C’è qualcosa di drammaticamente surreale nella reazione scomposta di gran parte del mondo politico e sindacale (ma anche dei mass media) di fronte al caso dell’Ilva di Taranto e al sequestro disposto dalla magistratura di sei impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico.
“Non un altro bambino, non un altro abitante di questa sfortunata città, non un altro lavoratore dell’Ilva, abbia ancora ad ammalarsi o a morire o a essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche del siderurgico”, ha osservato il giudice.
L’aspetto più avvilente del pensiero prodotto dalle classi dirigenti nazionali in risposta a questa disposizione è che sembrano letteralmente cascare dalle nuvole, come se il conflitto tra lavoro e salute (in fondo evocato profeticamente anche da Camus quando parlava di “pane e libertà”) fosse una novità, non un fenomeno esiziale cui le classi dirigenti non hanno saputo contrapporre disegni riformistici. Anzi, si sono piuttosto lasciate governare in misura crescente dalle logiche del business, fino alla rapace apoteosi privatistica degli ultimi due decenni tuttora propugnata anche in ambienti governativi (nonostante gli evidenti fallimenti empirici).
Siamo a un punto tale che, oggi, si sentono discorsi che sembrano registrati negli anni Settanta, quando si cominciava a parlare di “conflitto rosso-verde” per sintetizzare la contraddizione delle forze operaie costrette a farsi “complici” degli stessi processi che impediscono la loro emancipazione libertaria, compreso il pieno rispetto della salute fisica.
Indigna veramente ascoltare, oggi, ministri tecnici blaterare sulla più grande acciaieria d’Europa (dunque da salvare tout-court) e minimizzare sugli effetti epidemiologici e sociali in una città sofferente da decenni.
E indigna ancora di più che il governo, cioè lo Stato in questa stagione di neocentralismo, pur di attenuare il quadro giudiziario corra improvvisamente ai ripari stanziando fondi per risanare il quartiere più degradato dall’inquinamento (viene da chiedersi dove fossero i ministri prima del decreto di sequestro). Ma il governo va oltre e promette alla proprietà dell’impianto anche l’accesso a nuovi fondi pubblici, in cambio di alcuni interventi di innovazione tecnologica. Altro che il principio, ormai universalmente riconosciuto, che “chi inquina paga”.
Mortificante per la democrazia italiana è anche il modo spudorato con quale politici, opinionisti scodinzolanti sulla “cultura d’impresa” e sindacalisti di sistema strumentalizzano la vicenda degli operai Ilva.
Questi ultimi, in realtà, chiedono pane e salute per sé per i loro figli e per tutti i concittadini; non chiedono di continuare necessariamente ad ammalarsi in fabbrica; gli altri invece proclamano – ergendosi furbescamente a rappresentanti della classe lavoratrice – la difesa a oltranza di quell’impianto siderurgico paventando il consueto ricatto occupazionale per perpetuare modelli industriali obsoleti. Quanto a malattia e morte, poi, in questi giorni ci sono anche ministri che attribuiscono al passato l’allarme epidemiologico. Si tende in troppe stanze delle istituzioni a sorvolare su inganni, omissioni, procedure di controllo, modalità produttive eccetera; per non parlare dell’assenza della volontà di pensare a progetti di conversione per una città che ha già dato fin troppo. Un punto, quest’ultimo, che torna spesso nelle parole degli operai, per chi li vuole ascoltare: superare finalmente la contraddizione storica e poter lavorare in pace con se stessi e con la città.
Una delle associazioni che da decenni si occupa anche dell’Ilva (mentre i ministri, tecnici e non, erano probabilmente in altre faccende affaccendati) è Peacelink che a Taranto ha anche la sede.
Riporto qui sotto, ritenendolo particolarmente prezioso, il primo commento all’ordinanza di sequestro, pubblicato da Peacelink nel cui sito Web si trovano molti altri materiali fondamentali per farsi un’idea.
zenone sovilla
La magistratura è intervenuta perché è fallita la politica
[da http://www.peacelink.it/ecologia/a/36694.html]
«Mi complimento per gli sforzi e i risultati ottenuti da Ilva. Attraverso i recenti dati clinici che ci giungono dalle Asl territoriali, emergono dati confortanti in relazioni alle malattie più gravi, patologie che non risultano in aumento, anche grazie al miglioramento dell’ambiente e della qualità dell’aria».
