolamento internazionale e di un duplice embargo, quello
degli Stati Uniti nei confronti dell’Iraq e quello dell’Iraq nei confronti
del popolo curdo, che ha ucciso in questa regione più di 375.000
Curdi, colpendo le fasce più deboli della popolazione civile, in
massima parte bambini ed anziani. Migliaia di persone vivono oggi
accampate in tende ed alloggi di fortuna alle periferie di Duhok, Arbil
e Sulaymania nel Kurdistan iracheno.
Si tratta dei Curdi che
dall'Iraq scapparono negli anni '80 e '90 dalle persecuzioni di Saddam
Hussein, dalle armi chimiche, dalle distruzioni dei loro villaggi.
Fuggirono allora in Iran ed in Turchia. Molti morirono durante l'esodo.
Finita la guerra sono ritornati e non hanno più trovato le loro
case ed i loro villaggi, rasi al suolo con sistematicità agghiacciante
dai soldati di Saddam. Ai vecchi rifugiati si aggiungono oggi quelli del
nuovo esodo: si tratta dei Curdi scacciati da Kirkuk, colpevoli di vivere
nella più grande riserva petrolifera del mondo. Scacciati via dalla
milizia irachena che continua la politica di “arabizzazione” di quel territorio
con il consenso degli ispettori dell'ONU.
I bambini nei campi
Tanti i bambini in
questi campi: vittime dell'embargo perchè iracheni, di discriminazione,
perchè curdi, di emarginazione perchè profughi. E vittime
delle mine antiuomo: più di 18 milioni, per il 90% di produzione
italiana (Valmara). Le trovano nei campi, cercano di aprirle per curiosità,
per vedere cosa c’è dentro, come d'istinto farebbe ogni bambino
del mondo e ne rimangono uccisi o orrendamente mutilati. Centinaia ogni
mese le vittime.
Una programma organico ed
integrato di ricostruzione dei villaggi distrutti e sminamento costituisce
la premessa per la ripresa dell'economia agricolo-pastorale di ciascun
villaggio, ed è presupposto indispensabile ai fini dello sviluppo
della crescita culturale e della vita dei villaggi.
Purtroppo la cooperazione
internazionale in tale settore è assolutamente carente, ed in talune
aree del tutto assente: l'attività delle ONG presenti sul territorio
è concentrata principalmente nelle principali città (Arbil,
Duhok, Sulaymania).
Progetto di
ristrutturazione di 100 alloggi e di una foresteria per i maestri
presso i villaggi di Sheladze , Seriya, Derelok (Comune di Nerwa
Rekan - Provincia di Amedye)
Ridare vita
ai villaggi del Kurdistan Iracheno significa consentire agli abitanti originari,
sopravvissuti ad esodo e deportazioni di massa, di lasciare le tendopoli
e gli alloggi di fortuna (pubblici uffici, ex carceri, scuole) dove oggi
vivono in condizioni di assoluta precarietà, per ritornare a vivere
nei loro villaggi originari e ricostituire nel contempo lo specifico tessuto
sociale di tipo agricolo-pastorale in cui si è in millenni di storia
radicata la cultura e la civiltà del popolo kurdo. Significa
consentire ai bambini di poter frequentare regolarmente una scuola, dove
poter imparare anche come salvarsi dalle mine, significa contribuire al
risorgere della vita e della cultura di un popolo che è stato e
continua ad essere oggetto di genocidio.
Tre villaggi sui monti
I tre
villaggi si trovano nel territorio montuoso della provincia di Amedya,
ai confini tra Iraq e Turchia. E' la zona situata all'estremo nord del
territorio Kurdo-Iracheno. Il comune di Nerwa Rekan copre un'area di 1007
Kmq ed ha oggi una popolazione di circa 24.000 abitanti. Originariamente
il comune comprendeva numerosi villaggi dall'economia agricolo-pastorale.
Durante le operazioni "Anfal" (anni '70-'80) 84 villaggi del comune sono
stati distrutti e migliaia di abitanti vennero concentrati in campi ed
edifici fortificati presso Derelok. Molti degli abitanti vivono ancora
oggi presso tali edifici fortificati. Altri trovano ricoverano presso pubblici
uffici e scuole, altri ancora vivono in tendopoli alla periferia di Duhok.
Il territorio è ricco
di pascoli e il terreno qui è (sarebbe) molto fertile . Le colture
tradizionali di quest'area sono state: ortaggi, mais, riso, grano, alberi
da frutto: noci e nespole. L'area è ricca di siti di grande interesse
archeologico.
Finalità del progetto
Gli obiettivi del progetto
sono:
- Ristrutturare 100 alloggi
presso i villaggi Sheladze, Seriya, Derelok per consentire a 100 famiglie
di avere una dimora adeguata, lasciando i campi di rifugiati o gli alloggi
di fortuna ove attualmente risiedono
- Costruire una foresteria-alloggio
per gli insegnanti della scuola elementare dei tre villaggi. Ciò
in quanto le strade che conducono ai villaggi sono spesso impraticabili
e la scuola è inaccessibile ai maestri che risiedono presso altre
località. La presenza stabile di maestri presso i villaggi consentirebbe
il pieno funzionamento della scuola elementare.
- Adottare a distanza le
100 famiglie con l'obiettivo di fornire il sostegno necessario all'istruzione
dei bambini ed alla ripresa dell'attività agricola e di pastorizia
che ne consenta la piena autosufficienza economica.
Analisi dei costi
Voce di costo Costo unitario
Costo complessivo
Ristrutturazione di 100
alloggi 500 $/alloggio 50.000
Adozione di 100 famiglie
500 $/famiglia 50.000
Foresteria (20 insegnanti)
1.200 $ 1.200$
La stima dei costi è
stata effettuata sulla base di un'analisi condotta presso tali villaggi
dai volontari del Comitato nel periodo gennaio-marzo 2000
Chi realizza il progetto
Il progetto è realizzato
dal Centro Iniziative di solidarietà verso il popolo Curdo, che
soprintende e gestisce il progetto in stretta cooperazione con gli amministratori
locali (Comune di Derelok, Provincia di Amedye).
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o |
Il
Comitato iniziative di solidarietà verso
il
popolo Curdo di Siena
descrive
in
questo
articolo il suo progetto per l'adozione
di
villaggi in Kurdistan in modo da consentire, attraverso la ristrutturazione
delle abitazioni, il ritorno dei profughi dai campi. L'iniziativa ha già
portato alla sistemazione di diverse abitazioni.
Per
altre notizie
e
adesioni:
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Diario
di viaggio
in
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