L’antefatto era stata la pessima prestazione di due giorni prima contro la Serbia che aveva largamente compromesso le speranze azzurre di qualificazione alla semifinale. Poi, 24 ore dopo, avevamo assistito a una Serbia irriconoscibile: contro l’Italia una squadra concentratissima e infallibile in tutti i reparti (3-0 perentorio, con parziali tristi per gli azzurri); contro la Polonia meno determinazione, una valanga di errori e un comprensibile appagamento una volta assicurato un quoziente punti sufficiente per garantirsi il passaggio del turno malgrado lo 0-3 subito. All’Italia avrebbe fatto comodo, al contrario, una vittoria del team di Grbc o almeno una sconfitta più onorevole (con uno o due set vinti), il che avrebbe facilitato il compito a Giannelli e compagni nella sfida decisiva con la Polonia.
Invece l’unico modo per rimediare al disastro era sconfiggere 3-0 i polacchi e farlo segnando almeno 15 punti totali di scarto (per esempio, 25-20, 25-20, 25-20).
Possibile ma improbabile contro una squadra molto solida.
Una speranza, confessiamolo, c’era. La pallavolo a volte ci regala sorprese. Una squadra può finire nella buca.
Ma ieri sera, fin dalle prime battute, si è avuta la sensazione che l’Italia non fosse in grado di aggredire la Polonia. Eppure tutto si giocava in quel primo set perso il quale per gli azzurri sarebbe finito il Mondiale.
L’avversario dà la reale dimensione delle capacità di una squadra, certo. Tuttavia, in questo caso il divario fra Polonia e Italia in quel delicato primo set non fotografa fedelmente le forse in campo. Gli azzurri non si sono espressi ai loro massimi livelli e la gestione dalla panchina è parsa precaria, oltremodo attendista in un contesto nel quale ogni punto era pesantissimo. La serata decisamente no di Pippo Lanza, per esempio, andava gestita diversamente, inutile attendere mentre la Polonia prendeva il largo, meglio rimescolare le carte e creare qualche difficoltà a un avversario che aveva preso molto bene le misure agli attaccanti azzurri (sottotono anche Zaytsev, perché allora non gettare finalmente nella mischia il giovane Nelli?). E a questo punto forse un po’ di spazio in più a Randazzo poteva essere un’idea. Anche in regia, perché non giocarsi la carta Baranowicz invece di lasciar scivolare via un set sempre più disperato?
Qui si possono fare varie riflessioni. Sul reale valore dell’Italia maschile. Sull’evoluzione di questo gruppo azzurro che in buona parte non è più giovanissimo. Sulla scarsità di rincalzi, specie nel ruolo di schiacciatore-ricevitore (fra l’altro Juantorena ha annunciato un probabile addio all’azzurro). Sullo spazio ridotto che trovano i giovani talenti italiani in Superlega.
Vedremo se la magra figura mondiale indurrà la federazione a un cambio di rotta.
Nel frattempo godiamoci l’epilogo torinese dei Mondiali e le gesta delle azzurre che hanno cominciato alla grande il cammino iridato in Giappone.
Italia, brutto addio ai Mondiali
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