Questo affermava il sindaco di Taranto Ippazio Stefano nell’ottobre del 2011 sulla rivista IL PONTE N.3 (rivista promossa da Ilva), precisamente a pagina 19.
Poi sono arrivate le due perizie della magistratura, una dei chimici e una degli epidemiologi.
Il sindaco è stato clamorosamente smentito dai periti della Procura della Repubblica che hanno invece scritto queste cose.
1) Nel 2010 Ilva ha emesso dai propri camini oltre 4 mila tonnellate di polveri, 11 mila tonnellate di diossido di azoto e 11 mila e 300 tonnellate di anidride solforosa (oltre a: 7 tonnellate di acido cloridrico; 1 tonnellata e 300 chili di benzene; 338,5 chili di IPA; 52,5 grammi di benzo(a)pirene; 14,9 grammi di composti organici dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani (PCDD/F). Vedere pag. 517 della perizia dei chimici.
2) I livelli di diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti e accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto sono riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva di Taranto. Vedere pag. 521 della perizia dei chimici.
3) La stessa Ilva stima che le sostanze non convogliate emesse dai suoi stabilimenti sono quantificate in 2148 tonnellate di polveri; 8800 chili di IPA; 15 tonnellate e 400 chili di benzene; 130 tonnellate di acido solfidrico; 64 tonnellate di anidride solforosa e 467 tonnellate e 700 chili di Composti Organici Volatili. Vedere pag. 528 della perizia dei chimici.
4) La fuoriuscita di gas e nubi rossastre dal siderurgico (slopping), fenomeno documentato dai periti chimici e dai carabinieri del NOE di Lecce, ammonta a 544 tonnellate all’anno di polveri?
Vedere pag. 528 della perizia dei chimici.
5) Sarebbero 386 i morti (30 morti per anno) attribuibili alle emissioni industriali.
Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
6) Sono 237 i casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno) attribuibili alle emissioni industriali.
Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
7) Sono 247 gli eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno) attribuiti alle emissioni industriali. Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
8 ) Sono 937 i casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) (in gran parte tra i bambini) attribuiti alle emissioni industriali. Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
9) Sono 17 i casi di tumore maligno tra i bambini con diagnosi da ricovero ospedaliero attribuibili alle emissioni industriali. Vedere pag. 220 della perizia degli epidemiologi.
10) I periti hanno concluso che l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione “fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.
Ripercorriamo alcuni passi della vicenda.
2008
Le analisi di laboratorio (commissionate da PeaceLink) sul pecorino evidenziano concentrazioni di diossina e Pcb tre volte superiori ai limiti di legge.
L’Asl di Taranto ordina l’abbattimento di 1.300 capi di bestiame allevati a ridosso dell’Ilva
2009
Ventimila persone sfilano a Taranto contro l’inquinamento aderendo all’appello lanciato da Altamarea.
2010
PeaceLink e Altamarea evidenziano troppa diossina nelle carni di ovini e caprini. Un’ordinanza della Regione Puglia vieta il consumo del fegato degli ovini e caprini cresciuti in un raggio di 20 chilometri dall’area industriale di Taranto.
2011
Il Fondo Antidiossina Taranto fa analizzare dei mitili. Emergono valori estremamente preoccupanti. L’Asl di Taranto vieta il prelievo e la vendita delle cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo. I mitili presentano concentrazioni di diossina e Pcb superiori ai limiti di legge.
2012
La magistratura mette i sigilli agli impianti più inquinanti dell’Ilva.
Che altro dovevano fare i magistrati?
La perizia dei chimici http://download.repubblica.it/pdf/repubblica-bari/2012/ilva_Relazione_conclusioni.pdf
La perizia degli epidemiologi
http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/07/26/news/ilva_2-39641354/
Che fare per tutelare gli operai: un progetto per le bonifiche http://www.peacelink.it/ecologia/docs/4131.pdf
Piombo nelle urine degli abitanti di Taranto
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/36647.html
Diossina nel formaggio a Taranto
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/25341.html
Diossina nelle cozze a Taranto
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/34526.html
Fondo Antidiossina e denuncia sulle cozze
http://lists.peacelink.it/news/2011/09/msg00028.html