di
FRANCO BARBERO
Ho deciso di essere presente al GAY PRIDE fin da
oggi (la mia comunità cristiana di base verrà sabato 8 luglio)
perché ritengo che questa sia una delle poche "convocazioni giubilari"
- certo non indetta dal Vaticano - in cui si coglie una portata di liberazione
umana ed evangelica davvero significativa.
Non mi stupisce
più di tanto il fatto che i vertici gerarchici abbiano ostacolato
e tentato di screditare tale incontro. Né le recenti dichiarazioni
più morbide e tattiche di Civiltà Cattolica spostano di un
millimetro la sostanziale rigidità e chiusura vaticana. Questa
opposizione può risultare di grande aiuto e favorire in molti
credenti un vero balzo in
avanti: essi possono imparare a vivere la loro fede senza alcun bisogno
di riconoscimento o di benedizioni gerarchiche anche dentro la chiesa cattolica.
La chiesa non è
là dove c'é la gerarchia
La chiesa
non è là dove c'é la gerarchia, ma dove si cerca,
sulla strada di Gesù, di accogliere e di compiere la volontà
di Dio nel dialogo sincero, nel rispetto reciproco, nell'accoglienza delle
differenze che rendono più ricca e più viva la vita.
Semmai, in
attesa che dalle strutture della chiesa, mediante un processo di riconversione,
scompaiano le gerarchie e fioriscano i ministeri, coloro che nella chiesa
cattolica rivestono funzioni direttive non potrebbero, anziché fornire
risposte e distribuire certezze (spesso scadute da un pezzo!), imparare
ad ascoltare e accogliere umilmente i germi di profezia e di testimonianza
che anche oggi nascono nel mondo, nelle varie comunità, nelle persone?
Forse uno dei
guai più tragici in cui è caduta la gerarchia vaticana sta
proprio nel fatto che su molti terreni, su molte questioni ha smesso di
interrogarsi. Quando si perde lungo il cammino l'arte di porsi domande
si corre il rischio di formulare come risposte la proiezione delle nostre
paure, dei nostri deliri di onnipotenza, degli interessi dell'istituzione
"vendendoli come Parola di Dio".
Nessuna retorica
religiosa, nessuna sacra spettacolarità, nessuna politica dei buoni
sentimenti, nessuna esortazione populistica e nessuna orgia di compassione
e di carità possono sostituire questo atteggiamento profondo, questo
passaggio decisivo da una concezione dirigista-magisteriale ad una pratica
della compagnia umana ed evangelica che davvero cambierebbe il volto della
nostra chiesa.
Il fiorire di una profezia
Ci si può
certo rammaricare della incredibile intolleranza di cui dà spettacolo
in questi giorni gran parte della gerarchia cattolica. Ma io preferisco,
pur consapevole che le metamorfosi del potere sacerdotale un tempo "persecutore
e arrostitore di eretici e streghe" non sono finite, rallegrarmi dei segni
di speranza e dei germi di giustizia che vedo fiorire pur tra mille contraddizioni.
E' certamente
vero: l'intolleranza nelle chiese non ha mai finito di manifestarsi.
Nel recente incontro brasiliano su "AIDS e sfide per la chiesa del Brasile"
monsignor Lozano Barràgan, inviato vaticano, ha dichiarato
che i vescovi possono respingere candidati al sacerdozio che risultino
sieropositivi. "Neppure persone con altri tipi di malattie contagiose,
come la tubercolosi, la lebbra e il tifo possono entrare in seminario perché
c'è il rischio di contaminazione", ha affermato,
aggiungendo che sottoporre
i seminaristi ai test dell'Hiv "non è discriminazione. Discriminare
è una cosa, selezionare è un'altra. Non tutte le persone
sono adatte a diventare sacerdoti". Quanto ai preti e ai religiosi
portatori di Hiv, il rappresentante vaticano ha consigliato di valutare
"se siano in condizioni di svolgere il loro lavoro". (Adista 24 giugno
2000).
Basti a segnalare
l'estraneità dal Vangelo, l'ipocrisia e l'arroganza di simili posizioni
il puntuale commento di mons. Pedro Casaldaliga: "Stiamo tornando all'epoca
dei lebbrosi dei tempi di Gesù" (El Paìs). Ma è ancor
più vero che questi giorni di GAY PRIDE, insieme a tante altre
piccole piccole iniziative, lacerano il tessuto di ipocrisia che
il potere vaticano, colpevolizzando l'amore omosessuale e lesbico e spingendo
al nascondimento, di fatto coltiva e favorisce.
Questa volta
forse il cammino di libertà avviene dall'agorà all'ecclesìa,
dalla piazza alla chiesa. Ma anche dentro la chiesa cattolica c'è
fermento, soffia vento di libertà. La teologa Elisabeth Schüssler
Fiorenza coglie la radice del comportamento vaticano: "La gerarchia è
talmente disperata da voler imporre giuridicamente ciò che non può
argomentare teologicamente".
Possiamo capire
la disperazione vaticana: vescovi che non si allineano più, teologi
e teologhe che si discostano radicalmente dagli ordini del magistero, comunità
religiose e superiori di congregazioni che prendono distanza dalla morale
sessuale ufficiale, sacerdoti che decidono percorsi di vita e di
ministero fuori dalle regole della ubbidienza ecclesiastica,
suore che si ribellano, abati che rilasciano dichiarazioni in libertà,
studiosi che smascherano le menzogne della ufficialità cattolica...
.
Una vera fioritura
di libertà, ma che possono rallegrarsi i custodi dell'inverno e
i garanti della monocultura?
Si pensi alla vicenda dei
due religiosi americani condannati dal Vaticano per la loro attività
pastorale con gay e lesbiche e al pieno appoggio che essi hanno ricevuto
da consorelle e confratelli.
Come non leggere
in questa obbedienza all'evangelo che autorizza una netta disobbedienza
ecclesiastica il fiorire di una profezia? Come non essere pieni di
fiducia nell'azione di Dio che smuove tanti cuori e tante energie?
La nuova obbedienza
all'evangelo è più libera, responsabile e consapevole. Anziché
disperdere energie in interminabili polemiche ecclesiali si punta a costruire
una spiritualità cristiana della gioiosa accoglienza di sè,
della gratitudine a Dio nella consapevolezza che l'amore omosessuale è
un Suo dono non meno di quello eterosessuale. Una spiritualità in
cui si dialoga e ci si confronta con tutti, ma si obbedisce a Dio
solo.
Dio fa uscire Abramo
In questa spiritualità
cristiana in cui campeggia per ciascuno/a la chiamata di Dio ad amare,
anzichè cercare nascondigli, anzichè esaltare la rinuncia
all'amore secondo la propria natura e negarsi con un celibato imposto o
doversi far accettare con un matrimonio eterosessuale, gli
omosessuali e le lesbiche stanno compiendo il grande e benedetto cammino
di Abramo: "Abramo, vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa
di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò
di te un grande popolo e ti benedirò...e diventerai una benedizione...
E in te saranno benedette tutte le famiglie della terra". (Gen. 12,1-3).
Mi piace leggere
questa "partenza" di Abramo, questo suo uscire dal "nascondiglio" della
propria terra, cultura e gente come metafora e parabola dell'uscire allo
scoperto di molti omosessuali e lesbiche.
Il "recinto" non promuove
la vita. Occorre più spazio! Ma per partire ci
vuole una decisione così
coraggiosa che la Bibbia la esprime plasticamente nei termini di
un duro ordine, di una "ingiunzione" ripetuta ben tre volte da parte
di Dio. Più che di un invito pressante, qui si tratta quasi
di una "cacciata", di una "espulsione".
Abramo non partiva
se Dio non lo sradicava. Poi "Abramo partì". Ecco il "miracolo"
di cui siamo testimoni oggi. Mentre molti dicono e urlano "Abramo
non partire!", gli omosessuali e le lesbiche che diventano consapevoli
del loro dono di Dio, della chiamata, della vita più piena che sta
davanti a loro..., partono ed escono allo scoperto.
E Dio, come
per Abramo, è la loro compagnia. Certo c'è subito
chi si
separa da loro, ma il "paese"
che si apre davanti ai loro occhi è
"numeroso come la
polvere della terra" (Genesi 13). Se la strada si fa
difficile occorre credere
nella compagnia e nella promessa di Dio: "Guarda
in cielo e conta le
stelle" (Genesi 15).
E' il
cielo, il sorriso di Dio, la sua mano amica che dà il coraggio di
partire, che mette
nel cuore voglia di libertà e di felicità, che fa
sentire l'amicizia, la solidarietà
e il calore di tutti quegli uomini e
quelle donne che si decidono
per un cammino umano in cui si diventi gli uni per le altre una benedizione,
rompendo quelle ipocrite perimetrazioni che le culture del dominio e della
discriminazione hanno costruito.
Avete fatto bene, molto
bene, ad iniziare ieri con il culto, con la
predicazione e l'ascolto
della Parola di Dio.
Non basta la
nostra forza per certe decisioni. Abramo ce lo ripete oggi.
Tutta la vita di Gesù
lo manifesta: senza la forza che viene dalla fiducia
in Dio noi cristiani non
possiamo compiere il cammino di liberazione.
La parola di Dio è
"scatenata" perché non accetta di essere messa in
catene, ma anche perché
dove Dio ci dona la Sua parola si rompono tante catene.
Un Kairòs
La gerarchia
vaticana e i credenti che oggi chiudono gli occhi di fronte a
questa "benedizione" e vogliono
rinchiudere Abramo nel recinto di una
piccola area e impedirgli
di inoltrarsi "gaiamente" per le vie del mondo,
perdono una occasione
storica di conversione e di rinnovamento. Questo è un Kairòs,
un'opportunità che Dio ci offre per comprendere e vivere più
intensamente la nostra realtà
di uomini e donne e per rendere più viva la
testimonianza al Vangelo
del regno di Dio. Dio è bello, è amico della vita
e, ogni volta che noi ne
facciamo il custode di un ordine ingiusto,
bruttifichiamo il Suo volto.
Diciamolo apertamente:
quando omosessuali e lesbiche respingono le false "alternative" del nascondimento,
della negazione di sé o di una solitudine forzata, essi diventano
una benedizione che rallegra le loro vite, ma anche una benedizione di
cui abbiamo bisogno noi, di cui hanno bisogno le nostre comunità
cristiane, in primo luogo quelle cattoliche.
Quando si cercano
i sentieri dell'amore si diventa sempre una benedizione perché,
per usare il linguaggio biblico, si vive nella benedizione, anzi si vive
della benedizione.
Dialogo e impegno
Quanta strada
aperta davanti a noi! Da una parte occorre rimanere in
dialogo sincero e appassionato
con tutte le componenti della nostra chiesa, dall'altra è necessario
partecipare all'elaborazione di una teologia, di una predicazione , di
una pratica pastorale e di una catechesi comunitaria che aprano i cuori
e le menti sulla varietà dei doni di Dio, sulla realtà
dell'amore omosessuale e lesbico senza il minimo cedimento alla cultura
della concorrenza con altre forme di amore.
Questo è
un compito comune che già registra l'opera di molti teologi e teologhe
e l'impegno di molte comunità per andare oltre le ambigue
affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica. Così pure sarà
importante, a mio avviso, portare le esperienze, i confronti e le prospettive
che emergono da queste giornate nella varie diocesi, nel tessuto delle
chiese locali.
E chissà
che non possa nascere una lettera aperta ai fratelli e alle
sorelle della chiesa cattolica
più che non solo alla gerarchia.
La mia speranza è
che anche questi momenti e questi giorni di proposta e
di dialogo diventino per
noi e per tanti uomini e donne un appello ad amare
di più, a crescere
nella solidarietà, a coltivare la tenerezza, a praticare
e diffondere percorsi di
nonviolenza, liberi anche dalle fobie, dalle
ossessioni, dalle repressioni
sessuali che concorrono anch'esse a chiuderci in quell'isolamento e in
quell'egoismo che tanto piace ai signori del libero mercato.
Insieme
Il fatto che
oggi diverse tradizioni si confrontino significa forse che, dentro le varie
tradizioni esistono non poche contraddizioni, ma soprattutto significa
che stiamo assumendo orizzonti, impegni e lotte comuni sia pure con modalità
e in contesti assai diversi.
Questo è
fonte di grande gioia.
Gioia e fantasia
E finisco questo
mio saluto con una considerazione.
Penso che la
gioia con cui si sta svolgendo questo GAY PRIDE abbia in sé una
forza "provocatoria" e propositiva notevole.
A molti piacerebbe vedervi
tristi e penitenti: gementi e piangenti in
questa valle di lacrime!
Invece è la gioia e la fantasia che creano sentieri verso un futuro
più felice.
Il cantare
la vita e l'amore non è "contro" nessuno, ma è invito
rivolto a
tutti perché , nelle
alterne vicende della vita, non accantonino mai la
gioia, non dimentichino
di danzare la vita, di rallegrarsi di ogni spazio
di libertà personale
e collettiva che cresce nelle vie del mondo.
Chi ha paura
di questa gioia e di questa fantasia forse deve domandarsi se davvero promuove
la vita o se difende un certo assetto di società e di
chiesa. Insieme omosessuali
ed eterosessuali, e quante altre differenze popolino la terra, ascoltiamo
la Parola di Dio che ci invita a "scegliere la vita" e leghiamoci in un
forte patto di tenerezza per promuovere una cultura ed una pratica dell'accoglienza
reciproca.
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o |
Riceviamo
e volentieri pubblichiamo la relazione tenuta da Franco Barbero, della
comunità
cristiana
di
base di Pinerolo
-
Viottoli,
alla
Tavola
rotonda
sulla
situazione
italiana, nell'ambito della conferenza internazionale "Diversità
sessuale, intolleranza religiosa e strategie per il cambiamento"
organizzata
dalla Commissione internazionale per i diritti umani di gay e lesbiche
a Roma il 3 luglio 2000.
Per
contatti: 'Associazione Viottoli - Comunità cristiana di base di
Pinerolo
c.so
Torino 288 10064 Pinerolo (To) -- tel. 0121322339 - 0121500820
Informazioni
(10
luglio 2000)
Gay
Pride
della
libertà
La
manifestazione
per
la dignità
di
tutti i cittadini
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